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Tra Pound e Pasolini

di Flavio Alivernini - 03/01/2011


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Pier Paolo Pasolini era venuto al mondo da pochi mesi quando la fatidica marcia su Roma istituzionalizzò il fascismo. In quel periodo Ezra Pound si trovava a Parigi, dove già svolgeva un ruolo di "catalizzatore culturale", radunando attorno alle sue idee e alle sue opere importanti intellettuali e artisti europei (James Joyce affermò che se non l'avesse conosciuto sarebbe rimasto un oscuro scribacchino). Era al centro del vortice avanguardistico, ma stava progettando di raggiungere l'Italia, stanco dell'atmosfera urbana e del freddo nord. 
La famiglia del poeta italiano si trasferì a Casarsa della Delizia, quel vecchio borgo… popolato a stento da antiquate figure di contadini. Il vate americano, originario di Haley, sperduto paesino della provincia rurale americana nello stato dell'Idaho, stava per iniziare la sua lunga polemica nei confronti della finanza e dell'economia che lo avrebbe spinto a sottoporre le sue eccentriche proposte di riforma al Duce, il quale lo ricevette per la prima e unica volta il 30 gennaio 1933. Nonostante Pound andasse molto fiero delle lezioni che il Rettore della Bocconi di Milano gli aveva chiesto di tenere in quel periodo, le sue soluzioni cervellotiche non furono mai prese in considerazione dal regime fascista, peraltro finanziato lautamente dalle istituzioni bancarie. 
All'inizio degli anni 40 Pasolini, incoraggiato dai giudizi positivi che riceveva per i suoi dipinti, si cimentò nella stesura di una tesi di laurea sulla pittura italiana contemporanea con Roberto Longhi, ma perse il manoscritto in seguito allo sbandamento generale dell'8 settembre, ed elaborò allora un lavoro sulla poesia di Giovanni Pascoli. Due anni dopo si consumò il dramma della morte del fratello Guido, che faceva parte della Brigata Osoppo, partigiani moderati, sterminata a Porzus da partigiani filocomunisti. In quello stesso periodo l'ammirazione per Mussolini (non ricambiata) e i discorsi infuocati alla radio italiana sulla natura economica delle guerre, costarono all'autore dei Cantos, opera in versi che continuò a scrivere per tutta la vita, il ritiro del passaporto e l'accusa di tradimento da parte dei tribunali del suo Paese. Prelevato il 3 maggio 1945 da due partigiani nella sua casa di Rapallo, Pound fu a lungo interrogato a Genova per poi essere trasferito a Metato presso Pisa, in un grande campo di prigionia creato dall'esercito americano. A Metato Pound fu rinchiuso per alcune settimane in una cella di sicurezza (la "gabbia del gorilla") e subì un tracollo psicofisico; in seguito, visto che non c'era pericolo che fuggisse, il comandante del campo gli assegnò una tenda e gli diede accesso a una macchina da scrivere per tradurre Confucio e comporre nuovi versi. Il poeta statunitense fece ritorno in Italia solo dopo dodici anni di reclusione in un manicomio criminale di Washington, una volta che il suo governo ebbe ritirato l'imputazione di tradimento; la decisione fu presa grazie anche all'impegno di amici scrittori come Hemingway, il quale, pur ritenendo Ezra fuori di testa, giurò che se necessario si sarebbe fatto impiccare con lui. 
