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Senza l’aiuto degli Ebrei Colombo non avrebbe scoperto l’America?

di Francesco Lamendola - 26/10/2010



Simon Wiesenthal è un buon esempio di quel che si può considerare un uomo ossessionato dal passato e dalla sete di vendetta; nonostante che egli rifiutasse sdegnosamente una tale definizione, affermando, nel titolo di un suo libro del 1999 (Milano, Mondadori), di cercare «Giustizia, non vendetta»
Non è questa la sede per occuparci del Wiesenthal più noto, il “cacciatore di nazisti”, che riuscì a portare sul banco degli accusati sia grossi nomi, come Adolf Eichmann (operazione in cui, peraltro, egli svolse un ruolo controverso), poi giustiziato in Israele nel 1962, sia anonime casalinghe newyorkesi, come Hermine Braunsteiner-Ryan, che durante la guerra aveva supervisionato l’esecuzione di donne e bambini nei campi di concentramento tedeschi.
Basti dire, cha a un certo punto, la sua febbre crescente di autonominato giustiziere finì per disgustare perfino uomini come il socialista Bruno Kreisky, cancelliere austriaco dal 1970 al 1983 ed ebreo egli stesso, che definì Wiesenthal con l’appellativo di «Nestbeschumtzer» («colui che sporca il proprio stesso nido»), ossia come un cattivo cittadino che infanga la nazione nella quale vive e che gli dà il lavoro per mantenersi; e ciò per i suoi reiterati tentativi di far incriminare, per il loro passato nazista, decine di membri del governo austriaco.
Ad ogni modo, qui vogliamo parlare di un altro aspetto della multiforme personalità di Simon Wiesenthal, ossia del suo interesse per la storia e, in modo particolare, per il celebre viaggio di Colombo che portò alla scoperta dell’America, nel 1492.
Ne suo libro «Operazione Nuovo Mondo», del 1973, scritto in mezzo ai suoi molteplici impegni presso il cosiddetto Centro di documentazione ebraica di Linz, che era - in effetti - un centro di intelligence per la ricerca internazionale dei criminali di guerra nazisti, egli sostenne che Colombo, probabilmente, era egli stesso di origine ebraica; che fu solo grazie al sostegno finanziario e all’assistenza tecnica degli Ebrei, se egli poté raggiungere l’America; che molti dei suoi marinai erano ebrei, i quali furono costretti a salpare dall’editto di espulsione dei Re Cattolici Ferdinando e Isabella che scadeva, guarda caso, il 2 agosto 1492, vigilia della partenza delle tre caravelle da Palos per la loro grande avventura oceanica.
In effetti, Wiesenthal non è stato affatto l’inventore del “filone ebraico” nella biografia colombiana, dal momento che lo storico spagnolo Salvador De Madariaga aveva già ventilato l’ipotesi di una ascendenza ebraica per il nostro navigatore; quel che appare nuova, in Wiesenthal, è la pretesa di inscrivere tutta l’impresa di Colombo in un contesto ebraico o prevalentemente ebraico, arrivando a sostenere che solo gli Ebrei, suoi protettori, erano in grado di esercitare la necessaria influenza sui sovrani di Castiglia e d’Aragona, affinché si decidessero ad autorizzare il suo viaggio di scoperta nel mare di Occidente.
Strano argomento, visto che quegli stessi sovrani si accingevano, appunto, ad espellere gli Ebrei dalla Spagna: il che fa per lo meno dubitare che gli Ebrei spagnoli avessero un tale potere presso la corte; per non dire che è tutto da dimostrare come i principali sostenitori di Colombo fossero ebrei, e una leggenda vera e propria è quella delle origini ebraiche di Colombo: a meno di voler cadere nel ridicolo, come quando si adduce a “prova” la capigliatura rossa del genovese.
