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Napolitano legittima la guerra che stiamo perdendo in Afghanistan

di Federico Dal Cortivo - 08/11/2010

Fonte: italiasociale


Un 4 novembre quello del Quirinale contrassegnato dall’esaltazione della guerra d’aggressione all’Afghanistan. Invece di commemorare degnamente gli oltre 600 mila caduti italiani nel primo conflitto mondiale, perché per loro era la giornata del 4 novembre, Giorgio Napolitano si è lanciato in con una delle sue uscite retoriche e perciò poco credibili , ponendo l’accento sulla “giustezza della posizione italiana nell’ambito del conflitto nel Vicino Oriente”.
Certamente tutto ciò non fa altro che confermare, se mai ce ne fosse stato bisogno, della totale sudditanza delle istituzioni nazionali al “ volere di Washington”, priva com’è l’Italia dalla fine della Seconda Guerra Mondiale di una sua autonoma “politica estera”degna di questo nome.
Forse il non più giovane presidente - ex comunista,ora convertitosi come molti all’ ‘ideologia atlantica, non ha ben chiaro il quadro della situazione in cui sono costretti a operare con sempre maggior difficoltà i reparti italiani sotto comando Nato-Isaf e quello dell’intera coalizione Alleata a guida statunitense e britannica.
Nessuno sembra aver detto a Napolitano che il tanto osannato “surge” del generale Petraeus passato dal CentCom a capo dell’Isaf,dopo l’allontanamento del generale McChrystal, non ha realizzato quel cambio di marcia che tutti a Washington si aspettavano, Obama in primis.
Del resto basta leggere la dichiarazione fatta all’indomani della morte dei quattro Alpini da parte del Generale Massimo Fogari, capo ufficio stampa dello Stato Maggiore Difesa:”la situazione sta migliorando, anzi gli insorti sono in difficoltà e per questo stanno intensificando gli attacchi”,per rendersi conto della disinformazione che è trasmessa ai media dai vertici militari italiani che dovrebbero riferire al capo di Stato, ma stiamone certi che quest’ultimo sa e recita la parte assegnatagli .
A ottobre è stato approvato con il sì del Senato,il rifinanziamento delle nostre missioni militari all’estero con ben 1350 milioni di euro fino al 31 dicembre 2010. Per l’Afghanistan si passerà da 310 a 364 milioni di euro, spesa resa possibile anche dalla diminuzione dell’impiego di uomini e mezzi in altri teatri( Bosnia-Balcani-Libano).
Il decreto legge ha dato la facoltà di schierare oltre 3.790 uomini, l’Italia è al quinto posto come contingente schierato dopo Usa, Gb, Germania e Francia.Un impegno di tutto rispetto per quella che eufemisticamente Napolitano e Parlamento chiamano “ missione di pace”.
E mentre il folcloristico ministro della Difesa Ignazio La Russa, la cui esperienza e conoscenza di questioni militari sono tutte da dimostrare, invocava dopo gli ultimi soldati morti un escalation nell’uso della forza con la possibilità di dotare gli aerei dell’Aeronautica Militare di bombe, oltre atlantico ci si interroga sulle reali prospettive di questa campagna che sembra senza fine e ogni giorno di più assume le sembianze di una lenta ma progressiva ritirata, la guerra è iniziata il 7 ottobre 2001 e a oggi sono oltre 2100 i caduti Alleati.
Sulla stampa statunitense, Washington Post, ai primi di ottobre sono apparsi articoli degni di attenzione, nei quali era rivelato che “ contatti ad alto livello ci sarebbero stati tra il Governo collaborazionista di Karzai e i Talebani per trovare una via di uscita, sicuramente più per il primo e i suoi alleati Occidentali, che per i Talebani, i quali guadagnano ogni giorno posizioni e hanno oramai dalla loro parte la maggioranza del popolo afghano. Queste ultime notizie sono state confermate anche dal Generale Petraeus.
