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I mass media e l'autonomia dei ceti intellettuali e dirigenti in Italia

di Claudio Moffa - 26/10/2010

Fonte: claudiomoffa

 


Orwell più Kafka: nelle due ultime settimane il vento di follia che si è abbattuto sulla mia lezione dedicata al dibattito storiografico sulla shoah, richiama questi due classici della letteratura del Novecento. Ma richiama anche due fatti precisi, che qui – rispondendo alle tantissime lettere e messaggi di solidarietà ricevuti dal 7 ottobre ad oggi – voglio sottolineare: il primo è la non comunicazione assoluta del Senato accademico con il sottoscritto, comportamento non solo curioso dal punto di vista procedurale ma che inoltre ha causato un incredibile abbaglio nell'ultimo comunicato stampa d'Ateneo: lì dove si chiede che la Facoltà si esprima sulla compatibilità di una lezione svoltasi apparentemente di sabato, con un'attività didattica che di sabato non si può svolgere in quale che sia aula di quale che sia Facoltà teramana, essendo tutto l'Ateneo chiuso per regolamento. Faccio ammenda, mi cospargo il capo di cenere, è stato un mio errore! La lezione si è svolta invero venerdì 24, la mia videocamera ha la data posticipata di un giorno (anche una festa di compleanno del 2 ottobre è stata registrata come “3 ottobre”, domenica): non mi sono accorto dell'errore e dunque ecco l'equivoco ribadito anche nei giorni della polemica scatenata da Repubblica . Domanda: ma non sarebbe stato normale chiedermi ragione della stranezza di quella lezione in un'aula della Facoltà, in un giorno di chiusura dell'Ateneo? E se non a me, non sarebbe bastato chiederlo a qualcuno degli studenti presenti? Il risultato di questa autoreferenzialità assoluta rispetto alla stessa realtà dei fatti, del Senato accademico, è che adesso si parla a livello nazionale di un “giallo”. E vai col gossip!

Primo punto esaurito, nel senso che mi fermo qui. Il secondo fatto è che le mezze esternazioni e i silenzi del comunicato stampa hanno dato il via ad un ennesimo “protagonismo” di piccoli e grandi media, che – more solito – hanno letto nel comunicato anche quello che non c'è: master chiuso, Moffa destituito e decapitato sulla piazza di Teramo per mano di una squinternata femminista locale, Ateneo da mondarsi dal peccato di lesa maestà a De Benedetti, tramite una lezione pura e di sovrumana qualità che nemmeno Fantozzi se la potrebbe sognare: con tutti i docenti e studenti di Scienze Politiche ad autoflagellarsi nel fatidico giorno fra lamenti inauditi, trascinandosi dolenti lungo il corridoio dell'altissimo Tempio di Coste Santagostino, e al loro fianco il Woodward di Teramo, il grande Colantuono che prende appunti per il suo scoop-patacca del giorno. Che giornata, la lezione "riparatrice" monda tutto (tranne Moffa), e che cronaca veridica!

Il caso Repubblica-Moffa fa parte di un costume generale

Il travisamento dei fatti è come noto un fenomeno tipico di molti giornali che devono “vendere” meglio il loro prodotto, in periodi di probabile stanca generale sulla questione - vedi il flop del solito Il Centro di 3 giorni fa, un presunto appello di una settantottenne girato da una isterica al pennivendolo di turno - ma, attenzione, è anche altro: è il terrorismo psicologico con cui sempre , da almeno una ventina d'anni, le autorità del nostro paese devono confrontarsi, che siano Parlamentari o Amministratori locali (ricordate l'insurrezione nel Consiglio Comunale nel maggio 2007, al seguito delle paginate provocatorie de Il Centro , per un “caso Faurisson” che solo dopo quell' evento locale sarebbe diventato un caso nazionale per il tramite de L'Unità?) o Magistrati, o Rettori e organi collegiali accademici.

