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Obesità, sciagura planetaria

di Costanza Aragona - 07/02/2011



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Una persona su dieci nel mondo è sovrappeso, più del doppio di 30 anni fa. L’allarme della rivista Lancet che ha pubblicato la più ampia ricerca mai effettuata sino a oggi.
Gli obesi nel mondo sono circa mezzo miliardo, quasi il doppio di 30 anni fa. La stima è il risultato di tre studi pubblicati sulla rivista scientifica Lancet, che hanno utilizzato tutti i dati disponibili per valutare l’Indice di massa corporea (ossia il peso diviso il quadrato dell’altezza,), i livelli di pressione arteriosa e di colesterolo, negli anni dal 1980 al 2008. Risultato: quasi una persona su dieci è risultata avere una massa corporea superiore a 30 Bmi, cioè obesa. A essere colpite sono più le donne (297 milioni) degli uomini (205 milioni).
 
Nel 2008, ad esempio, era obeso il 13,8 per cento della popolazione femminile mondiale e il 9,8 per cento di quella maschile. Nel 1980 le percentuali erano rispettivamente pari al 7,9 e al 4,8. I ricercatori, che hanno elaborato l’analisi più vasta finora condotta su questo tema, hanno poi messo a confronto l’indice di obesità con il Prodotto interno lordo. È emerso che tra i Paesi con reddito più alto, sono gli Stati Uniti quelli dove l’obesità è più diffusa e con un indice di massa corporea media superiore a 28 . I più magri al mondo sono i giapponesi con un Imc medio intorno ai 24 punti. Tra le popolazioni con  il maggior numero di tagli extralarge svettano gli abitanti delle Isole Samoa, nel Pacifico. Per quanto riguarda il nostro Paese, le donne sono risultate nel 2008 al 63/mo posto nel mondo per magrezza, mentre i maschi sono 133/imi (su 199 paesi).
 
Gli autori del lavoro hanno stimato per l’Italia 4,7 milioni di obesi tra i maschi adulti e 4,5 milioni tra le donne. Buone notizie anche per quanto riguarda la Bmi che dal 1980 al 2008 è rimasto praticamente fermo per le donne, ed è aumentato di pochissimo per gli uomini. «Essere obesi non è più un problema che colpisce solo l’Occidente, ma è globale», spiega Majid Ezzati della School of Public Health all’Imperial College di Londra che insieme ai colleghi di Harvard e con la supervisione dell’Organizzazione mondiale della sanità ha elaborato i report pubblicati su Lancet.