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Il gattopardo tunisino

di Alessia Lai - 18/01/2011


 
Cambiare tutto per non cambiare niente. Il presentimento è che un mese di rivolte, più di ottanta morti, la fuga del presidente-dittatore Ben Ali, non porteranno ai reali cambiamenti che la gente scesa quotidianamente nelle strade ha reclamato a gran voce. Hanno creduto, andando spesso incontro ad una repressione spietata, che un cambiamento era possibile. Ma il governo “di unità nazionale” annunciato domenica con enfasi dal primo ministro tunisino Mohammed Ghannouchi e ufficializzato ieri pomeriggio non sembra certo essere una formazione rivoluzionaria. Anzi. Nella “nuova pagina nella storia del Paese”, come la aveva definita Ghannouchi, figurano tre leader dei principali partiti di opposizione accanto a sei signori che hanno governato assieme al presidente fuggitivo, tra essi lo stesso premier e i ministri di Esteri, Difesa, Interno, Finanze. I tre nuovi ingressi sono Najib Chebbi, a capo del Partito Democratico Progressista (Pdp), assegnato al ministero dello Sviluppo Regionale; Mustafa ben Jaafar, leader Fronte Democratico per il Lavoro e le Libertà (Fdtl), che guiderà il dicastero della Salute; Ahmed Ibrahim, del Partito Ettajdid, messo a capo dell’Istruzione superiore. Un quadro ben diverso da quello che si era prospettato domenica, quando alcuni esponenti dell’opposizione avevano affermato che nel nuovo esecutivo non sarebbero stati inclusi partiti vicini al presidente Ben Ali. Voci di corridoio parlavano di un governo formato da rappresentanti del movimento Ettajdid, del Pdp, del Fronte democratico per il Lavoro e le Libertè e da figure indipendenti. A dimostrare che niente è cambiato il fatto che fossero stati esclusi dai colloqui tra il premier e i partiti di opposizione due partiti vietati durante il governo di Ben Ali: quello comunista di Hamma Hammami, che la scorsa settimana era stato arrestato e poi rilasciato, e quello islamista di Ennahdha il cui capo, Rachid Ghannouchi, in esilio a Londra, ha detto ieri di voler rientrare in Tunisia. Non stupisce che i due partiti non siano stati inclusi nella lista del nuovo esecutivo: entrambi avevano chiesto l’esclusione dal governo di transizione di personalità simbolo del passato regime e lo scioglimento del partito di Ben Ali, Rcd, il Raggruppamento Costituzionale Democratico. Così ecco assegnati tre posti di rappresentanza a parte dell’opposizione, quella vagamente tollerata anche sotto Ben Ali, in un giro di valzer nel quale ministri del precedente governo hanno mantenuto salde le loro posizioni. Nel discorso in cui ha annunciato la formazione del nuovo esecutivo, Mohammed Gannouchi ha promesso che “Saranno riconosciuti tutti i partiti che avevano chiesto in passato di essere ammessi alla vita politica”, per “traghettare il Paese verso la democrazia e preparare elezioni libere attraverso un’entità indipendente con osservatori internazionali”. Promessa anche la completa libertà di informazione grazie all’eliminazione del ministero che la controllava fino a ieri. Ma questo governo, incaricato di gestire la transizione fino alle prossime elezioni presidenziali e legislative (per le quali, a detta dello stesso Gannouchi saranno necessari “almeno sei mesi”), non piace. Non piace alla gente, che ieri, dopo gli scontri che ancora domenica hanno infiammato il Paese, è scesa per strada, nella capitale, a reclamare che nessun rappresentante del precedente regime venisse lasciato al suo posto. Malgrado si trattasse di un corteo pacifico le forze di sicurezza hanno rispettato quanto annunciato domenica da primo ministro, cioè “tolleranza zero” contro chiunque avesse minacciato la sicurezza nazionale. Durante la manifestazione i dimostranti hanno urlato slogan contro l’ex presidente Ben Ali, contro la moglie Leila, ma anche contro il primo ministro. Alcune centinaia di manifestanti hanno preso d’assalto la sede del Raggruppamento Costituzionale democratico nella cittadina tunisina di Qibili. La polizia ha fatto ricorso a spari di avvertimento in aria, agli idranti e infine ai gas lacrimogeni per disperdere la folla. Manifestazioni si sono registrate anche in altre città, tra cui Sidi Bouzid e Regueb, nel centro del Paese. Nel frattempo ha preannunciato la propria candidatura alle presidenziali una delle personalità più eminenti dell’opposizione tunisina, Moncef Marzouki, leader storico della sinistra laica. Fondatore del Cpr, il Congresso per la Repubblica, Marzouki aveva tentato di concorrere per la presidenza nel 1994, ma fu fatto arrestare e privato del passaporto per ordine di Ben Ali. Ieri ha definito l’operazione di Gannouchi “una pagliacciata”.