Newsletter, Omaggi, Area acquisti e molto altro. Scopri la tua area riservata: Registrati Entra Scopri l'Area Riservata: Registrati Entra
Home / Articoli / La rabbia dei «senza futuro» Così nascono i movimenti

La rabbia dei «senza futuro» Così nascono i movimenti

di Francesco Alberoni - 07/02/2011



Quando si studiano i movimenti bisogna, per prima cosa, identificare le precondizioni strutturali che rendono possibile il loro nascere. Nel caso dei movimenti apparsi in Mauritania, Algeria, Tunisia, Egitto, Giordania, Libano, Siria e Yemen, la precondizione strutturale è molto simile a quella che, 50 anni fa, ha permesso il nascere dei movimenti giovanili in Usa e in Europa: un enorme aumento della popolazione giovanile scolarizzata e con aspettative crescenti. Da noi era avvenuto col baby boom degli anni 50-60, da loro nell’ultimo trentennio per cui i giovani sotto i ventiquattro anni costituiscono la maggioranza della popolazione. Essi sono scolarizzati, con desideri presi dall’Occidente e sono spesso disoccupati. Tutti hanno parlato dell’importanza di Facebook, dei cellulari, della imitazione, del contagio, cose verissime, ma si tratta di fattori che diventano efficaci solo in Paesi che hanno situazioni strutturali analoghe. Non può, per esempio, esserci contagio in Italia dove la percentuale dei giovani è bassissima. Invece, ci può essere in Paesi con lo stesso tipo di popolazione giovanile anche se il sistema politico è completamente diverso come il Marocco, la Libia e la Turchia.

Questo non vuol dire che gli effetti politici dei movimenti siano uguali ovunque. Il movimento collettivo è un processo con delle fasi. Nella sua fase iniziale la gente vive quello che io ho chiamato lo «stato nascente». Un’esperienza di entusiasmo, di esaltazione, di fratellanza in cui tutti hanno l’impressione di poter realizzare subito la libertà, l’uguaglianza, la pace e la giustizia. Lo «stato nascente» è uguale in tutti i movimenti e in tutti i Paesi. Poi, però, subentra la seconda fase di elaborazione ideologica, religiosa e politica, fino ad una terza fase in cui si costituisce e si afferma un potere. In Iran, durante la fase dello «stato nascente», quasi tutti pensavano che i giovani iraniani sarebbero diventati socialisti come era avvenuto in Europa. Invece Khomeini e il clero sciita hanno egemonizzato il movimento e lo hanno usato per costruire una teocrazia islamista. Tutti oggi si domandano se lo stesso può avvenire in Egitto sotto la leadership dei Fratelli Musulmani. La mia prima impressione è che le élite, dopo l’esperienza iraniana, comincino ad avere dei dubbi, se non paura. Inoltre la Guida dei Fratelli Musulmani, Mahdi Akef, non è certo un leader carismatico come Khomeini. Ma i movimenti sono come masse d’acqua che possono spostarsi o fermarsi in modo imprevedibile.