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Il sogno di Gasparri. Libertà!

di Mario Grossi - 03/01/2011




Era l’anno 2010, 20 dicembre. A seguito degli incidenti causati da alcuni facinorosi nell’ultima manifestazione degli studenti, in piazza per protestare contro la riforma della scuola voluta dal Ministro Gelmini, Maurizio Gasparri, uno dei più grandi statisti del secolo, dettò alle stampe una dichiarazione del seguente tenore: «Serve una vasta e decisa azione preventiva. Si sa chi c’è dietro la violenza scoppiata a Roma. Tutti i centri sociali i cui nomi sono ben noti, città per città. Per non far vivere all’Italia nuove stagioni di terrore occorre agire con immediatezza. Qui ci vuole un 7 aprile. Mi riferisco a quel giorno del 1978 (era in realtà il 1979 ndr) in cui furono arrestati tanti capi dell’estrema sinistra collusi con il terrorismo».

«Bisogna arrestare preventivamente gli studenti!».

E venne l’alba del 21 dicembre. Con un’operazione in grande stile, coordinata e rapidissima, tutte le scuole superiori della Repubblica e le Università furono occupate dalla Polizia. Seguirono perquisizioni che dovevano, a detta di Gasparri, far rinvenire le armi che gli studenti avevano nascosto, pronti ad usarle nelle prossime annunciate manifestazioni. Nulla fu trovato, ma la Polizia sequestrò ingenti quantità di cilindretti di polvere bianca, sicuramente di natura stupefacente, che dimostravano come gli studenti fossero collusi con i poteri mafiosi e si fossero alleati con i cartelli dei narcos, diventandone, di fatto, gli spacciatori di riferimento.

A nulla valsero i ragionevoli dubbi dei bidelli che sostenevano che quei cilindretti bianchi non erano di cocaina ma che si trattava d’innocenti gessetti usati per scrivere sulle lavagne. Gasparri li bollò come sovversivi al soldo del complotto internazionale teso a diffamare il buon governo berlusconiano e arrestò pure loro.

Dopo gli arresti in massa di tutti gli studenti delle superiori e degli universitari, si aprì nella maggioranza un dibattito, sollecitato dallo stesso Gasparri, che sosteneva che tutti gli studenti andavano arrestati, minori compresi. Fu allora che dopo ampio dibattito democratico e dopo aspre dispute giuridiche si decise che gli studenti delle medie fossero tradotti in carceri minorili e che quelli dell’asilo e della materna fossero confinati agli arresti domiciliari.

Stessa sorte degli studenti toccò anche ai professori, dichiarati collusi con i primi, e rei di aver alimentato, con l’insegnamento, un clima d’odio nei confronti dell’analfabetismo e dell’ignoranza.

Si scoprì in seguito che furono trovati degli appunti, prova provata che i professori avevano partecipato all’insurrezione armata contro il Governo, in cui si stigmatizzava la volgarità di certe trasmissioni televisive. Gasparri sostenne, assicurandosi l’appoggio di gran parte della maggioranza, che la tutela di Maria de Filippi, contro i tentativi di rivolta dei professori, era priorità seconda solo alla revisione dei processi che vedevano ingiustamente coinvolto il Presidente del Consiglio.

Il 22 dicembre nuove nuvole oscurarono il cielo. Dopo una notte insonne, roso e tormentato dai dubbi, Gasparri presentò una nota al Consiglio dei Ministri, in cui sosteneva la necessità assoluta, per circoscrivere il focolaio di rivolta studentesca e per porre fine a possibili nuovi futuri reclutamenti, di far arrestare tutti i padri e le madri degli studenti, che non erano stati capaci di educare i propri figli a un comportamento dignitoso, deferente nei confronti dello Stato ed in linea con i più alti compiti della Nazione tutta. Padri e madri, sostenne Gasparri, sono i tipici fiancheggiatori che, pur non partecipando in modo attivo ai disordini e agli atti vandalici, costituivano la piattaforma logistica che dava alimento agli studenti e il brodo ideologico nel quale certi comportamenti e pansieri attecchivano.

Fu rivisto l’articolo 41 bis per includere i genitori tra coloro che dovevano sottostare ad un regime carcerario dei più duri e per impedire loro di entrare in contatto con gli altri carcerati studenti e dare direttive per gli scontri futuri. A questo fu aggiunto, con una postilla suggerita dal Ministro per le Pari Opportunità, che anche tutte le donne incinte, visto che avrebbero partorito dei potenziali studenti, fossero recluse e fatte abortire. Trovare delle carceri in cui fossero disponibili degli ambulatori attrezzati fu impossibile.

Fu così che Gasparri decise di far requisire tutti gli ospedali e ambulatori che di fatto si trasformarono in campi di prigionia per le gestanti.

