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Il turismo spaziale e l’inquinamento futuro

di Alessio Nannini - 04/11/2010



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Il progetto di fare business anche con i voli spaziali potrebbe avere conseguenze rilevanti per il clima, maggiori di quelle del normale traffico aereo. La fuliggine dei razzi resta nella stratosfera per anni e può trattenere i raggi del sole.
A ogni spazio la sua sporcizia; compreso lo Spazio, quello con la esse maiuscola. La settimana scorsa la notizia che la Stazione spaziale internazionale avrebbe cambiato rotta per evitare un rifiuto orbitante, ossia uno fra i tanti satelliti dismessi che chissà che fine faranno, aveva ottenuto poca gloria sui mezzi di informazione, quasi fosse notizia di poco conto. Specificato che le collisioni fra corpi artificiali ancora funzionanti e materiali fuori controllo sono un’eventualità assodata da anni, la questione dell’inquinamento “oltre il cielo” è cosa di crescente interesse: sia per l’enorme quantità di pattume (si stima la presenza di quasi ventimila oggetti, da frammenti di pochi millimetri a pezzi di qualche metro), sia per gli agenti inquinanti da combustibile.
 
I ricercatori della californiana The Aerospace Corporation di El Segundo hanno elaborato uno studio, pubblicato su Geophysical Research Letters, che ha preso in considerazione lo stato attuale dell’atmosfera e quello futuro in coincidenza del turismo spaziale prossimo venturo, il cui inizio fu promesso tempo fa dalla Virgin Galactic del bizzarro miliardario Richard Branson, e in parte già effettuato dalla Rka, l’Agenzia spaziale russa. Per gli scienziati americani, la fuliggine emessa dai razzi potrebbe incidere sul cambiamento climatico in maniera molto più decisa del normale trasporto aereo. Una diversità innanzitutto quantitiva: i voli suborbitali stimati durante il prossimo anno sono mille. Un numero approssimativo pubblicizzato per ora solo nelle campagne di promozione del turismo spaziale, ma sufficiente per mettere in allerta.
 
Poi l’aspetto qualitativo: a quell’altezza (oltre 40 chilometri dal livello del mare, un’altitudine superiore di almeno tre volte rispetto agli aerei di linea) i razzi sono l’unica fonte diretta di composti prodotti dall’uomo. Se le polveri all’interno della troposfera finiscono per cadere in terra nel giro di alcune settimane, queste altre possono rimanere nella stratosfera (dove risiede lo strato di ozono) per anni condizionando l’azione dei raggi del sole, che rimarrebbe intrappolata, o per meglio dire assorbita, dall’atmosfera.
 
Un modello pensato dai ricercatori del National center for atmospheric research (Ncar) di Boulder, in Colorado, per riprodurre i cinque strati dell’atmosfera terrestre, prefigura che, con il livello di fuliggine della nuova era spaziale, la superficie del pianeta si raffredderebbe di 0,7 gradi Celsius, i poli riscaldati per 0,8°, e si perderebbe circa l’1 per cento dell’ozono nelle aree tropicali e di converso l’acquisizione ai poli del 10. Va specificato che tali conclusioni, di certo non rassicuranti, sono basate su previsioni di viaggio al 2020 e necessitano di un aggiornamento costante che esuli da quanto promesso dalle campagne pubblicitarie. Che per ora dicono questo: venti milioni di dollari per sei giorni di volo è quanto garantito dalla Rka, duecentomila l’offerta di Branson, il cui progetto (ben più imprenditoriale) intende offrire 500 posti l’anno per galleggiare a quote superiori ai 100 chilometri di altezza. Le prenotazioni sono fioccate come neve, alcune spedizioni già complete.