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Ci sentiamo tutti figli di Hugo Pratt

di Antonio Rapisarda - 03/01/2011


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«Ma da che parte sta Corto Maltese?» si chiedeva qualche tempo fa Umberto Eco. «Be', dalla nostra» rispondono i ragazzi di CasaPound che al personaggio tracciato dalla matita di Hugo Pratt dedicheranno un incontro il prossimo 14 gennaio, assieme al giornalista e attento conoscitore dell'artista veneziano Maurizio Cabona e allo scrittore Roberto Alfatti Appetiti, dal titolo evocativo "Camerata Corto Maltese".  
Quella tra il mondo di una certa destra e il marinaio avventuriero che ha solcato i mari del XX secolo è un'attrazione antica: già il Fronte della gioventù utilizzava la creatura di Pratt come motivo iconografico per salutare (senza rimpianti) la fine della Prima Repubblica e facendo recitare a Corto l'adieu alla «Balena bianca che non tornerà». Ma è trasversale l'arcipelago di chi ha avuto a che fare con Corto: dai radicali, i quali erano e sono appassionati alla vocazione libertaria delle storie del marinaio a tutto il mondo della cultura alternativa, Andrea Pazienza su tutti.
Corsi e ricorsi storici, proprio il personaggio immaginato dall'ex marò della Decima continua a essere più che attuale per descrivere la stagione politica che proprio oggi sta salutando la Seconda Repubblica e sta ponendo nell'orizzonte una nuova soggettività che sembra sposarsi a perfezione con le caratteristiche di Corto. Vuoi per la fascinazione che l'avventura - assieme all'evasione e alla "ricerca" - ha sempre suscitato nel mondo della destra e non. Vuoi anche perché il ribelle nell'immaginario generazionale continua a rappresentare un topos non solo letterario ma esistenziale. Ecco allora che, come Corto Maltese, sono in tanti, a proposito del destino, ad avere inciso sulla pelle la propria "linea". Perché è evidente come l'avventura politica nata dal gesto di ribellione di Gianfranco Fini abbia riaperto il gusto del viaggio.
«Sì, in effetti è proprio la nostra vicenda», afferma Benedetto Della Vedova, vicepresidente dei deputati di Fli, «diversa dall'impostazione culturale che sta emergendo nel Pdl che è quella dell'incapacità di guardare avanti e la necessità invece di guardarsi indietro e di immaginarsi una retorica di una società che non c'è più e che non era nemmeno nel bel mondo andato». Il protagonista di Pratt invece per l'esponente "radicale" di Fli «aveva in sé l'idea di uno che guarda sempre avanti senza bisogno di consolarsi, senza il confronto delle cose note. Ecco questo è il senso non solo del nuovo centrodestra ma di tutta la politica: avere il coraggio di guardare che cosa accade nella società e partire da lì, dalle cose che non conosci bene e che possono essere apparentemente meno rassicuranti. Questa è la via attraverso la quale un posto come l'Italia può avere un futuro, non è rimpiangendo l'Italietta di Fanfani». È il viaggio, dunque, a rappresentare la categoria che si sposa al meglio con le nuove esigenze di un quadro politico in evoluzione. «Superare, oggi come ieri, le colonne d'Ercole» è per Alberto Arrighi, dirigente milanese di Fli, non solo l'elemento che più lo affascina di Corto ma è quello su cui occorre basare ogni esperienza politica: «Se Corto Maltese è il novello Ulisse, noi stiamo compiendo un lungo giro. Il viaggio in quanto tale ci permette poi il ritorno a Itaca ma adesso abbiamo la necessità si proseguire su un lungo terreno di ricostruzione della politica italiana. Ragion per cui per il momento navigare è necessario». Eppure fino a quindici anni fa c'era chi scriveva dell'assoluta incompatibilità tra Corto e il mondo della destra. Sul Corriere della Sera, ad esempio, il motivo era il seguente: che Corto «era antirazzista, schierato per la libertà etnica, religiosa e di pensiero». Ma questo «è esattamente ciò che siamo - spiega Arrighi - ed è il risultato del percorso fatto da questo mondo che ha cominciato a interrogarsi un sacco di anni fa su quelli che dovevano essere sui compiti e il rinnovato ruolo da giocare». Meccanismo che ha avuto il via «con le grandi intuizioni del mondo giovanile degli anni '80 quando ci impegnammo a rompere il meccanismo dell'esclusione e, peggio, dell'autoesclusione».
Proprio di quella esperienza è frutto Fabrizio Crivellari - ex militante del Fronte e autore della maglietta del "gesto" di Fini rivolto a Berlusconi "Che fai mi cacci" - per il quale «Corto Maltese è avventura, e chi si mette in questo momento in cammino, chi ha fatto questo passaggio è segnato dallo spirito d'avventura». Anche perché «come dimostra l'avventura politica che abbiamo scelto, sai che cosa lasci e non sai cosa trovi e tutto ciò è molto Corto Maltese». Il fatto poi di trovarsi in cammino «è un ulteriore elemento che ci avvicina a personaggio di Pratt che è contaminato, contamina a sua volta e si fa contaminare. Che cosa c'è di più bello di poter prendere senza nessun complesso il meglio dell'altro e portarlo con sé?». Tolleranza, avventura, spiritualità e libertà. Elementi che per Antonio Buonfiglio, deputato di Fli, «sono i punti cardinali sui quali si basa la vita avventurosa di Corto e proprio su questi noi abbiamo da sempre inteso fondare l'azione politica». E rispetto al tipo umano che emerge da questa "storia" «c'è una frase di Corto che reputo indicativa di una visione del mondo: "So soltanto che ho una naturale antipatia per i censori". Ecco questo mi sembra un altro dei motivi per i quali il personaggio di Pratt non solo continua a essere un punto di riferimento culturale ma ci consegna anche uno dei temi per la nascita Terza Repubblica: la fine dell'età delle sterili contrapposizioni».