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Wikileaks: segnali di terremoto in arrivo

di Aldo Giannuli - 05/12/2010

Fonte: aldogiannuli


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Wikileaks sinora ha dimostrato di fare il serio: quando ha annunciato qualche pubblicazione, poi non ha sgarrato di un giorno. Ora si parla di documenti riguardanti le banche americane (forse una in particolare) e si parla di 2.700.000 mail (avete letto bene: duemilionisettecentomila). Immaginiamo che questo darà vita alla più feroce caccia all’uomo di tutti i tempi ed il mandato di cattura internazionale, che mette in moto l’Interpol, è già un segnale in questo senso: in fondo non ricordiamo precedenti di un mandato di cattura internazionale per un reato di violenza sessuale. Ma immaginiamo che anche Assange abbia preso le sue precauzioni. Peraltro, non è affatto sicuro che anche una eventuale cattura del fondatore di Wikileaks scongiurerebbe la pubblicazione.

E’ lecito aspettarsi anche un serrato bombardamento informatico sul sito, che sarà tenuto costantemente sotto attacco, ma se non ci sono riusciti a bloccarlo sinora, significa che la tecnica di mutare continuamente server funziona (o magari ci saranno anche altri trucchi più sofisticati). In ogni caso, la possibilità che i testi alla fine vengano fuori, ha ottime probabilità di concretizzarsi. E la cosa promette di avere effetti molto più devastanti delle precedenti uscite.

Forse sbagliamo, ma molti segnali avvertono su un terremoto in arrivo.
Nei pezzi precedenti abbiamo sostenuto che, con ogni probabilità, siamo in presenza di una delle più vaste e sofisticate operazioni di intelligence che siano mai state attuate. E’possibile che Assange ed i suoi amici siano davvero quello che dicono di essere e, cioè, un gruppo di giornalisti free lance che intende pubblicare senza censura; questo però non impedirebbe che, attraverso un’azione intossicativa, essi possano essere i veicoli, più o meno coscienti, di una operazione di guerra informativa. Ed è esattamente quello che pensiamo.

Allora poniamoci il problema della possibile, provenienza del colpo.
I sospetti principali sono quattro:
a- una manovra interna ai servizi americani in funzione anti Obama;
b- i servizi segreti cinesi;
c- i servizi israeliani;
d- i servizi russi;

La prima ipotesi è quella privilegiata, in considerazione del rischio di una fuga di notizie dall’interno; ed è ancora in buona posizione, ma perde terreno in riferimento alla pubblicazione di documenti compromettenti per le banche: non si capisce bene quale utilità possa venire a qualche frazione dei servizi americani da un terremoto bancario (ovviamente, sempre che i documenti vengano fuori e non siano acqua fresca).

Passiamo, dunque, alle piste esterne, iniziando dall’ipotesi meno forte: i russi. Il Fsb, che ha raccolto l’eredità del Kgb, è un servizio segreto di primo ordine e sicuramente in grado di effettuare una operazione di questa complessità. D’altra parte Putin ne esce molto bene dai report (l’accusa di Mafia non è di quelle che possano fare chissà che effetto ad uno come lui) e, semmai, chi ne esce fracassato è Medvedev che viene fuori come un personaggio inconsistente ed assolutamente non in grado di reggere il confronto con il suo rivale. Per la verità, la Russia avrebbe anche interesse a destabilizzare gli Usa sia da un punto di vista economico che politico-militare (si vedano le polemiche sulla questione dello scudo missilistico). Però i russi non sono i maggiori interessati all’operazione che, per altri versi, presenta molti rischi. E’ una ipotesi da tenere in considerazione, ma con molti dubbi in proposito.

Più consistente è la pista israeliana: come già si è detto in queste pagine, i report più esplosivi sono quelli mediorientali e il loro effetto è quello di spingere verso la guerra con l’Iran, l’obbiettivo strategico prioritario di Israele in questa fase. D’altro canto, considerando la prossimità dei servizi israeliani a quelli americani, questo potrebbe anche prestarsi ad una convergenza di interessi, anche perchè Obama non ha mai suscitato particolari entusiasmi in Israele. Sin qui va bene, ma le banche che c’entrano? Anzi, se questa bordata producesse effettivamente effetti di largo raggio questo sarebbe in contraddizione con gli interessi israeliani: degli Usa impantanati nel Vietnam bancario sono anche assai meno disponibili ad imbarcarsi in una guerra come quella con l’Iran. Senza contare i ben noti legami fra Wall Street e Tel Aviv che rendono poco probabile uno scherzo del genere. Dunque, anche qui, teniamo presente, ma con beneficio di inventario e vediamo cosa c’è sulle banche.

E veniamo all’indiziato più consistente: la Cina. Come si sa, fra i fondatori di Wikileaks c’era un consistente gruppo di dissidenti cinesi (e, per la verità, il sito si è molto speso nelle denunce alle violazioni dei diritti umani in Cina). E’ probabilissimo che i dissidenti siano realmente tali, ma cosa impedisce che fra loro ci sia un infiltrato? Peraltro è normale che un sito del genere abbia attirato le attenzioni di Pechino che, ad un certo punto, possa aver deciso di servirsene.

Ma il nocciolo della questione è un altro: la Cina è sicuramente oggi l’attore più interessato a destabilizzare economicamente gli Usa nel quadro della guerra valutaria in pieno corso. A Pechino compaiono libri sulla “cospirazione della Goldman Sachs” e i segnali di nervosismo verso gli Usa si infittiscono, in particolare dopo la assegnazione del Nobel a Liu Xiaobo.
Molto dipende dalla carica effettiva che verrà fuori a gennaio sulle banche: se si tratterà di una bordata a salve, allora si sarà trattato di un diversivo e riprenderanno quota la pista interna e quella che porta a Tel Aviv, se, invece, dovesse trattarsi di una scarica di quelle da mettere a terra un gigante di Wall Street, magari proprio la Goldman Sachs, scatenando una corsa agli sportelli da far impallidire la crisi di due anni fa, allora la pista che porta a Pechino registrerà una impennata.

Ma se così fosse, dovremmo aspettarci una intensificazione dello scontro senza precedenti e forse entreremmo in una fase decisamente calda della guerra fra l’aquila americana ed il drago cinese.
Di che essere preoccupati. Molto preoccupati.