Non sono loro, i legittimi rappresentanti e operatori delle Istituzioni a cui appartengono, che devono e possono decidere in autonomia: è la cronaca-canaglia che detta legge, che impone la sua verità faziosa e falsa, e ordina, e esige obbedienza, o altrimenti potrebbe iniziare una campagna contro gli eventuali ribelli al Quarto potere. Magari una campagna per intermediari – un po' di soldi a una TV locale in crisi e corrompibile, che mette in giro altra disinformazione utile allo “scandalo”. Magari una campagna sottile: il precipitare dell'Ateneo di Teramo agli ultimi posti della classifica di Repubblica il prossimo anno; oppure la mancata realizzazione di una eventualmente preannunciata visita all'Ateneo di Teramo di messaggeri di cultura e relativi fondi, provenienti da Israele, come accadde dopo Faurisson nel 2007: questa volta però non da una facoltà scientifica, ma da quella umanistica che vide linciare tre anni fa lo storico ebreo Ariel Toaff per il suo irriverente Pasque di sangue; o come quella da cui fu costretto ad andarsene in esilio – in Inghilterra - l'autore del revisionista La pulizia etnica in Palestina, Ilan Pappé, relatore all'inaugurazione del Master Enrico Mattei (edizione romana post-chiusura) nel dicembre 2007. Dunque, come ha scritto Vittorio Sgarbi, il caso Repubblica-Moffa fa parte di una tendenza tipica della nostra epoca e della nostra malata democrazia dove il giornalismo scandalistico non ha più regole, e getta fango in ogni direzione a meno che il suo diktat-pensiero non venga accolto con spirito di sottomissione e di obbedienza cieca.


VITTORIO SGARBI,
Il Giornale 18-10-2010
Con D'Avanzo... ora l'Italia è la Cina

"Intanto sul giornale di regime escono altre storie esemplari. Il professore che mette in dubbio la Shoah per il quale si chiedono punizioni esemplari, in nome di un pensiero
unico che non ammette il pensiero sbagliato"

ANTONIO D'AMORE, direttore de
LA CITTA quotidiano di Teramo

Ciao prof, un dubbio: se dico che il giornalismo italiano è, ormai, ben oltre il
punto di non ritorno, verrò considerato
uno che dice la verità o un negazionista dell'altrui "grande professionalità"?


Le mie tre certezze

Io non so, come tutti, cosa abbia mai concluso la Commissione incaricata di vedersi la mia lezione. Ho però tre certezze: la prima è come dire “astratta”, perché inverificabile e se anche corrispondente alla verità, mai ammissibile pubblicamente: e cioè che in queste ore i commissari e i componenti del Senato Accademico – proprio perché hanno fatto una mezza esternazione, annunciando una conclusione senza esternarne il contenuto: proprio perché cioè, non hanno fatto "tana" subito – sono nel mirino di pressioni e ricatti da parte di coloro che stanno cercando di sminuirmi e ostacolarmi umanamente e professionalmente. La conosco bene la pacifica gente con cui potrebbero avere a che fare in queste ore. Ti possono capitare email strani – come quelli che erano pronti per la consegna in aula del Tribunale di Teramo, il giorno in cui ho deposto come teste al processo contro gli squadristi romani spaccaspalla; o come un bambiniascuola@... fattomi vedere da un mio amico carissimo, poche ore dopo che aveva pubblicato un articolo in cui ipotizzava una pista Mossad sul caso Moro e sull'11 settembre … oppure una incredibile storia a scuola di suo figlio, un bambino che conosco anche lui molto bene … oppure una telefonata proveniente da una casa Pulpito o Discorso o cognome simile, oppure … le vie delle pressioni psicologiche sono infinite, così come quelle dei ricatti: un blocco improvviso di un libro da pubblicare, l'attesa di un fondo di ricerca, un trasferimento e così via. Bisogna avere la forza di reagire e tenere duro. Molta gente si illude che i metodi mafiosi appartengano solo alla Sicilia, Calabria e Campania, ma non è così …

Tuttavia, e questa è la seconda certezza, il rettore e i colleghi non cederanno mai di fronte al loro dovere istituzionale. Mi fido, lo dico sinceramente, e passo dunque alla terza certezza: e cioè che, qualsiasi cosa abbiano deciso, io mi sento assolutamente a posto con la mia coscienza e sono pronto a dar battaglia per altri trent'anni e più su questo. Perché? Ma perché la mia lezione, che ho risentito assieme a un collega storico di un'altra Università, e di cui ho chiesto parere anche ad altri colleghi e a qualche studente (uno mi ha detto: mi hanno scritto alcuni amici chiedendomi che era successo, gli ho indicato il link del video e quando mi hanno chiamato mi hanno detto che sono rimasti “basiti” della campagna scandalistica scatenata dai giornali) è in realtà equilibrata e non ha nulla del “trinariciuto” negazionista: non tratta infatti solo della shoah, ma contestualizza questa querelle politologica e storiografica dentro problematiche più ampie – il modo di informare-deformare sul Medio Oriente, la questione della validità delle fonti orali come fonti di conoscenza storica in generale, la decrittazione delle fonti iconografiche, la nozione stessa di revisionismo, da intendersi non come una bandiera di lotta politica o come un controdogma, ma come una potenzialità consustanziale al mestiere di storico.

