Newsletter, Omaggi, Area acquisti e molto altro. Scopri la tua area riservata: Registrati Entra Scopri l'Area Riservata: Registrati Entra
Home / Articoli / Israele tifa per l’amico d’Egitto

Israele tifa per l’amico d’Egitto

di Roberta Zunini - 01/02/2011




Nessuna sorpresa. Di fronte alla crisi egiziana, il presidente israeliano Bibi Nethanyau e il presidente dell'Autorità nazionale palestinese Abu Mazen, la pensano allo stesso modo: Mubarak deve rimanere al potere. Per Netanyahu, il presidente egiziano è il miglior alleato dell'area, soprattutto dopo la rottura con la Turchia. E dopo una settimana trascorsa a cercare di convincere gli alleati occidentali a non abbandonare Mubarak – notizia rivelata dal quotidiano di Tel Aviv, Haaretz – ieri ha aperto per la prima volta (dopo il trattato di pace del '79 con l'Egitto) la penisola del Sinai ai soldati e ai thank egiziani.
La penisola del Sinai tornò all'Egitto nel '79 ma in base agli accordi deve rimanere una zona demilitarizzata. Ma ciò che sta avvenendo al confine sud di Israele è troppo pericoloso e merita un comportamento eccezionale. Dunque, pur di mantenere Mubarak al potere, Bibi si allea con il faraone morente, lasciando al suo esercito la possibilità di entrare in quella distesa di sabbia che si chiama Sinai, dove transitano le armi e le idee per unire il jihadismo e fortificare Hamas. Anche Abu Mazen, da parte sua, ha sempre riconosciuto a Mubarak il ruolo di “complice” nel contenere l'ascesa al potere di Hamas, sorella dei Fratelli musulmani egiziani. Il presidente palestinese è spaventato quanto Netanyahu per le rivolte nel mondo arabo e proprio ieri a Ramallah, capitale amministrativa dell'Anp, la polizia palestinese è intervenuta per bloccare una manifestazione davanti al consolato egiziano.
I MANIFESTANTI volevano solidarizzare con gli egiziani ma il vertice dell'Anp non può permettere – dal suo punto di vista – alcuna apertura al dissenso.
Significherebbe dare spazio a coloro che vorrebbero anche in Cisgiordania, il governo di Hamas. Significherebbe dare la possibilità ai supporter di Hamas di approfittare della attuale situazione di debolezza delle “presidenze autoritarie” del Maghreb e del Medio Oriente, tra cui quella palestinese.
La nomenclatura dell'Anp da mesi si trova in una difficile impasse: dopo il fallimento dei negoziati di pace con Israele, la settimana scorsa si è trovata a fronteggiare le conseguenze della pubblicazione dei cosiddetti Palestinian papers, i documenti rivelati e mandati in onda dalla tv del Qatar Al Jazeera. Ne emerge un appiattimento ventennale delle istanze palestinesi ai voleri di Israele. Nonostante il soccorso dei più stimati negoziatori palestinesi tra cui Saeb Erekat che ha definito tutta l'operazione una sorta di montatura per screditare il presidente, l'Anp, a favore di Hamas, la credibilità dell'Anp e del partito che la anima, Fatah, ne ha risentito.
Non ci voleva proprio, quindi, il crollo di Mubarak, colui che ha sempre fatto da mediatore nel conflitto israelo-palestinese. Netanyahu aveva a questo proposito imposto il silenzio stampa ai propri ministri: la questione è troppo delicata per permettere il chiacchiericcio. Così è avvenuto in Cisgiordania. Solo Netanyahu e Mazen avevano fatto una breve dichiarazione di solidarietà a Mubarak.
Per Abu Mazen tuttavia la situazione è ancora più pericolosa perché all'interno della Cigiordania c'è una guerra civile a bassa intensità che potrebbe rinvigorirsi: molti sostenitori di Hamas all'interno della West Bank odiano Abu Mazen perchè di fatto non ha riconosciuto il voto elettorale, che nel 2007 ha scatenato , nella striscia di Gaza, una vera e propria guerra civile. Abu Ma-zen non permette nemmeno il rinnovo del quadro amministrativo, posponendo continuamente l'appuntamento elettorale.
DIFFICILE UNA sollevazione perché in Cisgiordania l'economia, anche individuale è in crescita, grazie alla politica economica del primo ministro Salam Fayyad che, aiutato da Israele, ha migliorato la vita dei palestinesi. Resta il fatto che non si tratta di un regime che pratica la corruzione e la violenza contro gli oppositori, incarcerandoli e torturandoli.
I palestinesi e gli israeliani che oggi governano non possono permettere una deriva islamista nei paesi limitrofi, soprattutto giganti da oltre 80 milioni di abitanti come l'Egitto. Con Omar Suleiman alla presidenza accanto a Mubarak le cose potrebbero andar loro bene, visto che l'ex capo dei servizi segreti conosce molto bene la questione palestinese e ha ottimi rapporti con Israele.