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Pianura padana: un suolo minacciato

di Olga Massari - 14/11/2010

Fonte: sottobosco

    
 
 

 

Alle elementari, da bambini, ci insegnano che la pianura padana è la pianura più fertile d’Europa e che dà all’Italia la maggior parte dei prodotti agricoli d’eccellenza internazionale (latte, formaggi, grano,carne).

Tutto vero, ma quello che non ci insegnano nella scuola dell’obbligo e che forse non tutti sanno, è che negli ultimi dieci anni il suolo fertile della pianura è stato risucchiato da una colata di cemento. No, non siamo negli anni Sessanta, quando l’abusivismo edilizio era di gran moda, siamo negli anni Duemila dove il fior fiore degli urbanisti europei studia il modo migliore per non toccare quella immensa risorsa che è l’agricoltura, che è il suolo che, anche se non ce ne accorgiamo perché viviamo in città, ci dà i suoi frutti da migliaia di anni.mecalli

È di questo e di altro ancora che si parla nell’ottimo documentario di Nicola Dall’Olio, prodotto dal WWF di Parma in collaborazione con Slow Food e che ha vinto circa un mese fa il premio del pubblico web al ViaEmiliaDocFestival, festival online del cinema documentario alla sua prima edizione.

Il suolo minacciato vuole attirare l’attenzione su qualcosa a cui si fa poco caso: migliaia di ettari di suolo agricolo, nella food valley, luogo per eccellenza della produzione alimentare, sono stati sommersi negli ultimi dieci anni da capannoni industriali villette che sorgono come funghi e centri commerciali; secondo le stime un ettaro di suolo agricolo al giorno sarebbe consumato dal cemento in quello che gli urbanisti chiamano sprawl urbano, ovvero la crescita a macchia d’olio di case e capannoni. Il tutto va ad incidere gravemente sull’ecosistema della pianura,sul suolo agricolo che è una risorsa non rinnovabile, sullo spreco che poi si va a creare anche in termini di energia e costi perché costruire nel bel mezzo della campagna richiede, per esempio, lo spostamento con mezzi di trasporto propri e la costruzione di strade e infrastrutture che deturpano il paesaggio e mettono a repentaglio il fertile suolo padano che come dice in un piccolo passaggio un agricoltore« ogni anno te semina che questa terra ti da i prodotti»

A parlare sono urbanisti, studiosi di ambiente, agricoltori e allevatori della zona, il sociologo Wolfgang Sachs, Luca Mercalli, volto noto della meteorologia, Carlo Petrini, patron di Slow Food: tutti partono dalla consapevolezza di dover proteggere il suolo dal cemento, l’agricoltura dall’urbanizzazione sfrenata.

E poi se guardiamo, ahinoi, al resto d’Europa ci accorgiamo che le cose vanno esattamente nella direzione opposta (ma tanto ormai è normale): in Francia, nell’ilê de France, dove il 95% del suolo agricolo è ancora intatto, la parola d’ordine è perennizzare gli spazi agricoli, e ci stanno riuscendo con leggi ad hoc; mentre in Germania era stato coniato una decina di anni fa, mentre da noi ricominciava la corsa alla costruzione. lo slogan 30 ettari al giorno perche facendo un breve calcolo si era visto che il suolo agricolo sarebbe stato aggredito dal cemento in maniere irreparabile mettendo a rischio l’agricoltura allora l’idea che venne ad Angela Merkel, l’allora ministro dell’ Ambiente fu che per ogni costruzione che  genera un danno ambientale si deve rigenerare un valore ecologico altrove pari a 3 ettari, se non si assicura questo non si costruisce. Insomma responsabilizzare il ciclo della costruzione è l’obbiettivo del resto d’Europa.

L’urbanista Edoardo Salzano si chiede, in un passaggio «Perché in Francia e in Germania funziona meglio? Si può controllare lo sprawl urbano perché c’è una responsabilità politica a monte, cosa che l‘Italia non ha anche se gli strumenti ci sono come il piano regolatore, i bilanci comunali..»

Fallimento culturale? L'agricoltura è debole e molti se ne vorrebbero sbarazzare, il suolo pubblico non importa, visto che è pubblico,  a nessuno.  Ma una speranza c’è: il fatto che questo documentario sia stato premiato dal pubblico ci fa pensare che stia cominciando a serpeggiare una certa sensibilità a riguardo, difendere l’agricoltura locale, combattere per non perdere le nostre eccellenze alimentari e non perdere un ecosistema importante come la pianura padana sono battaglie che non vanno sostenute nel futuro ma adesso e questo documentario potrebbe essere un buon punto di partenza.