E' proprio per questo che si sono scatenati: non hanno argomenti e ormai sanno fare solo così, con chiunque violi il loro dogma. Per me, invece, non esistono dogmi, di nessun tipo: la lezione, (peraltro improvvisata: aveva perso l'autobus da Roma una collega che avrebbe dovuto parlare di Islam) dopo citazioni di molti autori – in maggioranza ebrei, e dentro questa maggioranza, storici ebrei ortodossi – si è conclusa con un invito agli iscritti a ragionare con loro testa, a non “fidarsi” nemmeno della mia esposizione, non perché erronea nei contenuti, ma perché garante solo di una rappresentazione generale dei principali nodi della querelle storiografica.

Lo scandalo vero è Marco Pasqua, e il suo articolo su Repubblica del 7 ottobre

E allora come mai lo “scandalo”? E' ovvio che bisogna tornare all'origine della vicenda: l'articolo del Marco Pasqua del 7 ottobre 2010 – il giorno della richiesta di Pacifici di una legge antinegazionista alla francese – con le sue numerose esagerazioni e menzogne poi moltiplicatesi e peggiorate nei rivoli in rete e sugli altri media. Ecco telegraficamente, in ordine di lettura, solo i principali travisamenti di Repubblica: (I) Titolo: Il "cosiddetto Olocausto", le falsità di Auschwitz, i racconti "non fedeli" dei sopravvissuti. Con un elogio ad Ahmadinejad, dove le prime citazioni sono una sintesi-patacca di tre nodi reali della questione shoah, la trasformazione dell'evento storico in fenomeno religioso e lo studio critico delle fonti documentarie e orali secondo prassi abituale di ogni lavoro storiografico serio: e l'ultima, l' “elogio ad Ahamadinejad” non c'entra proprio nulla con la lezione, è il titolo di un articolo pubblicato su questo stesso sito. Un titolo (e soprattutto un articolo) che è coerente non solo con la realtà dei fatti, na anche con l'inversione di tendenza percepibile - finalmente! - nelle parole del Presidente Obama, quando - poco tempo fa - ha riconosciuto il ruolo cruciale dell'Iran per la pace in Afghanistan. Ma al Pasqua questo non interessa: per lui - lo strabico cacciatore dei negazionisti - fa tutto brodo pur di cercare di calunniare e annientare professionalmente il suo avversario.

Proseguiamo. (II) “Lezione choc”: non c'è stato alcuno “choc”, la lezione è stata ascoltata dagli studenti e tutto è finito lì. Alcuni mi hanno criticato successivamente per la troppa “moderazione”. Si può forse parlare di “choc” per il suo ripescamento dopo una decina di giorni, a freddo, in coincidenza con l'ennesimo tentativo della Comunità Ebraica di lanciare un progetto di legge antinegazionista da far approvare immediatamente dal Parlamento? Non è invece quest'enfasi mediatica simile a quella che ha accompagnato altri tentativi di imporre al Parlamento una legge utile solo a una minoranza ufficiale di 35mila persone, i casi ad esempio Munzi e Caracciolo?

(III) “Tutto è messo in discussione dal docente, persino il racconto di Shlomo Venezia”. "Tutto"? Perché tutto? Perché "persino"? Shlomo Venezia è forse Dio? Qualsiasi storico ha diritto a vagliare criticamente Bibbia Vangeli e Corano, figuriamoci la memoria tardiva di un membro di un sondercommando addetto, come racconta, alle camere a gas. Ma la lezione ha solo citato il pubblicizzato e noto lavoro di Venezia, inserendolo nella problematica generale della validità euristica delle fonti orali - un dibattito ampio, che va ben al di là della Shoah e che ricordare in una lezione sulla Shoah è utile se non necessario. Le fonti orali non bastano, questo il discorso che sfido qualsiasi collega storico a smentire: occorrono riscontri con altre fonti più solide e certe, documentarie o di altro tipo, oggettivo e inattaccabile. E l'esempio limite citato, non riguardava il Venezia, ma il caso clamoroso dell'imbroglione Enric Marco, il finto deportato a Mathausen smascherato nel 2005 dalla stampa spagnola e rilanciato in Italia da un articolo … di Repubblica!