Ma negli Stati Uniti i “falchi” sono ancora preponderanti e per avere l’esatta percezione che si ha a livello ufficiale su questa guerra, possiamo rifarci all’ultima ricerca fatta da Michael O’Hanlon, direttore della 21st Century Defense Initiative , analista di bilancio per la Difesa e autore dell’Iraq Index per la Brooking Insitution, influente thing thank filo sionista con sede a Washington, in collaborazione con Hassina Sherjan, presidente di Aied Afghanistan for Education.Nella premessa al loro studio dal titolo “ Afghanistan la guerra infinita”, i due autori dichiarano senza mezzi termini di sostenere lo sforzo militare degli Stati Uniti, O’Hanlon è per altro uno dei maggiori sostenitori delle offensive in Iraq e delle strategie di contro insurrezione.
“Si parte dalla “posta in gioco” che per i due analisti sarebbe semplicemente l’impedire un altro 11 settembre, la costituzione di un “territorio franco” per al Qaeda” ed impedire ai cosiddetti “estremisti pakistani”di usare quel territorio come quartier generale e campo addestramento”
Si dimentica volutamente di parlare del reale motivo di questa guerra, ovvero la costruzione dell’importante gasdotto trans afghano, che lungo oltre 1600 km, trasporterà il gas naturale dal Turkeministan ,attraversando l’Afghanistan, fino in Pakistan e poi in India.
Ma è l’analisi del perché gli Usa possono non farcela che merita attenzione, essendo la fonte interna e quindi più credibile.”I Talebani sono bene organizzati e sicuri dei propri mezzi( 1), l’uso di bombe improvvisate ,le temibili IED mettono in grave pericolo le truppe dell’Isaf. La popolazione si sta spostando sempre più verso i Talebani i quali hanno costituito una sorta di “governo ombra”
“Il Governo Karzai è corrotto,dalle principali istituzioni fino alla polizia e questo è percepito dal popolo e vi sono poi i presunti pagamenti della Cia al fratello del presidente, Ahmed Wali Karzai che pare coinvolto nel traffico di stupefacenti nell’Afghanistan meridionale, egli avrebbe inoltre aiutato l’intelligence Usa in operazioni militari”.(2)
“Anche il Pakistan rappresenta una concreta minaccia per Washington, qui oltre alla presenza di circa venticinque milioni di Pashtun, l’ISI, Inter Services intelligence pachistano appoggerebbe le milizie talebane , ma oltre a questi fattori di rischio non trascurabili, vi è la concreta possibilità che venga sempre meno il sostegno dell’opinione pubblica alla guerra, sia in Usa sia in Europa”.
L’Olanda si è già disimpegnata e il Canada lo farà entro il 2011, seguito dai polacchi nel 2012 e dai britannici tra il 2014 e 2015. Erano 145 mila i soldati impegnati su questo fronte di cui 120 mila inquadrati nell’Isaf e altri statunitensi. Da rilevare che questa guerra è la più lunga combattuta dagli Stati Uniti, il che la fa sembrare sempre più a una riedizione del conflitto indocinese in Viet Nam.
Allora come raggiungere una sempre più improbabile vittoria?Partendo dal presupposto falso che l’obiettivo sia impedire il ripetersi di un altro 11 settembre?
“Innanzitutto bisognerebbe stabilizzare l’Afghanistan(3), questo ovviamente secondo i canoni della “democrazia occidentale” e non certo nel rispetto delle tradizioni , religione e cultura del Paese.Per Sherjan e O’Hanlon la soluzione passerebbe nell’eliminazione del narcotraffico, della violenza( quale e proveniente da chi?) e povertà, quest’ultima guarda caso ingenerata proprio dall’invasione Usa.Fatti salvi i motivi che hanno spinto l’Amministrazione Bush alla guerra, i due sostengono che le risorse non furono adeguate per conseguire gli obiettivi prefissati e che l’attuale presidente Barak Obama ha invece dato risposte migliori in termini di contro insurrezione (COIN) e stabilizzazione(4)”.Infatti, proprio con Obama, che stolidamente in Europa e in Italia era stato accolto come l’uomo del cambiamento, si è avuto un sostanziale aumento del contingente militare Usa.
