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L'Eni, la Nigeria e le anime belle

di Gennaro Scala - 09/12/2010



Non credo affatto alla casualità di alcune recenti contestazioni all'Eni riguardo al suo ruolo, e a quello di altre compagnie petrolifere, relativamente alla corruzione del governo nigeriano, il quale avrebbe usato la mano dura causando centinaia di morti fra i nigeriani che si oppongono allo sfruttamento del proprio territorio. E' alquanto strano che tali contestazioni, riguardanti fatti noti da qualche anno, siano apparse proprio nel momento in cui è partito un attacco mediatico riguardo gli accordi con la Russia relativi al gasdotto Southstream. Sicuramente ci sono dei contestatori in buona fede, ma forse gli ispiratori lo sono meno. Quanto mai sospetto il fatto che questi gruppi non dicano nulla sull'attacco mediatico a cui è sottoposto l'Eni per gli accordi con la Russia, avversati soprattutto da una parte dell'amministrazione americana, quella che ha consentito lo scherzetto di Wikileaks.

L'atteggiamento da anima bella è il corrispettivo antitetico-polare dell'attitudine imperialistica, ne è un rafforzativo perché ne dimostra in negativo la necessità.  E' un modo per rifarsi la coscienza, ma cancellando i rapporti reali i quali restano il regno animale dello spirito. Infatti, se contestiamo l'Eni senza allo stesso tempo rilevare la sua crucialità per l'economia nazionale, ognuno che non è disposto a rinunciare al livello di vita garantito tutt'ora soltanto dal petrolio non potrà che dedurre che tali metodi sono necessari.

Quanto detto fu rappresentato in modo esemplare nella memorabile parte finale di un film di Alberto Sordi del 1974 Fin che c'è guerra c'è speranza. Il protagonista, un mercante d'armi, decide di mettere alla prova dei fatti i suoi familiari, moglie, figli e suocera, scandalizzati dall'aver scoperto dai giornali la sua vera professione, la quale, per quanto moralmente condannabile, consentiva loro un elevato tenore di vita. Il protagonista propone un patto ai familiari, abbandonerà la sua professione se loro saranno disposti a rinunciare alla “bella vita”. Egli andrà a dormire, per fargli sapere la sua decisione basterà non svegliarlo il mattino successivo di buon'ora quando dovrà partire per uno dei suoi viaggi di affari. Verrà svegliato addirittura mezz'ora prima.

Da tali anime belle gli “oppressi” del mondo non riceveranno mai nessun aiuto concreto, è solo un altro volto della "superiorità occidentale", come d'altronde credo già sappiano benissimo. Di fatti, la benevolenza altrui non migliorerà mai la propria condizione, anzi nella maggior parte dei casi nasconde l'inganno, può farlo soltanto la lotta "in proprio". Quindi, a chi in Nigeria pretende migliori condizioni, va la mia simpatia e ammirazione, la quale sempre suscita, almeno per chi la pensa come il sottoscritto, chi lotta per migliorare le proprie condizioni. Se i i nigeriani porteranno fino in fondo la loro lotta, le compagnie petrolifere non potranno che adeguarsi. D'altronde, lo stesso Mattei basò la propria concorrenza alle “sette sorelle” sull'appoggio ai movimenti di liberazione arabi. In mancanza di tale lotta, data la realtà oggettiva del mondo fondata sulla concorrenza mortale non serviranno le belle parole.

Per quanto ci riguarda, non cambia in nulla il nostro sostegno all'Eni quale industria cruciale su cui puntare per recuperare un livello accettabile di indipendenza nazionale.