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Bel lavoro in Afghanistan, Zio Sam

di Valerio Lo Monaco - 22/11/2010


Ma voi ve lo immaginate un qualunque combattente, di qualunque esercito, ufficiale e riconosciuto o meno, in divisa oppure no, che sente le dichiarazioni del Presidente dello Stato a capo della coalizione di aggressione enorme al proprio paese, che a guerra ancora in corso, e tutt'altro che vinta, dichiara una data di scadenza per la missione militare in atto?

Se voi foste quel combattente, e aveste di fronte un esercito di aggressione al vostro Paese, e sentiste pronunciare le stesse parole, cosa fareste?

Combattereste con tutto voi stessi, no?

Ebbene, i capi di Stato e di governo della Nato, e i rappresentanti della missione Isaf, hanno non solo dato il via libera al sedicente processo di transizione in Afghanistan, ma hanno addirittura indicato una data (i dettagli li trovate, peraltro, nell'articolo del nostro Giorgerini, oggi stesso).

Ora, qualunque strategia di guerra che voglia avere una qualche possibilità di riuscita evita nel modo più assoluto di dare indicazioni al nemico. Indicazioni di ogni tipo. Nel momento in cui tale indicazione precisa addirittura il ritiro, come in questo caso, la conseguenza è chiara: la Nato ha perso la guerra, non ha ottenuto ciò che voleva, e con la coda tra le gambe se ne torna a casa.

Inutile sottolineare i risultati raggiunti: ne parliamo spesso sul giornale e Massimo Fini in particolare, visto che lì, dal punto di vista proprio ideologico e filosofico, si combatte una guerra paradigmatica per molti aspetti. Uomini contro robot, interferenze ingiustificate nella politica interna di paesi sovrani, tentativo di esportare il (terribile) sistema di sviluppo occidentale in un luogo che ha le proprie sacrosante (anche se non condivisibili) tradizioni e usanze e ha l'assoluto diritto di farsi la propria storia come meglio crede, tanto per citarne solo alcuni.

In questo senso, la resistenza afghana - che di questo si tratta, visto che hanno subito una aggressione nel proprio paese - ha vinto.

Fossimo in Karzai scapperemmo da qualche parte. Una volta che le truppe Nato avranno lasciato l'Afghanistan, il fantoccio americano, e il suo governo, dureranno ventiquattro ore. E nella migliore delle ipotesi gli faranno la pelle.

Naturalmente, ma questo è discorso ampio che lasciamo ad altro momento (e che abbiamo già affrontato in passato), l'Afghanistan verrà lasciato pieno di macerie, con una guerra civile in atto, e in una condizione sociale ed economica che riporterà quel Paese a dieci anni addietro. Ovvero il disastro.

Ma gli afghani, in ogni caso, avranno salvato l'onore, con il sangue. Per il resto, sarà affare loro. Si chiuderà questa delirante esperienza occidentale, statunitense, in quel luogo, e tutto il denaro e il sangue versato (dei civili e dei combattenti afghani così come di tutti i militari, italiani inclusi) non sarà servito assolutamente a nulla. Come era normale che fosse e come era facile da capire, se non ci si è lasciati convincere dalla propaganda Usa e di quella degli Stati vassalli a essa inginocchiati. Italia inclusa.