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Niente nuove, cattive nuove

di Gianfranco La Grassa - 29/10/2010


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   Nel Giornale di ieri Macioce scrive un articolo tutto sommato positivo, di cui riporto solo il passo che mi interessa particolarmente: “Questa volta, per esempio, non si può neanche dire che a darsele sono rossi e neri, guelfi o ghibellini, sinistra e destra. Qui lo scontro ideologico, viscerale più che razionale, ha a che fare con Berlusconi. Sei berlusconiano o no? Non c’è neppure una via di mezzo. Tipo, guarda che non voto da quindici anni. Niente. La costante resta sempre la stessa. Gli italiani non litigano per un motivo ideale, ma per una differenza antropologica. Il risultato è che i buoni sono sempre gli stessi, appartengono sempre alla stessa razza di moralisti, incazzati, presuntuosi, che vogliono salvare il mondo dai suoi peccati. I cattivi invece cambiano in base alla sorte o alla storia. In mezzo ci sono tutti quelli che vanno in soccorso del vincitore”.



   Ancora una volta, noto con soddisfazione (e mi si prenda pure per presuntuoso) di non essere a rimorchio di nessuno, avendo individuato in Italia il PAB e il PB. In effetti, non bastava dichiarare che non c’è più né destra né sinistra. Questa distinzione sfuma indubbiamente un po’ dappertutto. Ancora una volta gli Usa hanno anticipato il vecchio “occidente” europeo. Dire che i repubblicani sono la destra, ma soprattutto che i democratici sono la sinistra, appare impreciso quasi da sempre; in ogni caso, certamente, nel dopoguerra. In Europa, la distinzione ha resistito di più, fino a tempi relativamente recenti. In ogni caso, anche se l’esistenza della dicotomia è da mettere in dubbio dappertutto e se prevale in genere il cosiddetto “trasversalismo”, è difficile negare che la confusione di interessi e posizioni ha in qualche modo a che vedere con quella che si potrebbe ancora chiamare politica.



   In Italia no, tutto discende dall’essere pro o contro un unico individuo. Felice quindi mi appare la scelta già sopra ricordata di sostenere che esiste da noi un pur pasticciato e volatile bipolarismo. Esistono di fatto due partiti (pur se non dichiarati ufficialmente): il PAB (partitume anti-Berlusconi) e il PB (partitume Berlusconi). L’esistenza della fobia antiberlusconiana ha origine politica: egli si è messo di traverso all’operazione Usa (attuata tramite il pentito Buscetta e i legami privilegiati sempre avuti dai gangster americani con la mafia), appoggiata dalla Confindustria agnelliana; “fronte” di cui fece parte, dopo la svendita ai privati delle imprese IRI, la “grande finanza” al cui vertice (di controllo; sic!) è stato messo chi fu vicepresidente della Goldman Sachs (e che, se non erro, era direttore generale del Tesoro all’epoca della ormai famosa riunione sul panfilo “Britannia”).



   Quella politica, diretta a fare dell’Italia una novella Inghilterra (una specie di nuova “stella” nella bandiera statunitense), si mascherò dietro un’operazione giudiziaria, che pretendeva già allora di indicare chi erano gli “immorali” (o “amorali”) e chi invece rappresentava la Morale, meglio l’Etica. Di quest’ultima era in primo luogo portatrice la Magistratura, poi il partito cardine del gruppo dei rinnegati, un partito che aveva già iniziato il suo percorso verso il rimbecillimento dei suoi aderenti tramite il “cattocomunismo” nel 1972, con una segreteria che passerà infine alla storia – quando la scriveranno storici non indottrinati – come il più buio periodo del sedicente comunismo italiano (il “piciismo”) degenerato in “crociata” contro il Male, contro l’Ingiusto. La degenerazione moralistica berlingueriana divenne però effettivamente puro pus e infezione devastante quando, crollato il muro e dissoltasi l’Urss, fu possibile far partire l’operazione Usa-Confindustria di cui sopra detto.



   Era una operazione politica, ma mascherata da giudiziaria. La gran massa degli elettori dei partiti, che furono distrutti per far posto ai piciisti (attorniati da altri gruppetti di rinnegati opportunisti di quei partiti), decretò l’impasse della stessa. Tuttavia, i rinnegati avevano a disposizione una loro quota elettorale e anche – tramite i sindacati e la base “trinariciuta” del vecchio Pci, del tutto incapace di capire dove la stavano portando perché abituata a pensare che “i capi hanno sempre ragione” contro la “reazione in agguato” – una minoranza chiassosa e incanaglita dagli insuccessi, di quelle che sempre occupano le piazze. A fianco di questa si mise l’ignobile e ormai corrotto ceto intellettuale (in particolare formatosi nel ’68 e ’77), la masnada dell’impiego pubblico, il mondo infetto e fatuo dello spettacolo, tutti coloro che vivono, in un qualsiasi modo, di clientelismo e assistenzialismo (a fini elettoralistici) grazie alla spesa pubblica dispersa in mille rivoli di nessuna utilità produttiva né sociale.



   A questa massa cospicua bisognava continuare a nascondere la politica – di asservimento alla potenza che era sempre stata antagonista dell’Urss, il paese del presunto socialismo – dietro l’azione giudiziaria, che tuttavia era ormai accoppiata a quella di “pulizia morale”. I “resistenti” all’operazione di annientamento del “vecchio regime”, e dell’industria “pubblica” quale sua base di potere, dovettero alla fine scegliere Berlusconi. Il patto Segni-Maroni fu subito fatto fallire da Bossi (non mi sembra sia stato chiarito perché), altre soluzioni non si trovavano. Berlusconi era sotto tiro per quanto concerne le sue ricche aziende; alla fine, probabilmente, fu una scelta obbligata. Non felice, però, perché segnata dal fatto che “il cavaliere” era un riccastro, non particolarmente “serio”, difficilmente simpatico a chi “tira la carretta”.



   Si cominciò così a bombardare la propria “base militante” con la questione “morale”. Berlusconi rompeva le scatole e, in un certo senso, canalizzava verso di sé le simpatie e gli umori di una serie di ceti sociali. Anche questa sua attitudine, non c’è dubbio, facilitò la strada ai moralisti, ai “crociati” del Bene e del Giusto. Si inoculò nelle masse controllate il virus dell’antiberlusconismo, si riuscì nell’operazione (scusate, ma devo dirlo: da me denunciata prima ancora della creazione del blog, avvenuta cinque anni fa) di rammollire il cervello dei “militonti”. Siamo così arrivati alla situazione descritta da Macioce e che ho sintetizzato nel bipolarismo PAB/PB. Il primo compito non può che essere l’uscita da questo perverso bipolarismo, solo personalistico. E’ esigenza pressante creare le condizioni per un ritorno alla politica. Il primo ostacolo, piaccia o meno, è il PAB; è cioè il moralismo (ipocrita e furfantesco) che prende il posto dell’aperta e sincera contrapposizione tra progetti diversi e anche, certamente, tra valori ideali (e ideologici) diversi.