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Il cattolicesimo scismatico è nel Vaticano?

di Don Francesco Ricossa - Fiorenza Licitra - 13/12/2010


 
 
 

Ordinato sacerdote da monsignor Lefebvre, Don Francesco Ricossa è superiore dell’Istituto Mater Boni Consilii, a Verrua Savoia, in provincia di Torino. Nel panorama italiano, rappresenta i cosiddetti “sedevacantisti”, sfavorevoli alle innovazioni apportate alla liturgia e alla dottrina, durante il Concilio Vaticano II, che non riconoscono l’autorità di chi vuol mantenere queste innovazioni, incluso Benedetto XVI. 
L’intervista che segue è testimonianza del profondo scisma interno alla Chiesa, di cui pochi sanno, tra i tradizionalisti cattolici e i modernisti, sostenitori della democratizzazione ecclesiastica, di cui gli ultimi Papi sono eminenti sostenitori.

La Chiesa non può modernizzarsi perché la fede è immutabile?
«È così. Al contrario, l’eresia modernista ha, tra i suoi vari scopi, proprio quello di adattare la fede ai tempi moderni. È una concezione evoluzionistica della fede, che diviene prigioniera della storia, anziché derivare dalla trascendenza, da Dio che è la verità e la verità non muta. Il Concilio Vaticano II, facendo sue le istanze moderniste, ha aperto una profonda crisi dal momento in cui, in diversi testi del Concilio, ha fatto affermazioni contraddittorie o contrarie a quello che la Chiesa ha sempre insegnato. Si pone un problema di coscienza per il cattolico e allo stesso tempo un grandissimo dubbio: come può essere accaduta una cosa del genere? Ratzinger ha proposto un’ermeneutica della continuità proprio perché si rende conto che un cattolico  non può affermare una rottura nell’insegnamento della Chiesa; al contempo, però, spiega e giustifica la continuità nella novità, il che non vuol dire altro che riconfermare la rottura.»

Questo perché resta una spiegazione sempre contingente?
«Esatto. Il tipo di giustificazione che lui dà è sempre ancorata allo storicismo. È l’idea dei riformatori per cui la tradizione è affermata ancora meglio oggi tornando a delle origini, che però sono fittizie. E’ stata fatta tabula rasa di qualche secolo di vita e insegnamento della Chiesa, considerati ormai come un periodo caduco e passato.»

C’è davvero alleanza tra giudaismo e  cristianesimo?
«Bisogna vedere cosa si intende con il termine giudaismo. Se si intende la fede e la religione dei patriarchi e dei profeti nell’antica Legge, allora non c’è dubbio che il cristianesimo continui e porti a compimento quella fede; se invece per giudaismo intendiamo la dottrina dei farisei, che ha trionfato presso la maggior parte degli ebrei e che, quindi, attualmente è la vita religiosa, la dottrina, il pensiero della maggior parte degli ebrei di oggi, allora questa dottrina non ha in sé niente a che vedere con quella dei  profeti, è anzi la nemica mortale del cristianesimo.
Gesù stesso, nel Vangelo, ricollegò spiritualmente i giudei che a Lui si oppongono - quelli che oggi continuano il giudaismo - a coloro che perseguitarono i profeti, rendendoli colpevoli di tutto il sangue versato da Abele fino a Lui. Quindi, tra l’una e l’altra realtà, c’è un contrasto insanabile. Recentemente, sull’Osservatore Romano, è apparso un articolo di Renzo Gattegna, il presidente dell’Unione delle comunità ebraiche italiane, nel quale invita la Chiesa a dichiarare ufficialmente di rinunciare a ogni idea di convertire gli ebrei e persino di pregare per la loro conversione. Il rifiuto di Gesù Cristo persiste; lo scontro tra chi crede in Lui e chi lo nega è totale, non c’è una possibilità di accordo.»

Lei come giustifica l’intromissione e l’influenza ebraiche rispetto alla liturgia cristiana?
«Come si può tollerare, per l’appunto, che degli estranei alla religione cristiana  pretendano insegnare ai cristiani come debbano pregare? E’ qualcosa di inaudito, ha ragione, ma si può comprendere solo tenendo conto  dello strapotere – economico, politico, sociale e religioso-  di cui gode attualmente il giudaismo. Ne vuole una prova? Sono gli unici che non possono essere criticati. Se poi a qualche ecclesiastico sfugge ancora una dichiarazione sgradita, non mancano i mezzi per intimidirlo. Non sono casuali le campagne diffamatorie per accusare la Chiesa di ogni sorta di crimine: dall’antigiudaismo dei Vangeli a quello dei Padri della Chiesa, dall’Inquisizione ai “silenzi” di Pio XII,  per cui la Chiesa si sarebbe resa corresponsabile di duemila anni di delitti. Ma queste minacce, queste campagne diffamatorie non avrebbero alcun effetto se all’interno della Chiesa non ci fossero degli uomini che hanno delle idee incompatibili con la fede cattolica, che li rendono succubi nei confronti dei loro stessi nemici.»

Rendendo, di conseguenza, opinabile il dogma che perde di autorità?
«Non dicono esplicitamente che i dogmi sono opinabili, ma sostanzialmente così è. Per il modernismo il dogma è nominalmente mantenuto, ma interpretato in modo diverso. Un modernista non può essere l’autorità che è al servizio della Verità. L’autorità viene da Dio e questo in modo particolare nella Chiesa, che è una società  sovrannaturale: il Papa governa in quanto vicario di Cristo, è Cristo che la governa con lui e per suo mezzo. Non è possibile quindi attribuire il cambiamento così profondo  nella dottrina e nella tradizione  della Chiesa, a Gesù Cristo stesso, non è possibile dunque che venga da una vera autorità quale è quella del Papa.»