Anche Pasolini, del resto, ebbe i suoi guai con la giustizia; nel 1949 fu denunciato per corruzione di minorenni e atti osceni in luogo pubblico. Fu espulso dal partito comunista di Udine e interdetto dall'insegnamento; da quel giorno i suoi avversari, sfruttando lo scandalo, seppero come apostrofarlo. Si spostò a Roma e tra difficoltà e ristrettezze economiche riuscì a lavorare molto fino a pubblicare Ragazzi di vita, opera che gli costò l'accusa di oscenità, anche se Giuseppe Ungaretti andava affermando che era la «cosa migliore che si poteva leggere in quegli anni». Fu assolto con formula piena grazie anche a Carlo Bo che testimoniò che il romanzo era impregnato di valori religiosi, come «la pietà per i poveri e i diseredati». Nel frattempo il poeta delle Ceneri di Gramsci, il regista di Accattone, il romanziere di Ragazzi di vita, il corsivista-corsaro del Corriere della Sera, dipingeva, scriveva canzoni, spaziando in tutti i campi dello scibile come piaceva a Pound. Questi, da parte sua, si dedicava a traduzioni di Properzio e Sofocle, egizi e cinesi e componeva addirittura due melodrammi, Villon e Cavalcanti, che intonano in maniera arcaica i poeti da lui più amati e anche imitati nella vita. 
Nel 1959 Pound fu candidato al Nobel, ma il Presidente della commissione valutò che non aveva i requisiti necessari poiché, si legge dal resoconto della riunione, propagatore di «idee che sono decisamente in contrasto con lo spirito del Premio Nobel». In quell'anno Pasolini fu insignito invece del Premio Crotone per Una vita violenta; la giuria era composta, fra gli altri, da Moravia, Ungaretti, Gadda e Bassani. Mentre cominciava la consacrazione culturale di Pasolini, nonostante la continua persecuzione dei suoi avversari per il suo spirito critico e dei giudici per le sue opere considerate blasfeme e immorali, si consumava il declino fisico e mentale di Pound, molto provato dalla vecchiaia e dalla depressione.
Arriviamo al 1967, alla vigilia del più grande movimento di contestazione politica e sociale che il dopoguerra italiano ed europeo ricordi. Fu allora che Pier Paolo Pasolini, prendendo in prestito dei versi che Ezra Pound dedicò a Walt Whitman nel 1913, scrisse una lettera al padre del vorticismo: voleva incontrarlo. La richiesta di intervista iniziava così: «Stringo un patto con Te. / Ti detesto ormai da troppo tempo. / Vengo a Te come un fanciullo cresciuto che ha avuto un padre dalla testa dura. / Sono abbastanza grande ora per fare amicizia./ Fosti Tu ad intagliare il legno. / Ora è tempo di abbattere insieme la nuova foresta./ Abbiamo un solo stelo ed una sola radice./ Che i rapporti siano ristabiliti tra noi». 
«Bene... Amici allora... Pax tibi... Pax mundi». Questa fu la risposta, conciliante, del vecchio Ezra Pound. 
Il memorabile dialogo ebbe luogo a Venezia, il 26 ottobre del 1967, e fu trasmesso dalla Rai. L'intensità dell'incontro può valere da antidoto contro i giudizi affrettati che, da destra come da sinistra, colpiscono questi due protagonisti del Novecento internazionale. La voce soave del poeta di Casarsa che intervista e legge passi dai Canti Pisani, le risposte pungenti di Pound, canuto e scavato, come un profeta biblico, evocano una dimensione poetica al di là di ogni polemica contingente. Dalle suggestioni di questo formidabile documento ha preso vita un convegno sui due intellettuali, a prima vista inconciliabili, organizzato dall'Associazione AxA. Nella splendida cornice di Villa d'Este a Tivoli, Massimo Bacigalupo, ordinario di Letteratura Americana alla Facoltà di Lingue dell'Università di Genova, tra i maggiori esperti di Ezra Pound in circolazione (nonché figlio del suo medico) e Filippo La Porta, scrittore e critico letterario, autore di importanti contributi sull'opera e il pensiero di Pier Paolo Pasolini, hanno tracciato un ritratto dei due poeti partendo dalla loro idea comune di modernità, mai svincolata dal passato e dalla tradizione. "Pier Paolo Pasolini ed Ezra Pound. L'utopia che nasce dal passato", questo il titolo del dibattito, moderato da Federico Brusadelli e con la partecipazione di Marina Cogotti, direttore di Villa d'Este e Riccardo Luciani, Assessore alle Politiche Culturali del Comune di Tivoli, primo sostenitore dell'iniziativa. L'idea di questo accostamento si fonda sulla convinzione che, oltre quelle biografiche, esistano altre convergenze nell'opera dei due. Sia Pasolini che Pound incarnano, in modi diversi, «una forza che viene dal passato» (per parafrasare il verso pasoliniano del Pianto di una scavatrice). Sebbene Pound sia parso a volte esclusivista ed elitario, chiuso in un suo mondo di riferimenti arcani, e abbia inseguito sul piano teorico un'idea di purezza, ha però rivelato nella sua poesia, in modo non dissimile da Pasolini, il gusto promiscuo della lingua parlata, mescolata a quella colta e continuamente contaminata dalla prosa del mondo, dalla realtà impura.
