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Il respiro della terra

di Francesco Lamendola - 27/01/2011




Caro amico, mi dici che sei affaticato, stressato, esaurito; che non ce la fai più ad andare avanti: e non stento a crederti.
Hai una faccia da far paura: pallida, scavata, tesa; anzi, sei tutto teso: teso come una corda di violino ormai sul punto di spezzarsi.
Mi racconti che questo è gran brutto periodo, che la famiglia ti sta dando un sacco di problemi e di preoccupazioni, per non parlare, poi, del lavoro e, come se non bastasse, della salute; che, ovunque ti volga, non riesci a scorgere niente di positivo, solo nude pareti ostili, insormontabili, che ti sbarrano la via in ogni direzione…
E io ti credo; ti credo.
Non sto a discutere se i tuoi problemi e le tue preoccupazioni sino oggettivamente così difficili e così ardui da superare, come tu li descrivi: perché non c’è dubbio che tu così li stati vivendo e, in queste cose, non c’è differenza tra la realtà in se stessa e la realtà quale noi la percepiamo, la sentiamo, la viviamo.
Un filosofo diceva che noi non siamo tormentati dalle cose, ma dalla nostra opinione intorno ad esse. E aveva ragione; ma hai ragione anche tu: anzi, tu più di lui: perché, quando ci si sente andare a fondo, non servono pillole di filosofia, ma concrete ragioni esistenziali per ricominciare a credere, a sperare, a fare appello al proprio coraggio.
Non tutti possono essere filosofi e non tutti possono avere lo stoicismo di guardarsi dal di fuori, distaccati e imparziali, per diagnosticare il proprio male; tu, comunque, amico mio, non è di questa cura che hai bisogno, ma di qualcosa di più immediato.
Molto bene; allora ascolta cosa ti dico.
Molla tutto e vieni via; lascia che tutti quanti si arrangino, per una volta: non cascherà il mondo se ti prendi mezza giornata di permesso dall’ufficio o se la tua famiglia dovrà sbrigarsela qualche ora senza di te. Li hai abituati troppo bene: ma più ti offri di tappare i buchi, di sorreggere le situazioni, e più da te si aspettano, pretendono, esigono.
Invece non è giusto: non sta scritto da nessuna parte che tu debba sorreggere il mondo sulle tue sole spalle, come toccava in sorte al gigante Atlante.
Ti sembrerà strano, ma la Terra continuerà a viaggiare sulla propria orbita esattamente come prima, anche se tu non darai, per un poco, il tuo volonteroso contributo; né l’Orsa Minore cesserà di ruotare intorno alla Stella Polare.
Quelli che si sono abituati a fare sempre conto su di te, per una volta se la sbrigheranno da soli; e sai che ti dico?, faranno una scoperta che non si sarebbero aspettata: di essere capaci di camminare benissimo con le loro gambe, dopo tutto.
Tu, invece, leggero e senza sensi di colpa, prenderai un mezzo qualsiasi e lascerai la città, con il suo traffico e il suo insopportabile rumore, con il suo smog e i suoi casermoni di cemento, per raggiungere la campagna più vicina.
Basteranno pochi chilometri; certo, se potrai disporre di più tempo, sarebbe bello raggiungere le montagne, oppure la riva del mare, che, in inverno, è un luogo deliziosamente raccolto e solitario, dove si ode il respiro del mare.
Ma, se il mare è troppo lontano, e così pure le montagne, basta che tu ti lasci alle spalle la confusione e il frastuono cittadini: sarà sufficiente raggiungere il primo pezzetto di verde, allontanarsi dalla strada principale e tuffarsi in mezzo ai campi.
Senti: la primavera, sebbene ancora assai lontana, è già nell’aria, in qualche modo; non si sa come, ma già se ne avverte la remota presenza, l’alito inconfondibile; e il cielo azzurro è già percorso dai primi voli d’uccelli e risuona dei loro piccoli gridi.
Ecco, qui non c’è in giro nessuno: siamo arrivati.