(IV) “ Non c'è alcun documento di Hitler che dicesse di ‘sterminare tutti gli ebrei, dice Moffa, parlando agli studenti dell'università abruzzese. Duro il giudizio dell'Unione delle Comunità Ebraiche Italiane .. ”. è la battuta principale del linciaggio. Dice Moffa? In verità non ho fatto che ripetere quanto scritto da Léon Poliakov, Brèviaire de la haine , Parigi, Calmann-Levy, di cui al passo che segue (p. 124 del volume), che riproduco tratto dal link
http://books.google.it/books?ei=oSXDTOnuIdKP4QbIyKm6Aw&ct=result&id =5DJIAAAAMAAJ&dq=leon+poliakov&q=aucun+document#search_anchor

Il libro di Poliakov – storico ebreo, già membro della delegazione francese al Tribunale di Norimberga 1945-46 - è del 1951. Come scrive correttamennte Faurisson la sua ammissione non verrà smentita dagli studi successivi, perché da allora ad oggi – più di mezzo secolo – non è mai stato trovato l'ordine scritto in questione: Hilberg, il principale degli storici ortodossi, autore La distruzione degli Ebrei d'Europa (2 voll. Einaudi, Torino 2006) ha cambiato posizione dopo la prima edizione del 1961, giungendo a scrivere nel 1983 che lo sterminio degli Ebrei era avvenuto grazie “a un incredibile incontro degli spiriti, una trasmissione di pensiero consensuale in seno a una vasta burocrazia”. E in tempi ancora più recenti, lo stesso autore, in una intervista a Le monde des livres del 20 ottobre 2006 (vedi i due pdf) ha dichiarato: “ Il n'y avait pas de schéma directeur préétabli. Quant à la question de la décision, elle est en partie insoluble: on n'a jamais retrouvé d'ordre signé de la main d'Hitler, sans doute parce qu'un tel document n'a jamais existé .”


A sinistra l'estratto dell'intervista a Hilberg dell'ottobre 2006.
A destra, cliccando sull'immagine della prima, l'intervista integrale

(V) "Per Moffa, che cita Norman Finkelstein (autore del testo “L'industria dell'Olocausto”), c'è un legame tra la Shoah e la guerra in Medio Oriente”. Pietosa e ridicola “accusa”: ne parla tutto il mondo ormai, compreso il Jerusalem Post per la penna di Amira Hass! Solo nella “piccola borghesia fascista” romana citata da Primo Levi e nei suoi pennivendoli, questa banalità politologica può destare scandalo

(VI) (Moffa) parla di uno “sfruttamento dell'Olocausto”, avvenuto “a fini politici ed economici”: “E' un'arma ideologica indispensabile, grazie alla quale una delle più formidabili potenze al mondo ha acquisito lo status di vittima. Da questo specioso status di vittima derivano dividendi considerevoli, in particolare l'immunità alle critiche”. Come nel caso di Poliakov, quest'ultima è una citazione tratta da Finkelstein: nel video si vede chiaramente che sto leggendo un libro – l'Industria dell'Olocausto - e Pasqua scrive sì che "Moffa cita Finkelstein", ma monta il brano in modo che non si capisca che quella frase non è mia, col risultato che essa diventerà un motivo di critica di Carlo Bertani in un suo articolo in rete e di demonizzazione ulteriore da parte di tutte le cronache-canaglia sulla vicenda. Comunque l'affermazione è di una banalità eclatante e solo un fanatico sionista che piega la verità dei fatti alla propria ideologia può dargli spazio a fini di demonizzazione.

La citazione letta da Claudio Moffa in aula è di
Norman Finkelstein, L'industria dell'Olocausto,
Milano Rizzoli 2002. Marco Pasqua scrive sì che Moffa "cita" lo storico ebreo, ma monta la sua frase in modo che la considerazione dello
studioso, condivisa da miliardi di persone in tutto il pianeta, venga attribuita al docente