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L'era del dollaro è finita

di Maurizio Galvani - 18/01/2011



Parole forti, fra soft e choc, del leader cinese Hu Jintao all'arrivo negli Usa 

Il corrente sistema monetario basato sul dollaro è un prodotto del passato. A dirlo è stato il presidente cinese Hu Jintao - in un intervista rilasciata ai giornali Usa The Washington Post e Wall Street Journal - prima di arrivare negli Stati uniti per un incontro con Barack Obama e parte dello establishiment della Casa bianca. Però Hu Jintao usa la ben nota saggezza cinese e subito aggiunge: «ci vorrà ancora molto tempo affinchè lo yuan sia adottabile come valuta internazionale». Attento a chiudere qualsiasi polemica pretestuosa, il presidente cinese ha accettato questo viaggio che fa seguito all'invito ricevuto - a novembre del 2009 - da Obama durante la sua visita a Pechino. Con la consapevolezza anche che sarà uno dei suoi ultimi viaggi a Washington dato che, a fine 2012, verrà sostituito dal «delfino» Xi Jinping che copre la carica di vice-presidente della Commissione militare centrale. 

Quello che è certo è che il leader cinese si presenta a Washington alla guida di un paese - che dopo le riforme di Deng Xioaping nel 1978 - sta scalando tutte le classifiche mondiali. E che tra nove anni anni (l'ipotesi è generalmente accettata da tutti gli analisti) «sorpasserà» anche gli Usa non solo quanto a tasso di crescita, ma a Pil globale, anche se a livello di Pil pro-capite la distanza rimarrà ancora enorme. Una sviluppo e una crescita del Pil che, ormai da anni, è vicina o superiore al 10%. Il tutto con riserve valutarie di 2.800 miliardi di dollari (le più alte a livello globale) larga parte delle quali (circa 850 miliardi) investite in bond del tesoro Usa. Ma ora, nel momento peggiore della crisi finanziaria, anche l'Europa potrebbe ricevere aiuti da Pechino che ha già iniziato a investire in Grecia, Spagna e Portogallo. 

Ma lo sviluppo tumultuoso della Cina, non è indenne da problemi. Prima fra tutti - per un miliardo e trecento milioni di persone - un reddito pro-capite che è all'incirca di 4.200 mila dollari contro i 47 mila dollari dei cittadini Usa. Un'inflazione che galoppa al 5,1% (in verità all'11% per i prodotti alimentari), una crescita del 6,1% dei prezzi immobiliari. A dimostrazione che il mercato della casa è a rischio di una bolla immobiliare come quella balzata alle cronache nel 2008 per l'emisfero occidentale. Tutti problemi che intimoriscono la classe dirigente cinese che vorrebbe una maggiore coesione sociale come è stato scritto in calce nell'XI Piano nazionale economico approvato l'anno passato. 

Ai problemi interni, però, si sommano anche i problemi internazionali, in particolare con gli Usa. Verso gli Stati uniti la Cina vuole - nel vertice - mostrare un volto pacifico, di saggezza confuciana, e non di contrapposizione netta, modello muro contro muro. Hu Jintao tuttavia non può evitare le critiche che hanno preceduto il summit. Certo, le critiche sono una consuetudine di questo vertici, ma le accuse sono pesanti e riguardano in primo luogo il gap commerciale sbilanciato a favore della Cina di 270 miliardi di dollari (a fine 2010) stabile rispetto ai 268 miliardi registrati nel 2008. Secondo il segretario del Tesoro Tim Geithner la colpa principale è della sottovalutazione dello yuan. Altrettanto pesante da digerire da parte degli Usa è il recente provvedimento di Pechino che ha limitato l'esportazione di quei metalli strategici che vanno sotto il nome di «terre rare». 

Geithner riconosce che la Cina ha rivalutato negli ultimi mesi lo yuan del 7%, ma non lo giudica sufficiente e ha il dubbio che l'apprezzamento sia più frutto dell'aumento dell'inflazione e della politica monetaria restrittiva adottata da Pechino per contenerla. Per questo la Casa bianca continua a pressare l'amministrazione cinese. Tre senatori democratici hanno addirittura presentato un disegno di legge per introdurre il principio che la sottovalutazione dello yuan è manipolata dalla dirigenza di Pechino e pertanto va considerata una misura protezionista a favore delle industrie cinesi. Ma nel vertice non si parlerà solo di economia: saranno affrontati nodi legati a questioni di geopolitica. Si affronterà il tema della pace come quello della guerra. In particolare con riferimento alle tensioni tra le due Coree. Si approfondiranno i temi della cooperazione economica e tecnologica. 

Comunque rimane la sensazione di un «tavolo» di discussione che resterà sempre aperto. Insomma, la Cina non potrà essere più considerata ospite dell'ultima ora dei grandi vertici internazionali.