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La creazione dell’integrità risana il creatore

di Nikos A. Salìngaros - 10/11/2010

Fonte: nemetonmagazine



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Vorrei parlare di un concetto così definibile: «la creazione dell’integrità risana il creatore», un concetto promosso da Christopher Alexander sull’atto creativo e in particolare la sua applicazione nell’Arte, nella produzione di artefatti e in architettura (*). Il concetto è fondamentale nella creazione di piccoli oggetti, ma voglio suggerire come si applica a ogni scala.

Oggi l’argomento privilegiato a livello internazionale sono le città sostenibili, i piani regolatori, i piani urbanistici, i piani casa, ecc. per costruire città più sane nel nuovo millennio. Ma mentre l’urbanistica opera su base legislativa, definendo ciò che si può fare e ciò che si deve evitare, un’altra dimensione, su scala minore, individuale direi, richiede l’impiego della coscienza umana.  È questa che regola i piccoli interventi al livello architettonico di una stanza, di un’estensione del balcone, di una finestra, fino all’ornamento attorno alla porta. Come riuscire a farlo in modo coerente? Abbiamo finalmente preso coscienza che la città a scala umana è il risultato di un numero infinito di piccoli interventi. Alcuni di questi atti sono coordinati tra loro, ma molti non lo sono. La coerenza urbana diventa il prodotto della coscienza umana tramite la cultura attuale del luogo, una manifestazione d’auto-organizzazione.

Esiste un problema molto grave, però, perché la coscienza della nostra società è stata deturpata per formare un «uomo nuovo» strettamente meccanico e ben poco umano. L’élite dominante ci ha convinti a recidere i legami con l’atto creativo, fonte millenaria di salute per l’uomo. Adesso questa fonte non l’abbiamo più, l’abbiamo lasciata perdere convinti che tutto ciò che è fatto dev’essere necessariamente un prodotto industriale, frutto della filosofia della collettivizzazione dell’individuo. La mano dell’uomo non entra più nel processo; la legge ferrea dell’ «economia di scala industriale» governa tutta la nostra vita. Chi di noi crea qualcosa? Chi tra noi dipinge, fa una scultura, tesse una qualsiasi fibra o fa un lavoro artigianale con le proprie mani? Chi cucina ancora i propri pasti oggi? Una persona nella società contemporanea non crea assolutamente niente, quindi si ammala perché non può beneficiare dell’effetto rigenerativo e nutritivo della creazione.

L’atto creativo, un dono che viene da Dio perché è un atto umano che copia esattamente quello divino, è stato spento dalla propaganda del consumo industriale. La creazione è stata di fatto proibita dal potere dei media, diventati più assoluti e intolleranti d’ogni religione tradizionale. Invece, che belle parole nella Bibbia descrivono la creazione dell’uomo formato con la terra dalla mano di Dio! Soprattutto per un convinto evoluzionista come l’autore, ciò illustra l’atto creativo dell’uomo meglio di qualsiasi nozione scientifica sull’origine della vita dalle molecole organiche. Ma perché Dio ha creato la vita in primo luogo? La Bibbia non lo spiega, ma è facile da comprendere: perché la creazione dà un gran piacere a Dio. Possiamo anche pensare che l’atto creativo aggiunga coerenza alla divinità di Dio, altrimenti non ci sarebbe bisogno di creare niente. Senza creazione avremmo un universo vuoto, freddo. Dunque, dobbiamo rispettare la creazione come atto sacro, anche se non la comprendiamo.

Noi esseri umani possediamo un istinto creativo, un bisogno nutritivo di creare l’integrità, e lo abbiamo praticato per nutrire la nostra anima e il nostro corpo per millenni fino ai nostri tempi «moderni». A causa della propaganda consumistica abbiamo cessato di creare, di generare. Consumiamo soltanto, cioè, distruggiamo: è un grave sintomo d’insostenibilità globale. Nel passato la specie umana bilanciava questi due processi opposti: creazione e distruzione; oggi, invece, perseguiamo soltanto il secondo. Oltre all’ambiente che viene distrutto con rapidità preoccupante, è infatti l’anima umana a essere danneggiata se non creiamo niente personalmente. Tutto oggi si deve comprare, tutto è un prodotto industriale, la possibilità di creare non esiste, è stata dimenticata nei decenni passati. I «contemporanei» hanno soltanto parole di condanna, e paura, per il passato, convinti che qualsiasi sguardo all’indietro sia un tradimento dello sviluppo civilizzatore.

Una persona che si nutre creando oggetti, artefatti, dimore o città non ha posto nella società d’oggi. Nel sistema ideologicamente totalitario nel quale viviamo, questa persona sarà esclusa perché retrograda o forse, nel migliore dei casi, messa ai margini come un essere eccentrico e un po’ pericoloso che ha diritto al suo comportamento strano. I «moderni» lo guarderanno con un misto di disprezzo e curiosità, ma mai come un esempio da seguire, sicuramente mai come un maestro da quale imparare per poi migliorare la propria vita. Un vero creatore, che sia un artista (nel senso tradizionale), uno scultore, uno che lavora la pietra, un maestro d’ornamentazione architettonica, non vale niente nella nostra società. Non dimentichiamo che l’ornamentazione è stata condannata un secolo fa come un crimine grave. Questa condanna non è mai stata revocata e, nelle scuole d’architettura, ancor oggi si continua a insegnare di guardarsi dal gran crimine dell’ornamento. Il tabù contro la lavorazione artigianale e l’ornamento non è mai stato abolito.