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Gusci vuoti e rami secchi

di Luciano Fuschini - 08/11/2010

    



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Il liberal-capitalismo, col contributo provvisorio della socialdemocrazia, ha vinto la sfida portata dal comunismo e dal fascismo sul suo stesso terreno, quello della Modernità.
Quando si fa questa affermazione, sui siti alternativi c’è sempre chi si inalbera.
Si inalberano gli irriducibili del marxismo-leninismo. Il loro argomento è in sintesi questo: quello che è stato sconfitto è lo stalinismo, non il comunismo. Il comunismo non è stato mai realizzato, ciò che si è affermato e che alla fine si è dissolto è lo stalinismo, che del vero comunismo è solo una caricatura e una negazione.
Credo che questo modo di ragionare sia soltanto autoconsolatorio. Il tentativo di realizzare il comunismo ha interessato circa metà dell’umanità. E’ stato il fenomeno politico e culturale più grandioso del Novecento e forse la più grande illusione nella storia dell’umanità. Pertanto non è limitabile al comunismo sovietico, che i neomarxisti definiscono stalinismo negandone la natura comunista. Essendo stato un processo di dimensioni mondiali, quel fenomeno ha interessato nazioni con storie e situazioni socio-culturali diversissime. Non c’è stato solo lo stalinismo sovietico con le sue propaggini nell’est europeo. Ci sono state altre esperienze che volevano essere originali e che si distinsero dal modello moscovita. Basti ricordare la Jugoslavia di Tito, dichiaratamente antistalinista. Basti ricordare la grande rivoluzione cinese, che ben presto ha cercato una sua via autonoma rispetto all’URSS. Infine non dimentichiamo Cuba, che voleva essere un altro riferimento ideale. Ma ci sarebbero anche la Romania, la Corea del Nord, il Viet Nam, ognuno con la propria storia e una propria via autonoma. Negli anni Settanta perfino alcuni Paesi africani scelsero la via del socialismo di ispirazione marxista. Ebbene, in tutti i casi registriamo delle costanti, nonostante la diversità delle condizioni storiche: un collettivismo statalista e accentratore, un’accentuata burocratizzazione, la dittatura di un partito unico. Evidentemente c’è un fondamento comune che dà luogo a fenomeni analoghi nonostante tutte le diverse circostanze. Questo elemento comune non è lo stalinismo ma qualcosa che attiene strettamente ai fondamenti ideologici condivisi. Avevano quindi ragione i vecchioni impataccati della gerontocrazia del Cremlino quando ribattevano ai loro critici, comunisti “democratici” alla Berlinguer, che quello era il socialismo reale (realizzato). Il resto è chiacchiera. Il comunismo libertario e procedente verso l’estinzione dello Stato è sempre di là da venire e rimane nel mondo dei sogni. Conta quello che è esistito nel concreto dei processi storici.
Si inalberano anche i nostalgici del fascismo. Il loro argomento è il seguente: il fascismo combatté con successo il capitale finanziario; risolse col corporativismo il conflitto fra capitale e lavoro; godette di un diffuso consenso e crollò solo per la sconfitta in guerra: vince il più forte, non necessariamente il più giusto. Il fascismo ha ceduto solo ai bombardamenti, mentre il comunismo si è svuotato al suo interno ed è morto per autoconsunzione.
Anche questi argomenti sono autoconsolatori. È molto discutibile che il fascismo abbia combattuto il capitale finanziario. Le grandi concentrazioni private industrial-finanziarie prosperarono sotto il fascismo e il nazismo. La pace sociale fu ottenuta più con la repressione poliziesca che col corporativismo. Infine non è vero che i fascismi hanno ceduto solo alla forza delle armi. Questo si può dire per il fascismo italiano e il nazismo, che essendo stati esperienze di breve durata non hanno avuto il tempo di esaurirsi per le loro contraddizioni interne. C’è stato anche un fascismo iberico, il franchismo in Spagna e il salazarismo in Portogallo. Quei regimi, che ebbero l’accortezza di non farsi coinvolgere nella guerra, durarono diversi decenni. Alla scomparsa dei loro caudillos svanirono come la nebbia al sole, esattamente come i regimi comunisti. Implosione per consunzione interna. Erano gusci vuoti, o rami secchi che un venticello stronca.
La conclusione è obbligata: il liberal-capitalismo ha vinto tutti coloro che lo hanno sfidato sul terreno della modernizzazione perché esso è la Modernità nella sua espressione più efficiente e più coerente.
Irriducibili del marxismo e nostalgici del fascismo hanno il grande merito di non essersi lasciati omologare. Hanno scelto di restare fra i perdenti senza saltare sul carro del vincitore. Ora devono fare un passo avanti. Devono prendere atto che oggi gli obiettivi da porsi sono la decrescita, il comunitarismo, la lotta alla speculazione finanziaria, la difesa delle culture locali e l’antiprogressismo. Su questo terreno potrebbero finalmente ritrovarsi dalla stessa parte della barricata. Bisogna liberarsi del peso di ideologie logore e sterili. Nella frana epocale che sconvolge i nostri orizzonti, il passato che deve ispirarci non è quello recente di ideologie consunte.