Piuttosto, non è affatto strano che Colombo possa essersi rivolto a degli usurai ebrei, quando venne a trovarsi in ristrettezze economiche, come facevano, all’epoca, innumerevoli cristiani; ma l’ideologia di Colombo è integralmente cristiana, anzi, addirittura cristiana medievale, se è vero - come è vero - che egli voleva “buscar el Levante por el Poniente” onde procurare ai sovrani d’Europa e al Papa le ricchezze della Cina e del Giappone, allo scopo ben preciso di finanziare una nuova e decisiva crociata contro i Turchi per liberare la Terra Santa.
Ha scritto, dunque, Simon Wiesenthal nel suo libro «Operazione nuovo mondo» (Milano, Garzanti, 1991, pp. 9-12):

«Le tre caravelle, che dovevano portare nelle “contrade dell’India” Cristoforo Colombo, erano all’ancora nel porto di Palos. È la sera del 2 agosto 1492. Colombo si trova sul molo e osserva l’andirivieni in coperta degli ultimi marinai e di altri partecipanti alla spedizione. Per suo ordine tutti devono trovarsi a bordo puntualmente alle undici di sera.
Dalla storia sappiamo che le tre caravelle salparono solo il giorno dopo e cioè il 3 agosto. Perché Colombo ordinò alla sua ciurma di trovarsi a bordo ancor prima di mezzanotte? Perché sorvegliò personalmente l’operazione? L’ordine è decisamente contrario a ogni consuetudine dei marinai che di solito, prima di un viaggio tanto lungo, si trattengono fino all’ultimo momento con la famiglia e salgono a bordo solo pochi minuti prima della partenza.
Perché questa deroga alla tradizione? L’ordine impartito da Colombo è forse legato alla data? È il 2 agosto 1492, giornata memorabile; secondo un decreto dei re Ferdinando e isabella, nessun ebreo deve posare più piede su suolo spagnolo dopo la mezzanotte di questo giorno. Anche i partecipanti ala spedizione sono colpiti n qualche modo da questo decreto? Si trovano ebrei sulle caravelle di Colombo? C’è una relazione trai suo viaggio e la cacciata degli ebrei? E infine, il viaggio è forse una conseguenza della persecuzione ebraica? Tutte queste domande si affacciano ala mente dello studioso e pretendono di essere soddisfatte:. Ma prima di cerare noi una risposta, asciamo parlare Colombo:
“Dopo che le Vostre Sacre Maestà ebbero espulso gli ebrei dai loro territori, nel medesimo mese di gennaio le Altezze Vostre mi inviarono on una flotta nelle Indie”.
Così comincia il diario propriamente detto. Questi due avvenimenti sono posti all’inizio della sua relazione sulla scoperta dell’America.
A un primo esame si è portati a credere che Colombo abbia confuso qui le date storiche poiché, com’è noto,  l’editto di espulsione degli ebrei è datato 31 marzo  e l’autorizzazione al viaggio di Colombo era stata concessa tre mesi prima, in gennaio. D’altronde il contratto tra Colombo e il re fu sottoscritto solo il 17 aprile. Come spiegare dunque questa evidente confusione di date? Non c’è altra risposta che la seguente: i preparativi per l’espulsione degli ebrei erano già talmente avanzati in gennaio da essere a conoscenza delle persone che vivevano a corte e Colombo, come i suoi protettori, ne era al corrente. Confluiscono così le date: gennaio, autorizzazione al viaggio di Colombo; marzo, decreto di espulsione; 2 agosto, termine ultimo per la permanenza degli ebrei in Spagna e vigilia del viaggio per le Indie.
Con il proverbiale istinto del grande, che Colombo mostrò anche in altre occasioni,  egli collega qui i due avvenimenti. Gli storici che si occupano di questo periodo, concordano sul fatto che entrambi gli eventi - la scoperta dell’America e la cacciata degli ebrei - ebbero le più ampie e remote conseguenze per la Spagna.
