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L'economia di carta premia gli emergenti

di Gabriele Battaglia - 03/01/2011






Ma il boom della borsa non corrisponde sempre a uno sviluppo reale: il caso mongolo

Se all'inizio del 2010 aveste investito una sterlina nella borsa di Ulan Bator, Mongolia, oggi ve ne trovereste in tasca quasi tre. Se invece la vostra scelta fosse caduta su Colombo, Sri Lanka, oggi di sterline ne avreste un po' più di due. Lo riporta il britannico Independent che, in un tipico articolo di fine anno, va a caccia dei mercati finanziari più performanti della stagione trascorsa. Uno sguardo al passato che è anche un'indicazione per il futuro. Hai soldi che non sai come investire? Butta un occhio alle borse più improbabili del mondo.

Diversi i motivi del successo. La borsa di Colombo, aperta nel 1995, sembra più promettente perché più diversificata. Dopo la fine della guerra civile nel 2009, con la definitiva sconfitta dei tamil, gli investitori vi si sono precipitati facendola crescere del 129 per cento in quello stesso anno.

Il boom del settore informatico, la vicinanza con le economie dalla crescita a doppia cifra (India e Cina), le privatizzazioni del governo, sono alla radice di un successo che si prevede lungo. E così si moltiplicano le imprese che sbarcano sul mercato azionario locale che oggi è completamente automatizzato e ha una capitalizzazione di venti miliardi di dollari per 235 imprese quotate, rappresentative di almeno venti settori dell'economia.

La borsa di Ulan Bator invece è invece la più piccola del mondo per capitalizzazione di mercato ed è stata aperta nel 1991, il primo anno post-comunista della Mongolia. Non riflette un'economia diversificata come quella dello Sri Lanka, basta scorrere la lista delle aziende che vi sono quotate.  Si tratta quasi esclusivamente di materie prime, con qualche incursione in turismo, costruzioni-infrastrutture e commercio.

E' chiaro come il sole: la Mongolia è un'economia trainata dal settore minerario e dai prodotti dell'allevamento; le materie prime vengono trasportate con nuove strade e linee ferroviarie (soprattutto verso la Russia); alcune grandi compagnie, locali e non, commercializzano gli eventuali prodotti finiti, ad esempio il cashmere; il turismo è l'alternativa più praticabile.

Dello sviluppo minerario beneficiano soprattutto imprese straniere. L'esempio forse più eclatante è la canadese Ivanohe Mines che ha in appalto l'enorme giacimento di rame e oro di Oyu Tolgoi, nel deserto del Gobi. Pochi giorni fa, il gigante ha collocato sulla borsa di Toronto nuove azioni che serviranno a finanziare l'ulteriore ampliamento della miniera mongola.  Le installazioni si potenziano, le materie prime pompano il motore delle economie manifatturiere in crescita, gli investitori confidano in un buon ritorno economico e i proventi tornano in Canada e non solo, dato che a Oyu Tolgoi Ivanohe Mines è partecipata anche dall'anglo-australiana Rio Tinto. Questo è uno schema classico.

Che cosa ne resta alla popolazione mongola? Briciole. Gli ex nomadi sono spossessati dei pascoli dalle grandi compagnie minerarie straniere e integrati a fatica nel tessuto urbano di una capitale, Ulan Bator, dove ormai risiede oltre la metà degli abitanti di tutto il Paese: circa un milione e mezzo su un totale di tre scarsi. Vendono tutto il loro bestiame e ci provano magari con una piccola attività commerciale, ma spesso finisce male. Non esiste una struttura industriale che possa dare lavoro a tutti, quindi molti tornano da dove erano venuti, ma in veste diversa: da pastori nomadi a minatori. A volte da salariati nei grandi giacimenti,a volte da abusivi nelle miniere d'oro abbandonate dalle grandi compagnie, perché non più redditizie. Ecco dunque i cercatori d'oro Ninja con il loro catino sulle spalle.

Il problema sociale si salda quindi con quello ambientale, perché chi scava per sopravvivere non si cura certo di immettere cianuro e mercurio - necessari per separare l'oro dalle rocce - nel ciclo naturale.
In parallelo alla disgregazione sociale cresce l'alcolismo. Tra i titoli quotati alla borsa di Ulan Bator, la lunga lista di imprese minerarie o delle costruzioni è interrotta proprio dai produttori di alcolici, come la Apu e la  Spirit Bal Buram. Il cerchio si chiude.
Per capodanno, il presidente Elbegdorj ha però promesso di brindare con un bicchiere di latte, niente vodka. Ha invitato tutti i cittadini mongoli a fare lo stesso.

Ecco come funziona l'economia del Paese che possiede la borsa più performante del 2010; che promette nuove ricchezze agli investitori di tutto il mondo nell'anno che verrà.