L’azione COIN (Counterinsurgency)con l’impiego di reparti speciale alle dipendenze del USSOCOM( United States Special Operation Command)ed elementi locali si basa su una serie combinata di operazioni militari convenzionali,omicidi mirati, guerra psicologica e intelligence.
Quindi un approccio diverso da come gli Usa avevano gestito le prime fasi della guerra con il ministro Rumsfeld, con il solo intento di dare la caccia ai “terroristi”.
Sempre O’Hanlon e Sherjan ci dicono che: “Il rafforzamento delle istituzioni è una priorità oggi delle forze di occupazione, che passa attraverso l’addestramento delle forze di polizia ed esercito afghano, un miglioramento del sistema giudiziario e dell’economia. La “exit strategy” della Nato si può quindi riassumere brevemente in : Protezione della popolazione-consolidare le istituzioni e trasferire le responsabilità di governo agli afghani. ( 5 ), quindi i raparti Nato devono restare per almeno altri 5 anni sul territorio”.
Un progetto che però sta crollando giorno dopo giorno, come un castello di carta.
E le critiche non sono poche verso questa guerra, se come ci dicono le nostre fonti, si focalizzano su alcuni punti importanti:“Gli afghani hanno sempre odiato gli stranieri e pur riconoscendo un alto valore militare alle forze della guerriglia, la guerra attuale si propone di “aiutare il popolo afghano”è questo lo spartiacque tra la Nato e l’Urss, precedente invasore”.“La situazione è molto più complessa che in Iraq-Si dovrebbe negoziare con i Talebani( ed è quello che segretamente sta avvenendo)-l’Afghanistan è meno importata dell’Iraq ( oleodotto e gasdotti dimostrano il contrario)- ci si dovrebbe limitare a una politica di antiterrorismo e non di contro insurrezione( le prime non hanno dato alcun risultato perché non si tratta di terroristi, ma di forze ribelli all’occupazione)- gli alleati non partecipano realmente ai combattimenti, (nonostante la Nato abbia invocato impropriamente all’indomani dell’11 settembre la clausola V della mutua difesa) perché nel loro intervento vi sono delle limitazioni che gli Stati Uniti vorrebbero eliminate così da utilizzare le truppe”Alleate” in ogni operazione bellica”.
A queste obiezioni i due esperti non demordono confidando nella vittoria finale.”Si può certamente rispondere molto bene con i rimedi già citati e del resto, togliendo di mezzo i reali interessi geopolitici ed economici degli Stati Uniti, sembra soltanto una grande operazione di polizia internazionale”, come tante già viste dalla fine della Seconda Guerra Mondiale e dopo la caduta dell’Urss ed è così la cosa è presentata dai media embedded all’opinione pubblica.
Forse bisognerebbe studiare meglio la storia dell’Afghanistan, che non ha più di due secoli come stato, ma che ha sempre inflitto cocenti sconfitte agli invasori di turno, come possono ben testimoniare i britannici, sconfitti pesantemente a passo Kyber nella prima metà del 1800 e poi l’Armata Rossa ,che non ebbe ragione delle orgogliose tribù afghane ,che persero più di un milione di uomini, infliggendo però perdite tali ai russi da costringerli alla ritirata.
Oggi la storia si sta ripetendo, da una parte guerriglieri fortemente motivati e orgogliosi delle proprie tradizioni , con un’ incrollabile fede religiosa, dall’altra i soldati della “ finanza internazionale”, del FMI, della colonia Europa , che nulla hanno a che spartire con il carattere “sacro” che la guerra e i suoi combattenti avevano nell’antichità, qui manca addirittura ,come lo definì Carl Schmitt un “ justus hostis”, dove il nemico non è considerato un criminale,ma un combattente con pari dignità, il contrario di quello che usa fare la Nato non applicando nessuna convenzione per i prigionieri , radendo al suolo i villaggi di civili e commettendo crimini di guerra anche con truppe mercenarie.




Op.Citata:Afghanistan .La guerra infinita.
The Brooking Institution
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