Newsletter, Omaggi, Area acquisti e molto altro. Scopri la tua area riservata: Registrati Entra Scopri l'Area Riservata: Registrati Entra
Home / Articoli / Barack ha deluso perché è prigioniero delle lobby

Barack ha deluso perché è prigioniero delle lobby

di Marcello Foa - 28/10/2010



Che cosa aveva promesso Obama due anni fa? Lotta alle lobby, agli "interessi particolari" alla corruzione e all’inefficienza del Congresso e dell’apparato governativo, una politica più pulita e vicina al popolo. Ma non ha saputo rispettare nemmeno in minima parte quegli impegni

 

Vinceranno i repubblicani, con ogni probabilità, che dovrebbero conquistare uno dei due rami del Congresso e molti si affretteranno a sancire il declino di Obama oppure a pronosticarne la resurrezione tra due anni, come avvenne con Clinton. In realtà non era necessario attendere quasi due anni per scoprire che il primo presidente nero della storia americana non era all’altezza delle aspettative da lui stesso suscitate. I commentatori più accorti, peraltro, lo avevano capito da un pezzo, contrariamente alla grande stampa mainstream, che per mesi ha continuato ad alimentare l’illusione.

La sua imminente sconfitta alle elezioni di mid-term assume però un significato più profondo, che va al di là della contingenza , poiché testimonia la frustrazione della parte più sana dell’America. Che cosa aveva promesso Obama due anni fa? Lotta alle lobby, agli "interessi particolari" alla corruzione e all’inefficienza del Congresso e dell’apparato governativo; dunque una politica più pulita e vicina al popolo. Oggi il presidente ha perso il suo fascino non perché troppo "liberal" ovvero di sinistra, né per le leggi che ha promosso, ma innanzitutto per non aver saputo rispettare nemmeno in minima parte quell’impegno. Non ha combattuto le lobby per la semplice ragione che delle lobby è di fatto prigioniero; dunque non può più proporsi come un politico diverso. Eppure l’America chiede proprio questo: un ritorno allo spirito più autentico della sua identità politica e storica, un ritorno agli ideali dei padri fondatori. Paradossalmente un filo lega i fan di Obama a quelli di un movimento che in teoria è agli antipodi ovvero i Tea Party, che rappresentano la destra conservatrice e arrabbiata in rotta con l’establishment repubblicano. Anche loro invocano una svolta. Come il popolo di Obama a sinistra, anche quello dei Tea Party a destra sollecita una rottura con un mondo politico colluso e ostaggio delle lobby.

Entrambi, però, sono destinati alla disillusione. Obama non ha la tempra e forse nemmeno la possibilità di sottrarsi al ricatto, i Tea Party sono caotici, minoritari per molti aspetti estremi, come dimostrano certi loro leader; insomma, non sembrano avere la consistenza necessaria per crescere davvero e imporsi nel tempo. Il risultato, paradossale, è che nell’America, da sempre terra del cambiamento, prevalga ancora una volta un immobilismo di fatto. Trionfa la destra, trionfa la sinistra, eppure non cambia un certo modo di far politica. E a vincere davvero sono sempre loro, le lobby che, con i finanziamenti elettorali e le pressioni, condizionano sia i democratici che i conservatori. Autenticamente bipartisan. Purtroppo.