È incredibile quanto basti poco per allontanarsi dal centro congestionato delle nostre città, dalle periferie sempre più imbruttite, per immergersi nella campagna. Anche se non è più quella di un tempo e ovunque tradisce le tracce dello scempio cui pure essa è stata sottoposta in nome del “progresso”, nondimeno all’uomo che cerca la pace bastano pochi metri quadrati di pace e di silenzio; e quelli li si può trovare comunque.
Ora respira profondamente, a lungo, a pieni polmoni: inspira l’aria con il naso, espira con la bocca, fino a svuotarti completamente; e poi ancora e ancora.
Poi siediti, oppure distenditi; mettiti comodo e non preoccuparti di nulla.
Svuota la mente da tutti i pensieri.
Come hai detto, che è difficile?
Si vede che non sei abituato; non fa niente: ti spiego come si fa.
La mente è sempre inquieta: quando un pensiero arriva, tu lo prendi e lo butti fuori; poi ne arriverà un altro: anche quello dovrai prenderlo e ributtarlo al di fuori.
Dopo un po’, ti verrà relativamente facile: i pensieri arrivano e tu li ribatti via, come un giocatore di tennis. Non opporti ad essi frontalmente e, soprattutto, non metterti a discutere con loro: sono più furbi di te, ti metterebbero nel sacco.
Nossignori: tu non devi accettare di affrontarli sul loro terreno: perché questo è il loro terreno, e tu saresti perdente. Se vuoi vincerli, devi fare pulizia nella tua mente e scacciare questi parassiti che, con il loro rovello incessante, ti stanno logorando senza posa.
Allora, hai capito bene? Ogni volta che un pensiero si presenta alle soglie della tua consapevolezza, tu lo prendi o lo ribatti via: come si fa quando telefonano per proporre l’acquisto di un prodotto che non interessa. Non ci si mette neppure a discutere, non si entra nel merito, altrimenti non se ne uscirà più; si dice subito, con cortesia ma anche con decisione: «No, grazie», e si riappende il microfono.
Dopo un poco, nella tua consapevolezza si farà il vuoto; allora potrai sentire quello che conta: non i pensieri molesti e indesiderati, che si invitano da sé, ma le voci autentiche, che vengono sia da dentro che dal di fuori.
Dal di fuori: le voci della natura.
Sentirai il respiro della terra: e il tuo respiro, a un certo punto, si confonderà con il suo, finché saranno una cosa sola.
Anche le gemme che incominciano a formarsi sui rami, anche la linfa che si sta rimettendo in circolo nei vasi degli alberi, trasmettono la loro voce a chi sa fare abbastanza silenzio da poterla sentire.
Dal di dentro: la voce del Maestro Interiore, che ti parla amorevolmente.
Non ti parlerà per mezzo di parole, come fanno gli esseri umani: ti parlerà direttamente all’anima, inviandoti impulsi di pace e di amore.
Mi domandi chi sia codesto Maestro Interiore e ti affretti a dirmi che tu non credi simili forme di misticismo; che non ci hai mai creduto, né ci crederai mai.
Va benissimo: sei libero di pensarla a modo tuo; ma, se anche tu non credi alle manifestazioni dell’Essere, resta il fatto che sono loro a credere in te e che continueranno a parlarti, come parlano a ogni creatura, pur che tu non chiuda gli orecchi per non udire.
Questa è la grande legge universale: che l’Essere crede nelle creature, anche se queste ultime non vogliono credere nell’Essere. 
Se così non fosse, esse non esisterebbero; nulla esisterebbe di quanto possiamo vedere, udire, sentire e immaginare.
Noi ci siamo perché siamo stati voluti, perché siamo stati invitati; e la stessa forza che ci ha chiamati è qui, accanto a noi, pronta a sostenerci, se solo glielo permettiamo.
Il Maestro Interiore non tenta di persuaderci con argomenti razionali; anzi, non tenta di persuaderci in alcun modo: ci inonda della sua luce, semplicemente, ed è impossibile che quella luce non sciolga le nostre paure, le nostre ansie, i nostri turbamenti.
La luce splende anche per noi: è sufficiente che noi non la posiamo sotto il moggio, ma che la teniamo ben alta, per permetterle di illuminarci.