Il "miglior fabbro" americano e il "corsaro" italiano rileggono la tradizione in funzione di una critica radicale del presente e di una visione utopistica del futuro. «Fra i temi cari a Pound - dice Massimo Bacigalupo - c'è l'amore per il Rinascimento: le sue poesie sono dense di citazioni che ci riportano a quell'epoca. Sognava un mondo libero dalle necessità economiche, dove gli artisti potessero disporre del tempo necessario per creare opere d'arte di cui si sarebbe giovata l'umanità». Entrambi amano la civiltà rurale e contadina, alla quale sono legati per nascita e contiguità e avversano ovviamente borghesia e capitalismo. «Pasolini - sostiene La Porta - conserva una lucidità razionale, è visionario ma non delirante, critica la modernità distinguendo tra progresso e sviluppo. In India elogia la povertà e la mitezza degli indù ma anche la nuova classe dirigente dei Nehru». I due poeti, inoltre, pur aderendo a ideologie politiche, non sono ad esse asserviti, anzi non perdono occasione di prenderne le distanze affermando posizioni personali. A tal proposito Bacigalupo afferma che «Pound aveva "scoperto" il fascismo così come aveva scoperto Eliot e Hemingway, da esteta, e voleva addirittura spiegarlo agli italiani. Non si capacitava dello scetticismo che spesso incontrava presso i compagni di mestiere. C'è poi nei suoi scritti una poetica del fallimento, che emerge proprio nel periodo della Repubblica Sociale. Con la sua passione per le cause perse, non poteva non schierarsi con il fascismo perdente più che con il fascismo di regime. Continua La Porta: «Pasolini era anticapitalista in maniera fisiologica, non ideologica. Diventa comunista negli anni '50 perché si sente vicino ai contadini friulani, per uno slancio di solidarietà». 
Molti i punti di contatto, ma la poesia rimane, comunque, il terreno di base più attendibile sul quale cogliere il messaggio e apprezzare l'eredità culturale che i due grandi intellettuali hanno lasciato alla contemporaneità. Ed è proprio dai versi che nasce l'idea di una mostra che coinvolgerà giovani artisti nella reinterpretazione del messaggio poetico. 
Emanuela Gregori, storica dell'arte, lancia il progetto: «L'esposizione si svilupperà su due livelli: da una parte, l'iter artistico dei due poeti verrà "frammentato" e "ricomposto" attraverso i temi e i diversi metodi espressivi utilizzati dai giovani artisti contemporanei coinvolti. Dall'altra, la loro poesia e importanti materiali d'archivio si porranno come elementi funzionali, una sorta di sezione trasversale che toccherà tutti i temi. A guidare l'artista nel processo creativo dell'opera, come pure il visitatore nel percorso espositivo, saranno le poesie selezionate dai curatori scientifici, motivo di una suggestione che diviene insieme impressione e visione». Che siano gli artisti dunque, «le antenne della razza umana», come amava definirli Pound, a tracciare il profilo dei due geni sulla tela dei loro stessi versi.