La notte del 2 agosto segna una svolta storica.  Finisce un capitolo e ne inizia uno nuovo, un capitolo che avrà ripercussioni sulla storia del mondo intero.  La circostanza che Colombo abbia  voluto a bordo il suo equipaggio per le undici di sera, un’ora prima, dunque, dell’entrata in vigore dell’editto famoso per il quale nessun ebreo poteva trattenersi più su suolo spagnolo, rappresenta uno dei numerosi enigmi che Colombo e i suoi viaggi ci hanno proposto. Colombo sa che, esattamente un’ora dopo, la polizia spagnola, la milizia cittadina e i “familiares” dell’Inquisizione si metteranno alla caccia degli ebrei eventualmente rimasti in Spagna, a dispetto del decreto reale. Il fatto che egli voglia tutti i suoi uomini a bordo per le undici non può non essere visto in questo contesto.
Ci sono parecchi elementi che appaiono piuttosto misteriosi. Dobbiamo quindi considerare nel loro insieme tutte le questioni e gli avvenimenti che possono essere storicamente documentati, ma per i quali non esiste ancora una spiegazione soddisfacente.  Lo stesso personaggio di Colombo, che ci appare ricco di contraddizioni, non può contribuire a chiarire l’enigma. […]
La relazione Colombo-ebrei non è casuale, ma voluta da entrambe le parti. Già da tempo era balzato agli occhi a più di uno studioso, e fu oggetto di parecchie indagini per chiarirne appunto le ragioni. Le risposte però a tutt’oggi non sono soddisfacenti. Questo studio riuscirà forse a offrire una nuova interpretazione suffragata dagli avvenimenti di allora.
Numerosi storici si erano accorti che la cerchia dei personaggi che appoggiarono i viaggi di Colombo era formata in maggioranza da ebrei e da ebrei battezzati. […]
Non c’è dubbio, e su ciò concordano tutti, che senza la collaborazione di personaggi di questa cerchia, senza il loro intervento presso il re, senza l’aiuto finanziario e i consigli scientifici e nautici da loro elargiti, la spedizione di Colombo non sarebbe mai avvenuta.
Il nuovo continente sarebbe stato scoperto anche senza di lui, poiché il tempo era maturo, e altre nazioni si preparavano a esplorare l’ignoto, ma ripetiamolo ancora una volta: senza l’aiuto degli ebrei il viaggio di Colombo non si sarebbe realizzato.»

In realtà, tutto il ragionamento di Wiesenthal si basa su un sofisma, o meglio, prende le mosse da un sofisma: il 2 agosto scadeva il termine fissato per l’espulsione degli Ebrei dalla Spagna ai sensi del decreto reale; e la sera del 2 agosto, un’ora avanti la mezzanotte, l’ammiraglio genovese volle a bordo tutto l’equipaggio, per salpare poi le ancore solo il giorno dopo.
Wiesenthal fa presente che la consuetudine, per i lunghi viaggi di mare, era quella di consentire agli equipaggi di imbarcarsi all’ultimo minuto, onde potersi trattenere il più possibile con le proprie famiglie, nell’imminenza di una prolungata assenza.
Wiesenthal, evidentemente, non tiene in alcun conto il fatto che gli equipaggi delle tre caravelle di Colombo erano reclutati praticamente a forza, d’ordine reale, tra i riluttanti abitanti di Palos e dintorni. Nonostante l’aiuto dei frati francescani della Ràbida e dei fratelli Pinzon, fu estremamente difficile arrivare a completare gli equipaggi; tanto è vero che, alla fine, si dovette procedere all’imbarco di quattro criminali, ai quali il re aveva rimesso la condanna, a condizione - appunto - che partissero con gli altri.
Quanto alla coincidenza fra il viaggio di Colombo e l’espulsione degli Ebrei, essa non fu l’unica di quel periodo e qualunque storico sa che una mera coincidenza, di per sé, non significa nulla, tanto meno un rapporto di causa ed effetto tra due eventi: a meno che tale rapporto non venga provato da ben altre risultanze che la semplice consequenzialità cronologica.
Ad esempio, il 2 gennaio 1492 i sovrani spagnoli fecero il loro solenne ingresso a Granada, nell’Alhambra del sultano Boabdil, ultimo re moro di Spagna; episodio che pose termine alla “Reconquista” e che sancì la definitiva estromissione della presenza araba dalla Penisola Iberica, dopo una serie di lotte secolari fra Cristiani e Musulmani. In base al criterio adottato da Wiesenthal, poiché il viaggio di Colombo sull’Oceano occidentale venne autorizzato da Ferdinando il Cattolico e Isabella di Castiglia in quello stesso mese di gennaio, bisogna quanto meno sospettare che tra i due fatti esista una stretta relazione.
