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La missione di Putin: salvare le tigri entro il 2022

di Alessio Nannini - 26/11/2010




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Si è chiuso ieri a San Pietroburgo il summit voluto dal premier russo per proteggere i grandi felini dall’estinzione. I tredici Paesi partecipanti, fra cui Cina e India, hanno firmato un accordo che prevede investimenti per 256 milioni di euro.
Un ultimo atto del summit di San Pietroburgo dedicato alla salvaguardia della tigre è stato quello di Leonardo Di Caprio, attore americano protagonista di tante pellicole di successo e sempre vicino alla causa ambientalista, che ha fatto dono al Wwf di un milione di dollari. Un gesto che il padrone di casa, Vladimir Putin, ha commentato con virile entusiasmo definendolo muzhik, un vero uomo – medesimo appellativo che il premier russo, per buona pace di Di Caprio, aveva offerto al presidente israeliano a Moshe Katsav denunciato per stupro e violenza di due ex collaboratrici. Tanto interesse di Putin non stupisce il lettore di buona memoria, che lo ricorderà quando, due anni fa, sparò una siringa con sonnifero a una tigre davanti alle telecamere delle televisioni e per ragioni mai chiarite (e via con le copertine dei giornali).
 
Ma al di là degli inevitabili aspetti mediatici, il forum che il premier russo ha fortemente voluto nella sua città potrebbe essere stato un successo innanzitutto nell’organizzazione: quattro giorni di dibattiti e relazioni guidate dal Global Tiger Initiative, associazione creata due anni fa dal presidente della Banca Mondiale Robert Zoellick, e tredici nazioni invitate (Bangladesh, Bhutan, Birmania, Cambogia, Cina, India, Indonesia, Laos, Malesia, Nepal, Russia, Thailandia, Vietnam), cioè quelle nei cui territori vive a fatica il grande felino. Quindi un successo negli obiettivi fissati: scongiurarne l’estinzione e raddoppiare il numero di esemplari entro il 2022.
 
I dati offerti dal Wwf domenica scorsa, in apertura dell’incontro, erano stati più che drastici e segnalavano un calo degli esemplari nel giro di un secolo da centomila a poco più di tremila, e la scomparsa di tre sottospecie (Bali, Javan e Caspian). Il documento approvato ieri all’unanimità dai tredici governi potrebbe rappresentare un punto di svolta, poiché impegna i firmatari a creare un primo fondo di circa cento milioni di euro e un ampio pacchetto di azioni per aiutare le tigri a riprendersi da decenni di bracconaggio e di distruzione degli habitat forestali. I costi di questa operazione saranno a carico degli stessi Stati, ai quali si aggiungerà un fondo di cinquanta milioni del Wwf destinato alla conservazione della tigre.
 
La Banca Mondiale, sponsor del summit, e il Fondo Globale per l’Ambiente hanno garantito importanti prestiti al progetto e ad alcuni degli Stati (quelli le cui difficoltà economica impedirebbero una seria dedizione allo scopo). Ma per la realizzazione di tutti gli obiettivi nei prossimi dodici anni servono ancora 350 milioni di dollari. E serve soprattutto l’impegno di chi conta. L’interesse personale di Putin sulle sorti delle tigri ha fatto sì che nell’estremo oriente russo il numero delle tigri dell’Amur salisse da cento esemplari a quasi cinquecento in cinque anni. Altrove, a Bali e in Asia, il numero di uccisioni annuali tocca invece i centocinquanta esemplari. Chissà se l’anno zodiacale della tigre in Cina si riveli di buon auspicio.