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La UE e gli “hedge funds”: regolazione contro l’Europa

di Jean-Claude Paye - 29/11/2010

Fonte: italiasociale




Con squilli di tromba, l’Unione Europea ha appena adottato un regolamento di hedge funds per sorvegliare il rischio sistemico che questi fanno correre all’economia. In realtà, come osserva Jean-Claude Paye, la nuova direttiva è un colabrodo che avrà l’effetto inverso a quello per cui è stato creato. Il suo vero obiettivo è di controllare sommariamente i fondi europei,per aprire la porta ai fondi di stato statunitensi che, proprio questi, potranno speculare senza limite a spese degli Europei.

A differenza delle istituzioni finanziarie, banche, assicurazioni, imprese d’investimento che fanno pubblico appello al risparmio, gli hedge funds non hanno controlli specifici. Possono fare pieno uso delle deroghe al regolamento. Tuttavia se i fondi di speculazione non sono la causa dell’attuale crisi, ma piuttosto l’allentamento del credito bancario e la creazione del denaro che questo induce, è finalmente stato svelato il rischio sistemico che gli hedge funds fanno correre a tutto il sistema finanziario. Infatti, per ottenere elevati rendimenti, si è ricorso alla leva finanziari. Prendono in prestito forti somme di denaro dalle banche per compensare la debolezza della loro posta in gioco e producono, in caso di problemi, un effetto moltiplicatore degli squilibri.
Non considerando la possibilità offerta di indebitarsi e di creare bolle finanziarie, l’Unione europea evita di preoccuparsi della questione essenziale. La direttiva sugli hedge funds designa formalmente un capro espiatorio nei fondi speculativi dei quali tuttavia non ne aumenta la sorveglianza ma al contrario ne elimina di fatto la possibilità di controllo delle autorità nazionali.

Una regolazione con l’inganno.

Questo progetto finge semplicemente di esercitare un controllo sugli hedge funds e non costruisce una sorveglianza a livello comunitario. Non stabilisce un passo avanti nella creazione di uno spazio finanziario europeo. Al contrario la direttiva estende il livello nazionale di accreditamento di questi fondi permettendo agli organismi domiciliati in uno Stato membro di avere, senza l’autorizzazione di ogni autorità nazionale, l’accesso all’insieme dei territori nazionali che compongono la UE. Invece dell’effetto annunciato, il testo rinforza la nazione dominante a livello finanziario e quindi la posizione della City londinese che gestisce la maggior parte dei fondi speculativi collocati su suolo europeo.

La direttiva è già presentata come inscritta nella lotta contro i paradisi fiscali, mentre in realtà, tramite la City, apre a questi ultimi la porta dell’Unione europea, senza alcun controllo da parte degli Stati membri , esclusi quelli favorevoli delle autorità inglesi.

La proposta della direttiva AIFM(Alternative Investment Fund Manager) dopo esser stata accettata il 26 ottobre,è stata finalmente votata dal Parlamento europeo l’ 11 novembre 2010. E’ stato chiesto all’assemblea di legittimare un testo quadro che dia poteri discrezionali alla Commissione. La direttiva lascia un grande margine di manovra alla Commissione per determinare o per non precisare i punti cardine della legislazione come il fissaggio dei livelli massimi di leva, le procedure di valutazione, le restrizioni delle operazioni di vendita allo scoperto e questo nel momento dell’applicazione della direttiva, ma anche dopo il suo stanziamento. Si tratta, per il Parlamento, di emettere un assegno in bianco alla Commissione così come “all’auto-regolazione”del sistema finanziario.

Il testo fissa formalmente un quadro europeo per gli hedge funds,creando un”passaporto” che permetta la commercializzazione dei fondi in tutta la UE senza dover ottenere un’autorizzazione in ogni paese. I gestori europei potranno liberamente commercializzare i loro fondi a partire dal 2013. Il passaporto verrà conferito ai paesi offshore nel 2015.Verrà riservato a quei paesi firmatari dell’accordo di cooperazione fiscale e della lotta contro il riciclaggio.

La questione del “passaporto” è stata al centro dei negoziati sulla direttiva AIFM iniziati un anno e mezzo fa tra la Commissione, il Consiglio e il Parlamento europeo.
Il conflitto ha formalmente opposto il Regno Unito, reticente ad ogni forma di regolazione degli hedge funds, alla Francia e al Parlamento della UE.

Un seme di sesamo che dà l’accesso all’insieme del mercato europeo.


Se il passaporto darà l’accesso all’insieme del territorio europeo,dipenderà esclusivamente dalle autorità di supervisione nazionali. Verrà fornito dall’Autorità di supervisione del paese d’origine una volta prestato giuramento, dalla futura Autorità di regolazione comunitaria dei mercati finanziari(ESMA) che sarà operativa ad inizio 2011. L’ESMA gestirà inoltre il registro dei managers dei fondi autorizzati ad operare nell’Unione. Disporrà di un potere di arbitraggio in caso di conflitto tra le autorità nazionali sulla natura e sulle garanzie date dal fondo.

