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Uno scarto d’energia

di Anna Pellizzone - 11/11/2010

Si è concluso ieri il terzo simposio internazionale sull’energia da biomasse e rifiuti. Sono sempre di più i residui organici dall’industria agroalimentare che gli scienziati trasformano in nuove fonti.
Metano dall’aloe vera e bioidrogeno dalla birra. Sono sempre di più i rifiuti organici dell’industria agroalimentare che gli scienziati hanno imparato a trasformare in fonti energetiche. È quanto emerge dal terzo simposio internazionale sull’energia da biomasse e rifiuti che si è concluso ieri a Venezia presso la Fondazione Cini. E così gli scarti di olive, banane, vino e bambù che provengono dalla lavorazione industriale diventano una nuova risorsa. «Le frontiere delle biomasse – ha dichiarato Raffaello Cossu, ordinario d’Ingegneria ambientale all’Università di Padova – sono in continuo cambiamento e un numero sempre maggiore di materiali, che fino a qualche tempo fa rappresentavano un problema dal punto di vista dello smaltimento, ora stanno diventando nuove fonti di energia».
 
Al simposio hanno partecipato circa 500 ricercatori ed esperti del settore delle biomasse provenienti da oltre 60 nazioni, tra cui anche Paesi in via di sviluppo come il Ghana, il Bangladesh e l’Uganda. Molte le nuove tecnologie presentate: «Una delle novità più importanti di quest’anno – ha spiegato Cossu – riguarda l’industria del vino. È emerso infatti che le vinacce, sottoposte a trattamento biologico o termico, possono essere impiegate a fini energetici, con efficienze superiori alle soluzioni convenzionali normalmente adottate». Coprotagonisti insieme al vino anche gli scarti di macelleria: dal sangue e dai resti delle carcasse che noi non mangiamo, oggi è possibile ricavare metano, attraverso un processo di digestione anaerobica che avviene in reattori chiusi. Una buona notizia, questa, soprattutto per quelle regioni, come Africa, America Latina e Asia, dove gli scarti da macello, ancora non controllati da una normativa per lo smaltimento, possono rappresentare un rischio per la salute e per l’ambiente.
 
Paese che vai, biomasse che trovi: e così, mentre il Brasile per produrre energia punta soprattutto agli scarti delle banane – 668 mila tonnellate all’anno – la Spagna guarda con interesse ai rifiuti agroindustriali dell’olio d’oliva. E l’Italia? «Nel nostro Paese – ha commentato Cossu – stiamo assistendo ad una vera e propria corsa per la realizzazione di impianti di piccola taglia che potranno rendere autosufficienti gli allevamenti attraverso la trasformazione dei reflui di suini, bovini e pollame». Cresce l’interesse anche per i rifiuti organici umidi di origine agroindustriale: gli scarti che si ottengono dalla produzione di succhi di frutta, marmellata, birra e conserve sono sempre più convenienti per la generazione di bioidrogeno.
 
«Non possiamo pensare – conclude il professor Raffaello Cossu – che le biomasse possano risolvere il fabbisogno energetico, ma di certo rappresentano anno dopo anno un contributo sempre più importante».
La regola d’oro secondo gli scienziati rimane sempre la fonte di provenienza. Meglio non usare fonti alimentari o coltivazioni di piante come la palma da olio, altamente inquinante, per produrre materiali da bruciare. Per questo gli scarti potrebbero essere la vera soluzione.