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Per amore di Alma : la tragica di Mahler

di Franzina Ancona - 20/01/2011


 
 
Mahler e le sue Sinfonie: un percorso lungo che impegna l’Accademia di Santa Cecilia già dal maggio del 2010 e che si concluderà a metà novembre di quest’anno, un omaggio atteso e doveroso all’opera del grande direttore/compositore boemo in occasione della ricorrenza del I centenario della morte, avvenuta a Vienna nel 1911. Nella ripresa della stagione, dopo la pausa delle festività natalizie, ecco Antonio Pappano cimentarsi con la Sinfonia n.6 in la minore. E’ un’opera, questa, particolare rispetto al resto delle grandi composizione orchestrali. Come la Quinta e la Settima priva di voce e di canto, la Sesta è suddivisa negli abituali 4 movimenti - Allegro, Scherzo, Andante e Finale -, e viene considerata la più classica sinfonia del compositore boemo. Tuttavia essa è piena di idee innovative e vi si respira un clima nuovo, malgrado il primo movimento “Allegro energico, ma non troppo” abbia la scansione tipica del sinfonismo ottocentesco con l’esposizione iniziale, lo sviluppo successivo e la conclusione del tema già esposto. Ma l’uso massiccio delle percussioni e, nella parte centrale, quello insolito di strumenti dolcissimi come la celesta, o estremamente evocativi di atmosfere come quei continui sottostanti suoni dei campanacci alpestri già presagisce una libertà dalle strettoie più codificate e si configura come una sorta di ponte lanciato verso il futuro. L’idea che sembra svolgersi lungo i quattro tempi si può interpretare come, ed è Mahler stesso a scriverlo -, “la lotta dell’uomo contro il destino”. Si comprendono così i conflitti irrisolti, le allusioni, i simboli che la costellano, l’ esoterismo che fa capolino e che gli esegeti dell’opera del compositore vanno ricercando e catalogando. Ecco allora una sorta di decodificazione che mette in rilievo e dà assetto e senso a ritmi, temi, messaggi armonici e percussivi e a quegli strumenti insoliti, lo xilofono, usato per la prima volta nelle Sinfonie da Mahler, le nacchere, la frusta (che in ambito popolare è anche strumento musicale), e i poderosi colpi di martello che sembrano esplodere nel Finale apocalittico come l’ultimo atto di una demolizione, laddove le nacchere e lo xilofono avevano richiamato i ghigni del diavolo e le campanacce delle mucche i rintocchi delle campane del paese e l’ambientazione bucolica. Nell’ opera di Mahler, in tutta l’opera, fanno capolino elementi ben lontani dalla musica “colta”, marce, canzoni di strada, motivi popolari e popolareschi, ritmi di danza, ma la loro adozione all’interno delle sinfonie agisce come sotto l’effetto di un filtro ed essi vengono inglobati nella tavolozza compositiva per andare a formare insieme un grande affresco dal sapore espressionistico. Ed è quel clima a connotarsi come uno stato di angoscia che si irrora di ricordi dolorosi, di sogni e risvegli bruschi e disillusioni. La Sesta Sinfonia, detta la “Tragica”, potrebbe a ragione chiamarsi degli “Enigmi”. Lo diceva lo stesso Mahler al suo biografo Richard Specht: “La mia Sesta proporrà enigmi la soluzione dei quali potrà essere tentata solo da una generazione che abbia fatto proprie e assimilato le mie prime cinque Sinfonie”. Alma Mahler, per tutta la lunga vita custode delle opere del marito, ne spiegava le origini e alimentava la fama che nasceva attorno a quest’opera presaga, che cominciava a prender forma nel corso delle estati del 1903 e del 1904, in un momento in cui la realtà che circondava il maestro e la sua vita correvano in linea con la quiete e la bellezza del luogo dove il lavoro si veniva costruendo: il bosco di Maïernigg sul Wörthesee. La sua definitiva stesura, la strumentazione avvennero nel corso degli anni e solo nel 1906 il 27 maggio fu eseguita per la prima volta ad Essen, sul podio lo stesso autore. Comunque, fu tenuta sotto osservazione fino al 1910, procedura abituale per un compositore come Mahler. Là, in quell’estate del 1903, nel bosco, il Maestro componeva in una casetta vicino alla villa, nel silenzio e nella assoluta tranquillità. Là sarebbe nato quel primo movimento con il grande e ricorrente secondo tema che vuole raccontare il carattere di Alma in una trasposizione musicale astratta e piena di slanci. Intorno tutto risplendeva di una luce di gioia, le due bimbe giocavano sugli argini del fiume, la natura offriva i suoi colori più accesi. 
Eppure la musica è piena di presentimenti, e di lì a poco il destino inizierà ad accanirsi contro Mahler, colpito proprio la seconda di quelle magiche estati dalla morte della piccola Anna Justine di pochi mesi. Coincidenza presaga, in quell’estate, Mahler aveva ripreso la lettura del poema di Friedrich Rückert, messo poi in musica nei “Kindertotenlieder” (I Lieder dei bambini morti) e qui ispiratore di un sentimento “tragico” che pervade la Sinfonia intera. La morte della figlioletta Anna e poi nel 1907 della adorata Maria, colpita all’improvviso da una delle malattie dell’infanzia delle quali allora si moriva e la diagnosi della patologia cardiaca gravissima che lo aveva colpito sembrano aleggiare nelle pagine della Sesta, una leggenda nutrita dalla stessa Alma. La “Tragica” giganteggia per la sua dimensione e per la ridda di emozioni che sprigiona in chi ascolta e a maggior ragione in chi deve proporla al pubblico, Ebbene, Antonio Pappano nella sua ottima performance direttoriale tiene serrate le fila del discorso musicale. Lavora instancabile sulla polifonia raffinata ed incisiva, illumina la ricca messe contrappuntistica, dà conto della tensione tra l’entusiasmo, l’illusione e quel senso profondo di disperazione che le continue variazioni dinamiche, diverse per ogni battuta, sprigionano e con essa quel sentimento della montagna, lo Heimatsgefühl, l’Austria, la felicità dei luoghi come degli stati d’animo. La sua bacchetta esalta la bellissima melodia degli archi nell’Andante che racconta la speranza e che si rinnova nello Scherzo messa in crisi però dagli ossessivi ritmi di marcia, cui non si può fare barriera, che inesorabili spingono verso la rovina. Il gesto di Pappano diventa energia pura nel Finale, dove riemergono i tumulti del primo movimento e la musica è tutta una lotta fra vita soccombente e morte imminente. Qui la massa orchestrale al gran completo è resa travolgente, una valanga di emozioni si sprigionano per poi smorzarsi in una sorta di cupezza espressionista che è sapienza della sofferenza e del dolore. Il valore di Pappano è tutto in questo interiorizzare al massimo la partitura e renderla poi con le sue specificità integre e originali, come in un processo di identificazione con l’autore e con ogni singolo elemento dell’orchestra, vista come un corpo pensante unico, totale.