Perciò non preoccuparti di che cosa ti dirà la voce del Maestro Interiore: tu non devi fare nulla, eccetto il silenzio; al resto penserà lei.
Noi crediamo di dover sempre pensare, decidere, agire, ma in realtà sopravvalutiamo il nostro compito, e di molto: perché, quando combiniamo qualche cosa di buono, non è merito dei nostri pensieri, delle nostre decisioni e delle nostre azioni. 
Il nostro unico merito, se l’abbiamo, è di lasciare che l’energia divina fluisca attraverso di noi, dirigendosi naturalmente verso la meta. 
Noi siamo il flauto, ma il suonatore è un Altro: non è nostra la melodia che si sprigiona dallo strumento.
Perciò, caro amico, rilassati: non ti verrà mai chiesto qualche cosa che tu non sia in grado di fare; non ti verrà mai imposto sulle spalle un giogo che tu non possa sopportare. E se, per caso, quel giogo ti sembrerà superiore alle tue forze, invece di abbatterti o di smarrirti, impara a chiedere l’aiuto di quell’Unico che te lo può dare veramente.
Certo, il più delle volte l’aiuto ti giungerà per mezzo di altri esseri umani, che tu credevi giunti fino a te per puro caso, mentre niente è lasciato al caso. Altre volte, invece, ti giungerà sotto forma di un flusso di energia che scende direttamente dall’alto, ad investire la tua anima. Altre volte ancora, più raramente, verranno a te degli Aiutanti che hanno assunto una forma visibile, ma che non appartengono a questo mondo.
Sia come sia, non siamo mai soli, nemmeno quando siamo convinti del contrario. Come ti ho detto, l’Essere crede in noi, anche se noi non vogliamo credere in Lui.
A volte ci pare di essere abbandonati e soli, in mezzo al deserto delle nostre difficoltà: avanziamo con estrema fatica e ci sembra che non arriveremo mai a destinazione, che la sicurezza e la pace siano irraggiungibili.
Invece, se ci volgiamo a guardare sulla sabbia, vedremo le impronte di Qualcuno che ci ha sostenuto per tutto il tempo, restando sempre al nostro fianco: e capiremo che, nei momenti più difficili, siamo stati persino portati in braccio.
Lo so: tu mi dirai che è facile parlare; ma che, quando si è immersi nella disperazione, tutto riesce enormemente difficile, anche solo alzarsi dal letto la mattina; non parliamo, poi, di reagire e di seguire i consigli che vengono dagli altri.
Che dirti? Più pensi che sia difficile, più dai forza ai tuoi pensieri negativi: li alimenti senza posa, fornisci loro la legna affinché ardano perennemente e divorino le tue speranze, il tuo desiderio di pace e di serenità.
L’unico modo per disarmare i pensieri negativi è quello di togliere loro il combustibile, di sottrarre l’esca di cui si alimentano. Quando non troveranno più nulla da bruciare, si estingueranno e si dissolveranno come fumo nel’aria.
Vuoi permettere a questi parassiti di rovinarti l’esistenza?
Ecco: ascolta il respiro della terra: possente, regolare, silenzioso.
Per ritrovare la nostra armonia, dobbiamo rimetterci in armonia con essa, che è la nostra madre, e con l’Essere, che tutti ci avvolge nel suo abbraccio.
Siamo fatti per la gioia e per la vita, non per il dolore e per la morte.
Osserva quella nuvoletta che si è posata sulla cima del monte, come per trovare un momentaneo riposo, prima di ripartire: leggera, bianca, silenziosa.
Tra poco non sarà più lì, chissà dove se ne sarà andata.
Essa, come ogni altra cosa, obbedisce a un grande disegno armonioso di cui non possiamo risalire alle ragioni ultime, ma che dobbiamo solo accogliere con stupore e gratitudine, inserendoci in esso con umiltà e naturalezza.
Tutto è grazia: anche i momenti di difficoltà; ogni cosa ci viene incontro per offrirci occasioni di maturazione spirituale, di consapevolezza, di redenzione.
Caro amico, dobbiamo solo imparare a volerci bene e a perdonarci.