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Siamo uomini o commissari?

di Massimo Gramellini - 25/11/2010

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La commissione d’esame sapeva che il tema era irregolare e lo ha proposto lo stesso. Ma non per interesse: per quieto vivere. Si parla del concorso per notai di ottobre, interrotto da un’insurrezione popolare quando gli esaminandi del resto d’Italia scoprirono che i candidati romani conoscevano già il testo della prova scritta. La procura di Roma ha interrogato i dodici commissari: tre professori, tre notai e sei magistrati. Ed è arrivata alla conclusione che l’idea malsana venne a uno solo di loro, una notaia, ma che tutti gli altri, dopo qualche sporadico distinguo, si adeguarono. Chi per negligenza o per pigrizia. E chi, i sei magistrati, dichiarandosi incompetenti come Pilato. Ma se non conoscevano la materia d’esame, a che titolo facevano parte della commissione giudicante? Sfumature da moralista, me ne rendo conto. Resta il fatto che su mezza dozzina di custodi della legge, nemmeno uno - dicesi uno - si sia sentito morsicare la coscienza e abbia pronunciato la parola più semplice e scomoda: no. Proviamo a inserire un sondino nei loro crani brizzolati: chi me lo fa fare, perché prendermi una grana, mica posso cambiare il mondo io, tanto rubano tutti...

Gli uomini sono pochi e infatti li chiamiamo eroi. Gli altri sono vili, irresponsabili e soprattutto conformisti. Insensibili alle prediche, recepiscono soltanto gli esempi. Se in alto vedono onestà e rigore, cercheranno di adeguarsi: non per slancio etico, ma per non sfigurare. Se invece sopra e intorno a loro scorrono truffe e arrembaggi, il naufragar gli sarà dolce in quel pantano.