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Il misticismo vive in tutte le culture

di Giovanni Reale - 16/12/2010




Il termine «misticismo» esprime una esperienza spirituale che congiunge il soggetto con l’oggetto, e in particolare l’unione o identificazione spirituale dell’anima con Dio. Il misticismo è ritenuto in genere connesso quasi esclusivamente con la religione cristiana. Ma, in realtà, si tratta di un fenomeno a vasto raggio che si estende non solo a tutte le grandi religioni, ma anche alla filosofia, e proprio a partire da quella classica. La prima testimonianza di tale esperienza si ha nel Simposio di Platone, nel finale del discorso che Socrate fa sull’Eros (come hanno riconosciuto non pochi studiosi: P. Natorp, A. E. Taylor, G. Krüger, K. Richter). Si tratta di quel momento della vita «che più di ogni altro merita di essere vissuto» , in cui si contempla il Bello in-sé, e ci si sente pronti «pur di vedere l’amato e stare sempre insieme a lui, a non mangiare e bere se fosse possibile, ma contemplarlo solo e stare con lui» e in cui diventiamo immortali. Nell’ambito del pensiero greco l'esperienza mistica si ritrova solo in Plotino (e nei neoplatonici), con approfondimenti paradigmatici. Nelle Enneadi leggiamo: «Questo è il fine dell’Anima: aver contatto con la luce di Lui e vedere la luce con la luce, ma non con la luce di qualcos’altro. Egli infatti è la stessa luce grazie alla quale essa può vedere (...). Ma come può avvenire questo? Spogliati di tutto!» (traduzione di R. Radice, Mondadori). Cerca di congiungerti «solo con Lui solo» . In epoca moderna Hegel ha ripreso la figura della mistica addirittura come espressione metaforica del concetto di «speculativo» come unità inclusiva del soggettivo e dell’oggettivo, e dice: «Si deve ricordare che per speculativo si va inteso quello che in altri tempi, soprattutto in relazione alla coscienza religiosa e al suo contenuto, soleva essere definito mistico» . L’esperienza mistica è comunque per sua natura connessa con il religioso, come viene mostrato nel bel libro di Marco Vannini, La mistica delle religioni (Le Lettere, pp. 389, e 20) in questi giorni in libreria. Vannini — uno dei massimi esperti in materia a livello nazionale e internazionale — analizza in modo dettagliato questa esperienza spirituale nell’induismo, nel buddismo, nell’ebraismo, nell’islamismo leggiamo: «Questo è il fine dell’Anima: aver contatto con la luce di Lui e vedere la luce con la luce, ma non con la luce di qualcos’altro. Egli infatti è la stessa luce grazie alla quale essa può vedere (...). Ma come può avvenire questo? Spogliati di tutto!» (traduzione di R. Radice, Mondadori). Cerca di congiungerti «solo con Lui solo» . In epoca moderna Hegel ha ripreso la figura della mistica addirittura come espressione metaforica del concetto di «speculativo» come unità inclusiva del soggettivo e dell’oggettivo, e dice: «Si deve ricordare che per speculativo si va inteso quello che in altri tempi, soprattutto in relazione alla coscienza religiosa e al suo contenuto, soleva essere definito mistico» . L’esperienza mistica è comunque per sua natura connessa con il religioso, come viene mostrato nel bel libro di Marco Vannini, La mistica delle religioni (Le Lettere, pp. 389, e 20) in questi giorni in libreria. Vannini — uno dei massimi esperti in materia a livello nazionale e internazionale — analizza in modo dettagliato questa esperienza spirituale nell’induismo, nel buddismo, nell’ebraismo, nell’islamismo e nel cristianesimo. La tesi di fondo del libro è che il misticismo si connette soprattutto con il cristianesimo, che si incentra su Cristo come Dio fatto uomo: «Ciò equivale a dire che il cristianesimo è religione mistica per eccellenza, e non nel senso che al suo interno la mistica può svilupparsi e fiorire (...) nel senso che "mistica"è l’essenza stessa del cristianesimo, il quale, senza la mistica, resta mera "credenza", non diversamente dalle altre religioni» . Fra le altre religioni quella che ha connessioni con il misticismo in maniera meno lontana dal cristianesimo è l’induismo: «Nella religione classica dell’India, a partire dai Veda e dalle Upanishad, è innanzitutto presente il concetto dell’unità essenziale di Dio e uomo: "questo sei tu", dice appunto la parola sacra delle Upanishad, rivelando all’uomo la sua realtà divina» . In questi giorni il lettore troverà nelle librerie la nuova edizione (con testo sanscrito a fronte) delle Upanishad a cura di Raphael (Bompiani, pp. 1.237, e 20), dove si legge: «Colui che ha realizzato il senza misura è beato e senza dualità» ; «Si cerchi con estremo impegno di purificare la mente (...). Si diviene ciò che si pensa» . Vannini ritiene che il maggiore dei mistici cristiani sia Meister Eckhart (1260-1327/8), e dal punto di vista teoretico ha ragione; tuttavia, per l’afflato poetico Giovanni della Croce (1542-1591), del quale è in libreria dal primo dicembre l’opera omnia (con testo spagnolo a fronte) a cura di Pierluigi Boracco (Bompiani, pp. 2.450, e 45), non è da meno. È un’opera accuratissima, che presenta gli scritti del santo a partire da quelli minori che contengono in nuce concetti sviluppati nelle successive grandi opere, la Salita del Monte Carmelo e la Notte oscura. L’uomo deve (come diceva Plotino) spogliarsi di tutto per poter congiungersi con Dio. Scrive Boracco: «Il libro della Salita del Monte Carmelo e il commento alla Notte oscura sono totalmente dedicati alla radicale spogliazione di sé, al vero e proprio denudamento che l’uomo deve saper operare in vista di questo coniugium (l’unione coniugale), dove Dio si consegnerà nudo e senza veli come già l’Uomo posto sulla Croce» . Per chi si accinge alla lettura di libri come questi vale, in ogni caso, ciò che Taylor diceva: «Se non abbiamo in noi quel tanto di misticismo necessario per considerare l’annullarsi e il rinnovarsi dell’anima come il compito essenziale della vita, il discorso non avrà per noi un valore reale e non potremo fare altro che considerarlo un "bel sogno"mitologico» .