Come ogni piazza finanziaria situata in uno Stato membro, la City di Londra, luogo in cui sono domiciliati il 70-80%degli hedge funds, dipenderà solo dalla struttura di controllo britannico. Così, invece di formare un quadro regolatore europeo, la direttiva favorirà la concorrenza tra gli Stati membri. Nulla impedirà ai gestori di scegliere il loro paese di registrazione in funzione del grado di compiacenza delle autorità nazionali nei loro riguardi.

I gestori dei fondi hanno ora l’obbligo di definire una leva d’indebitamento massimo. Questa informazione viene trasmessa alle autorità nazionali del paese europeo in cui il gestore è registrato. Ma nulla nella direttiva, obbliga quest’ultima ad agire quando la leva viene giudicata eccessiva.
E l’ESMA, il regolatore europeo dei mercati finanziari, non avrà più il potere di costringere l’autorità nazionale a farlo.

La direttiva non si dà dei mezzi per controllare il reale livello d’indebitamento. Orbene, è proprio questo l’origine del rischio sistemico indotto dai fondi speculativi. In effetti, questi hanno pochissimo capitale proprio e lo chiedono massivamente in prestito alle banche. Ne deriva una capacità d’azione moltiplicata sui mercati fuori misura con i loro capitali.

Nei fatti, la direttiva non tocca la leva d’indebitamento. Essa obbliga semplicemente i fondi speculativi a comunicarlo alle loro autorità di controllo senza obbligo da parte di queste ultime di intervenire in caso di problemi.
Si tratta soprattutto di mantenere l’indipendenza dell’insieme del sistema finanziario. Come sottolineato da Guido Bolliger, capo dell’Investment Officer dell’Olympia Capital Management:
“Piuttosto che passare attraverso una direttiva sarebbe stato più semplice costringere l’effetto leva che le banche d’investimento possono assegnare agli hedge funds aumentando il carico di capitale sulla leva accordata nelle operazioni di prime brokerage”.


Il dominio della finanza anglosassone.

Una disposizione dell’accordo si presenta come il mezzo per lottare contro i paradisi fiscali. I fondi speculativi, situati nei paesi che non assicurano uno scambio effettivo d’informazioni, specialmente fiscali, non potranno più essere commercializzati nell’Unione Europea. La questione è importante quando si sa che l’80% degli hedge funds sono collocati nei centri offshore.

Tuttavia,in seguito alle pressioni di Londra, il testo finale limita il campo della direttiva alla commercializzazione detta”attiva”. Questo significa concretamente che nulla impedirà ad un investitore europeo, una banca, una compagnia di assicurazioni, un organismo di collocamento collettivo, di acquistare parti dei fondi situati fuori dell’Unione europea che non otterranno un passaporto europeo per mancato rispetto dei criteri della direttiva. Questa disposizione dà così accesso nel territorio europeo ai capitali collocati nei paradisi fiscali in contatto con la City, come i territori anglo-normanni e le isole Cayman o ad esempio quelli gestiti direttamente dagli Stati Uniti come lo Delaware.

Si tratta di una violazione dello spirito della legge poiché in questo caso nessuna informazione sarà trasmessa alle autorità di regolamentazione che in questo modo non potranno valutare l’esposizione al rischio degli”investitori”europei. Ma si tratta soprattutto di un nuovo abbandono dei paesi membri della UE all’onnipotenza della finanza anglosassone. Questa non è l’occasione ferma per uno stato membro della UE, di depositare un ricorso davanti all’ESMA in caso di controversia con l’autorità nazionale di un paese terzo che potrà modificare il rapporto delle forze.

La direttiva contribuiscesi dunque alla strutturazione dei mercati finanziari rilevata dal G20 nell’aprile 2009 sulla” lotta contro la frode fiscale” vale a dire sulla legittimazione del dominio anglosassone sulla finanza europea. Tuttavia, il primato della City a livello dell’Unione europea per quel che riguarda la gestione dei fondi speculativi è schiacciante( l’80% dell’industria di questi fondi è britannica contro il 5% della Francia)questa potenza deve essere ridimensionata.
I fondi inglesi rappresentano 212 miliardi di dollari, relativamente ad un montante di 1000 miliardi di dollari per quelli situati negli USA, così la piazza londinese appare prima di tutto come il cavallo di Troia degli hedge funds statunitensi.

Traduzione di Stella Bianchi da mondialisation .ca
per italiasociale.net

Jean-Claude Paye è un sociologo.
Ultime opere pubblicate:La fin de l’Etat de droit,ed. La dispoute 2004;
Global War on Liberty,ed.Telos Press