E allora, perché non ipotizzare che i Mori di Spagna, sentendo prossima la fine (in effetti, i termini della resa di Granada erano stati stipulati circa due mesi prima), abbiano in qualche modo “incaricato” Colombo di cercare per essi una nuova terra ove avrebbero potuto rifugiarsi, dopo l’imminente espulsione dal suolo iberico? Oppure, addirittura, che Boabdil o qualche suo emissario lo abbia segretamente finanziato, gli abbia fornito consigli scientifici e assistenza tecnica, tanto più che il viaggio avrebbe dovuto stabilire la tappa iniziale nelle Isole Canarie, non lontano dalla costa marocchina: vale a dire in acque che i viaggiatori e i mercanti musulmani del Nordafrica dovevano conoscere piuttosto bene.
Si ha l’impressione, davanti al libro di Wiesenthal su Colombo, di trovarsi in presenza di una caratteristica contraddizione, quasi una schizofrenia.
Da un lato, Wiesenthal è fra coloro i quali ritengono che la politica antisemita degli Stati europei, culminata nel genocidio hitleriano, sia stata il frutto di una autentica paranoia relativa al “complotto giudaico”: non esisteva alcun complotto, per il semplice fatto che gli Ebrei erano cittadini d’Europa come gli altri, e che ogni ipotesi di considerarli come un tutto omogeneo, che rifiutava l’assimilazione e deteneva un grosso potere finanziario, culturale e mediatico, non sia altro che una manifestazione di irragionevolezza razzista.
Dall’altro lato, si direbbe che Wiesenthal soffra di una sorta di «horror vacui», di un terrore del vuoto, intendendo per “vuoto” una pagina di storia in cui gli Ebrei non abbiano svolto un ruolo da registi o da supervisori dietro le quinte, precisamente in quanto gruppo compatto e omogeneo, mirante ad esercitare una egemonia occulta sui non Ebrei; ed ecco che, secondo le sue precise parole, «la cerchia dei personaggi che appoggiarono i viaggi di Colombo era formata in maggioranza da ebrei e da ebrei battezzati» e che «senza l’aiuto degli ebrei il viaggio di Colombo non si sarebbe realizzato».
Strano atteggiamento, invero.
Da una parte si depreca la tendenza dei Cristiani a considerare gli Ebrei non in quanto singoli cittadini, ma in base ad un pregiudizio che li vuole tenacemente legati l’un l’altro da un vasto disegno di potere occulto; dall’altro, si vuol dimostrare, e si rivendica con orgoglio, il fatto che non vi sarebbe stato evento significativo, nella storia dell’Occidente, dietro il quale non si via stata la regia del denaro e delle competenze tecniche degli Ebrei, intesi proprio come gruppo solidale e mosso da un’unica volontà.
Bisognerebbe decidersi.
O gli Ebrei sono sempre stati una minoranza che agiva alla luce del sole, leale nei confronti dei Paesi che li ospitavano e aliena da ogni idea di esercitare una influenza concertata e inconfessabile sulla loro politica, sulla finanza e sulla cultura; oppure sono sempre stati presenti, dietro le quinte, ogni volta che si presentava una importante svolta dell’Occidente e specialmente nel contesto della moderna secolarizzazione (Illuminismo, Massoneria, Risorgimento, ecc.), al fine di indirizzarla, orientarla e, in qualche modo, dirigerla.
Altrimenti, perché non riconoscere - ad esempio - che Colombo appartiene in tutto e per tutto alla cultura dell’Europa cristiana e medievale; perché questo bisogno di evocare oscuri scenari, nei quali il grande navigatore non sarebbe stato che lo strumento, se non proprio la marionetta, di un disegno ebraico estremamente raffinato, la “risposta” giudaica all’espulsione decretata dai sovrani di Spagna nel 1492?