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L'avvio della transizione verso una nuova economia

di Gianfranco Bologna - 30/12/2010

 

 

Il 2010 si conclude lasciando qualche barlume di speranza per la soluzione dei pesanti problemi sociali, ambientali ed economici che le nostre società hanno continuato a sottovalutare per decenni e che oggi si stanno palesando in tutta la loro gravità.
La drammatica crisi economica e finanziaria dal 2008 ci sta dimostrando che non è possibile proseguire su di una strada veramente insostenibile, sotto tutti i punti di vista, per il futuro dell'intera umanità. E' giusto quindi valutare quel poco che di positivo è scaturito nelle due Conferenze delle Parti di due importanti Convenzioni internazionali destinate ad ottenere risultati concreti nel governo dei nostri "beni comuni", quella sulla Biodiversità (tenutasi a Nagoya in Giappone lo scorso ottobre) e la Convenzione quadro sui Cambiamenti Climatici (tenutasi a Cancun agli inizi di dicembre).

Il 2010 è stato l'anno internazionale dedicato dalle Nazioni Unite alla Biodiversità e il piano di azione scaturito dalla 10° Conferenza delle Parti di Nagoya della Convenzione sulla Biodiversità, come abbiamo già analizzato nelle pagine di questa rubrica, va considerato una buona base di impegni per cercare di frenare la perdita della ricchezza della vita sulla Terra nell'arco dei prossimi dieci anni. Anche la Conferenza delle Parti sul clima di Cancun è riuscita nell'intento di rivitalizzare il negoziato internazionale che sembrava destinato all'estinzione dopo la conferenza dello scorso anno a Copenaghen e quindi vi sono buone speranze di chiudere un accordo internazionale entro il 2011.

Certamente tutte queste iniziative della diplomazia internazionale si scontrano duramente con il fattore più critico che dobbiamo affrontare, costituito dal tempo. Il fattore "tempo" non gioca certo a nostro favore e i ritardi, i rimandi, l'inazione, le deroghe tanto care al mondo della politica non fanno altro che peggiorare la situazione. Domani sarà sempre più difficile risolvere problemi che, con il passare del tempo e la mancanza di interventi concreti e decisivi, non potranno che aggravarsi.

Oggi una vera priorità sta diventando sempre di più quella di modificare l'impianto di base della nostra economia che promuove un meccanismo di crescita continua, materiale e quantitativa. E' francamente impossibile salvare la biodiversità del pianeta, ristabilire i complessi equilibri dinamici del sistema climatico, affrontare tutte le notevoli problematiche di insostenibilità della nostra pressione crescente sui sistemi naturali della Terra, sui suoli, sui cicli idrici, sui grandi cicli biogeochimici dell'azoto, del carbonio, del fosforo ecc., senza intervenire significativamente sui meccanismi fondanti dell'attuale sistema economico e finanziario.

Ecco perché sta diventando di grande importanza tutto il lavoro internazionale interdisciplinare di tantissimi esperti che lavorano alacremente per impostare una nuova economia ecologica, che consenta alle nostre società di imboccare strade più sostenibili dal punto di vista ambientale e sociale.

Proprio nel 2010 è stato reso noto un altro importantissimo tassello di questo nuovo mosaico, il rapporto finale della grande iniziativa internazionale TEEB, The Economics of Ecosystems and Biodiversity (vedasi www.teebweb.org).

Il TEEB, diretto dall'economista indiano Pavan Sukhdev e lanciato dalla Germania e dalla Commissione Europea nel 2007 è stato sostenuto dal Programma Ambiente delle Nazioni Unite (UNEP, vedasi il sito www.unep.org ) e da Regno Unito, Norvegia, Olanda e Svezia.
Il TEEB mira a comporre tutte le esperienze, le conoscenze, i know-how esistenti in tutte le regioni del pianeta per rendere sempre più la nostra economia, sia nella teoria che nella pratica, basata sui fondamenti biofisici dei sistemi naturali che la supportano. Il TEEB dimostra il fallimento dei mercati nel considerare adeguatamente il valore degli ecosistemi e dell'intera biodiversità del pianeta. Il TEEB dimostra proprio come le attività mirate alla conservazione, ripristino e razionale gestione delle risorse e dei sistemi naturali costituisce un autentico investimento economico.

La mancanza di un prezzo di mercato per i servizi offerti dagli ecosistemi e per la biodiversità dimostra che i fondamentali benefici derivanti da questi beni (in molti casi beni pubblici e collettivi) sono quasi sempre negletti o sottovalutati nelle decisioni politiche. Gli effetti di queste sottovalutazioni si riverberano non solo nel peggioramento continuo e progressivo dello stato di salute degli ecosistemi del mondo intero che oggi sono sottoposti ad una pressione umana senza precedenti, ma anche sullo stato di salute dell'umanità e del benessere umano nel suo complesso.

Il valore degli ecosistemi e della biodiversità è oggi paradossalmente invisibile all'economia che guida le scelte politiche nel mondo intero. Le conoscenze scientifiche acquisite ci dimostrano che il capitale naturale, gli ecosistemi, la biodiversità e le risorse naturali, sono la base del benessere delle economie, delle società e degli individui. Il valore della miriade di benefici che derivano dalla ricchezza della natura presente sul nostro pianeta è ignorata e non presa in considerazione dal mondo politico-economico che, quotidianamente, decide ciò che condiziona la nostra esistenza.