A proposito, Papa Wojtyla è stato un vero modernizzatore, ha cioè fatto un grande male alla Chiesa, ed è stato anche grande fautore della globalizzazione…
«Sì, assolutamente. Da un punto di vista religioso, la globalizzazione prende l’aspetto di dialogo interreligioso. La religione, però, a questo punto diviene un fenomeno antropologico: viene solo dall’uomo, dal suo sentimento religioso.»

Non dall’alto, quindi?
«Ecco, appunto. La famosa riunione di Assisi - quando Giovanni Paolo II si è incontrato con i capi delle altre religioni per pregare per la pace, per un fine cioè secolarizzato – è stata solamente un rendere visibile l’idea che tutte le religioni sono buone perché in fondo vengono dalla stessa fonte, che è l’uomo.»


Papa Ratzinger sembrerebbe leggermente più ortodosso e, invece, anche lui…
«Ci sono delle differenze di sensibilità nella storia personale di ciascuno, ma nient’altro. Il problema reale non è una questione di persone (Roncalli, Montini, Wojtyla, Ratzinger); il problema reale è l’eresia modernista condannata da San Pio X e che ha trionfato al Concilio Vaticano II. Durante il Concilio, Joseph Ratzinger era un giovane teologo, perito del cardinale Frings, era cioè uno degli esponenti di quella “nouvelle théologie” che si proponeva di “abbattere i bastioni”: il Sant'Uffizio, la curia romana, la teologia tomista, il papato come era stato concepito fino ad allora. Tanto è vero che quando si discusse in aula della Collegialità - uno dei temi conciliari più importanti, poiché i modernisti intendevano ridiscutere i rapporti tra i vescovi e il Papa, a tutto vantaggio dei vescovi e a scapito dell’autorità del Papa, in una sorta di democratizzazione della Chiesa,  uno dei teologi di punta dei novatori fu proprio Ratzinger. E quando Paolo VI cercò un compromesso, poiché un grande numero di Padri gli aveva scritto, asserendo che la nuova dottrina non era cattolica, Ratzinger si oppose a questo compromesso (la “nota praevia”) perché lo considerava un tradimento del Concilio. Era tra i più schierati in favore delle novità. Tale è rimasto, solo che gli altri sono andati oltre. I rivoluzionari degli anni ’60 spesso sono i conservatori di oggi.»

Cosa succederebbe tra i modernisti se ci fosse un vero Papa?
«La crisi attuale è la più grave della storia della Chiesa. Credo, però, che Dio ridarà alla Chiesa un’autorità e prego affinché chi oggi occupa la sede di Pietro, o un suo successore, possa essere veramente e legittimamente il Vicario di Cristo.  Non fu Gesù Cristo a trasformare il fariseo Saulo, persecutore dei cristiani, nell’apostolo Paolo? Una simile conversione potrebbe succedere ancora, come e quando piacerà al Signore. Certo che, umanamente parlando, se un Pontefice, degno di questo nome, insegnerà di nuovo la Verità e condannerà l’errore, ci sarà uno scisma; ma in fondo questo scisma  non esiste di già?»

Perché questo scisma non è stato proclamato ufficialmente?
«A causa delle caratteristiche proprie del modernismo: essere ciò un’eresia che vuole cambiare la Chiesa dall’interno. Lutero ad esempio rifiutò la dottrina della Chiesa, il Papa allora lo scomunicò, lui bruciò la bolla della scomunica, proclamando che la Chiesa era la prostituta di Babilonia e il Papa l’Anticristo. A quel punto uscì dalla Chiesa per fondare una “chiesa” evangelica o luterana. Il modernista, invece, vuole cambiare la Chiesa dal di dentro e, quindi, intende restarvi a tutti i costi. Come Mons. Primo Vannutelli, personaggio noto a pochi di cui parlo nella rivista Sodalitium, il quale in gioventù incorse in una sospensione a divinis poiché era coinvolto con i capi del modernismo, tra cui Buonaiuti. Per essere assolti, prestarono il giuramento antimodernista, incuranti dello spergiuro. Dopo la morte di Vannutelli però si venne a sapere che aveva lasciato un testamento spirituale in cui proclamava il suo amore per Gesù Cristo e per la Chiesa e nello stesso tempo confessava di non credere che Gesù fosse Dio; poco o nulla per lui distingueva il cristianesimo dalle altre due “religioni abramitiche”. Per questo San Pio X, il Papa che condannò il modernismo, disse che questi signori si nascondevano nel seno e nelle viscere stesse della Chiesa. Bisognerebbe espellere questi eretici come si estirpa un tumore, ma dato che occupano ormai le Sedi più alte, non possono certo cacciare se stessi.»

Il Concilio Vaticano II ha compartecipato al fatto che la Chiesa sia un’istituzione sempre più moralistica e sempre meno dottrinale?
«Sì, basta leggere il documento conciliare Gaudium et spes, sul rapporto tra la Chiesa e il mondo moderno. Tuttavia, anche in materia morale c’è una decadenza enorme. Bisogna, perciò difendere il dogma come la morale, il Vero e il Bene, l’uno e l’altro. Se crediamo, ma viviamo in contraddizione con la nostra fede, non valiamo nulla; e se cerchiamo di vivere bene, ma non crediamo, non valiamo nulla. Purtroppo oggi la fede è considerata da molti come qualcosa di secondario: quando si pensa alla religione cattolica, si pensa alle opere benefiche, all’assistenza dei poveri, o ai nostri problemi esistenziali, piuttosto che al mistero della Trinità, dell’Incarnazione o della Redenzione. Per cui ha ragione: la Chiesa è vista oggi soprattutto come una istituzione moralistica e secolarizzata, e questo è dovuto alla perdita della fede ed al naturalismo diffuso.»