A questo punto si sparse tra i single, le coppie senza figli, i preti, le suore, una sottile speranza. Loro non essendo collusi in nessun modo con gli studenti, non avendoli generati, si potevano reputare salvi. Ma Gasparri era già in azione. Non erano forse quegli individui rei di essere stati studenti in giovane età? Arrestare anche quei soggetti dunque garantiva che pericolosi delinquenti potessero impunemente circolare.

Qualcuno tentò di dire che era stato costretto ad andare a scuola, contro la sua volontà. Che nel passato la scuola era un obbligo e che quindi tutti erano stati studenti. Gasparri fu inflessibile e li fece arrestare tutti. Questa volta fu costretto a requisire tutti gli stadi per poter contenere il sempre crescente numero di reclusi. Il campionato fu sospeso e i calciatori rischiarono anch’essi di finire in manette.

Il 23 dicembre nevicò. Gasparri entrò in azione con i cingolati, nessun altro mezzo gommato poteva muoversi sul tappeto di neve di un centimetro che si era abbattuto sulle strade della capitale. Non avvertì il governo questa volta, ma fece marciare carri armati e fedelissimi sul Ministero della Pubblica Istruzione. Una soffiata lo aveva fatto riflettere non poco. La responsabilità di quello che era successo non poteva essere addossata agli studenti, né tantomeno ai professori. Quelli erano i “pesci piccoli”, gli autori materiali. La mente che aveva orchestrato tutto non poteva che trovarsi all’interno delle istituzioni. Proprio in quel ministero che la scuola gestiva. Era il Ministro Gelmini, la grande mente che aveva pilotato tutto. Con grande astuzia, pensò Gasparri, la Gelmini aveva prodotto una riforma per istigare alla rivolta i suoi discepoli, ma era lei che stava orchestrando tutto. Probabilmente meditava un golpe ai danni dello Stato e andava fermata a tutti i costi. Fu così che la Ministra fu arrestata.

La Gelmini poi non poteva aver orchestrato il tutto da sola, senza aiuti, senza coperture. All’interno del Governo ci doveva pur essere qualche talpa, degli infiltrati che lavoravano nell’oscurità per minare la stabilità del governo stesso. Armi in pugno, dopo aver occupato tutte le sedi televisive e radiofoniche dello stivale, Gasparri diede ordine di far irruzione a Palazzo Chigi per arrestare tutto il Consiglio dei Ministri, compreso il Presidente, che come gli Anziani di Sion, aveva tramato nell’ombra, manipolando studenti, professori, bidelli, cittadini, Ministro della Pubblica Istruzione. Berlusconi fu esiliato alle Cayman, gli altri gettati in galera senza nessuna pietà.

Il 24 dicembre scese un solo grande silenzio. Regnava un irreale silenzio in tutte le strade e piazze d’Italia, l’unico al lavoro era Gasparri, privo anche delle forze di Polizie che lo avevano aiutato negli arresti. Aveva scoperto, infatti, che al loro interno si erano infiltrati ex-studenti, genitori, single, mariti e mogli senza figli. Insomma le forze dell’ordine erano state smantellate e tutti quanti incarcerati.

Gasparri era solo, quando s’illuminò di rifulgente chiarore. Ma certo! Come poteva essere stato così stupido. Un tale complotto non poteva realizzarsi senza una grande mente alle spalle. Un “Grande Vecchio” che aveva intessuto tutti i fili della macchinazione. Una mente superiore, lucida, acutamente intelligente, imprendibile, insospettabile, scaltra come una volpe.

Ma certo! Un “Grande Vecchio”. E Gasparri, ora illuminato dalla rivelazione folgorante, l’aveva in pugno. Il “Grande Vecchio” era proprio lui. Lui, Maurizio Gasparri. E chi se no? Con mossa repentina fece scattare le manette, autoarrestandosi e traducendosi da solo in galera. Felice di aver risolto il caso.

Si era fatta notte da tempo, ma Gasparri era felice, mentre a piedi si dirigeva verso Regina Coeli per dar inizio alla sua carcerazione, seguito coerente all’autoarresto che si era inflitto. Era quasi mezzanotte quando alzò gli occhi al cielo e vide quello che non avrebbe mai voluto vedere.

Un “Grande Vecchio” su una slitta, trainata da sei renne, solcava libero il cielo in un alone di luce stellare. Aveva beffato tutti. Gasparri schiumava rabbia. Come era potuto succedere che uno come lui, una mente superiore, lucida, acutamente intelligente, scaltra come una volpe, si fosse fatto gabbare da quel ciarlatano con la barba bianca e quel vestito rosso.

Comunista! Gridò al cielo livido.

Ma Babbo Natale era già passato oltre. Il suo regno si stava inaugurando ed io mi apprestavo a far visita a mia figlia, studente che manifesta, a mio figlio, prossimo sfigato ricercatore e a mia moglie rea di averli generati, con la certezza che presto sarebbero stati liberati.