Stiamo drammaticamente distruggendo le basi del nostro stock di capitale naturale e lo facciamo prima ancora di riconoscere il valore che stiamo perdendo. Il persistente degrado dei suoli, dell'acqua, delle risorse biologiche impatta negativamente sulla nostra salute, sulla nostra sicurezza alimentare, sulle scelte dei consumatori e sulle opportunità delle attività imprenditoriali.

In questo ambito è fondamentale modificare i grandi indicatori della performance economica, come il PIL. Una interessante speranza anche per il nostro paese nasce dalla recentissima costituzione presso il Cnel, di un "Gruppo di indirizzo sulla misura del progresso della società italiana", composto da rappresentanze delle parti sociali e della società civilee fortemente voluto dall'ottimo presidente dell'ISTAT, Enrico Giovannini. L'obiettivo del Gruppo, come ricorda lo stesso ISTAT, è proprio quello di sviluppare un approccio multidimensionale del "benessere equo e sostenibile" (Bes), che integri l'indicatore dell'attività economica, il Pil, con altri indicatori, ivi compresi quelli relativi alle diseguaglianze (non solo di reddito) e alla sostenibilità (non solo ambientale).

La misurazione del progresso passa attraverso l'analisi di due componenti: la prima, prettamente politica, la seconda di carattere tecnico-statistico. Come ormai appare evidente dall'ampio ed articolato dibattito internazionale sull'argomento, non è possibile sostituire il Pil con un indicatore singolo del benessere di una società. Quindi, si tratta di selezionare un insieme di indicatori e fare ciò richiede il coinvolgimento di tutti i settori della società, nonché degli esperti di misurazione. Ecco perché il Cnel e l'Istat hanno deciso di avviare questa iniziativa, in analogia a quanto sta avvenendo in altri paesi.

Il Gruppo lavorerà quindi nel corso dei prossimi 18 mesi con l'obiettivo di:
- sviluppare una definizione condivisa del progresso della società italiana, definendo gli ambiti economici, sociali ed ambientali di maggior rilievo (salute, lavoro, benessere materiale, inquinamento, ecc.);
- selezionare un set di indicatori di elevata qualità statistica rappresentativi dei diversi domini. Tale insieme di indicatori dovrà essere limitato in termini numerici, così da favorire la sua comprensione anche ai non esperti;
- comunicare ai cittadini il risultato di questo processo, attraverso la diffusione il più capillare possibile dell'andamento degli indicatori selezionati.
Inoltre, l'Istat costituirà una Commissione Scientifica che avrà il compito di svolgere il lavoro preparatorio per lo sviluppo degli indicatori statistici più appropriati per misurare il progresso della società italiana, anche alla luce delle raccomandazioni internazionali.

In particolare, nella prima fase (prima metà del 2011), si procederà allo svolgimento di una consultazione pubblica online aperta agli esperti, alla società civile ed ai singoli cittadini per raccogliere i loro contributi sull'importanza delle singole dimensioni del benessere maggiormente rilevanti per la società italiana. Inoltre, l'Istat ha inserito nella propria indagine multiscopo alcuni quesiti sull'importanza che i cittadini danno alle singole "dimensioni" del benessere, utilizzando le categorie suggerite dell'Ocse e dalla Commissione Stiglitz, Sen, Fitoussi (voluta dal presidente francese Nicholas Sarkozy e che ha concluso i suoi lavori con la pubblicazione del rapporto finale nel settembre 2009), alla definizione, sulla base di tali risultati, delle macrodimensioni del benessere da porre sotto osservazione. La proposta del Gruppo verrà poi presentata alle diverse Commissioni ed all'Assemblea del Cnel per approvazione.

Nella seconda fase del progetto (seconda metà del 2011) l'Istat proporrà al Gruppo di Indirizzo i possibili indicatori da adottare per misurare i diversi aspetti del benessere equo e sostenibile, il quale cercherà di pervenire, previa consultazione dei portatori di interesse, ad una proposta condivisa da sottoporre, per approvazione finale, alle diverse Commissioni ed all'Assemblea del Cnel.

Infine, a metà del 2012 si procederà alla predisposizione di un Rapporto Cnel-Istat sulla misura del progresso della società italiana, il quale verrà reso disponibile in diverse forme e promosso attraverso i mezzi di comunicazione, così da assicurarne una conoscenza il più diffusa possibile tra la popolazione.

L'iniziativa Cnel-Istat pone l'Italia nel gruppo dei paesi (Francia, Germania, Regno Unito, Stati Uniti, Australia, Irlanda, Messico, Svizzera, Olanda) che hanno recentemente deciso di misurare il benessere della società attraverso un insieme selezionato di indicatori statistici di qualità, alla cui selezione partecipano rappresentanti delle parti sociali e della società civile. Tale approccio, suggerito dall'Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico (Ocse) e dalla già citata"Commissione Stiglitz" , alla quale abbiamo dedicato diverse pagine di questa rubrica, fornirà al paese una quadro condiviso dell'evoluzione dei principali fenomeni
economici, sociali ed ambientali.

Il miglior augurio per il nuovo anno è proprio quello di sperare che si avvii finalmente una transizione concreta verso una nuova economia. E' la migliore prospettiva che abbiamo per tutta l'umanità.