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Casa: solare, a clima,passiva o a risparmio energetico

di Giovanni Pinca - 09/02/2011




Parlare di costruzioni a basso impatto ambientale significa in primo luogo parlare di una relazione che nasce e si sviluppa in un determinato contesto e più si cura questo aspetto, più si trova il senso dell’abitare uno spazio.
Fare questo significa contestualizzare l’edificio all’interno di un sistema ambiente dove vigono regole specifiche. In questo contesto, passare da uno standard tradizionale all’efficienza è più una questione di apprendere un processo progettuale che di cambiare la tipologia edilizia o i caratteri di un’abitazione, dove per esempio il sapere costruttivo locale può essere recuperato sfruttando la necessità di migliorare la qualità delle nostre costruzioni.

Da questo principio discendono una serie di opportunità su cui cercheremo di fare un po’ di chiarezza, nel panorama spesso confuso che caratterizza una realtà normativa non omogenea, ad ampia variabilità regionale e in rapida evoluzione come quella in materia di edilizia.


La casa bioclimatica: costruire l’appartenenza a uno spazio, tra tradizione e nuovi saperi costruttivi

Nella casa bioclimatica, gli obiettivi del basso consumo energetico e dell’integrazione all’ambiente naturale vengono elaborati al fine di coniugare le tradizionali tecniche costruttive e il linguaggio architettonico locale con l’efficienza e l’innovazione tecnologica. Non si tratta di un concetto nuovo, ma dell’attualizzazione di tecnologie e soluzioni costruttive ampiamente in uso prima del boom edilizio degli anni ’60. Si fa quindi riferimento a tecniche antiche di costruire (pensiamo ai dammusi costruiti nelle grotte, tipici dell’isola di Pantelleria o alle case in legno dell’Alto Adige per esempio), che meglio si adattano alle singole situazioni climatiche in cui l’edificio è inserito.
Nell’architettura bioclimatica la temperatura interna delle abitazioni viene ottimizzata attraverso la scelta delle caratteristiche costruttive e strutturali, dai materiali impiegati e alla disposizione delle superfici
vetrate, con una particolare attenzione alla struttura dei locali e ad un corretto orientamento dell’edificio. Si sfruttano così al meglio gli apporti energetici esterni, riducendo molto o eliminando del tutto il fabbisogno energetico per il riscaldamento/raffrescamento.

Dal punto di vista delle scelte tecniche, sono elementi della casa bioclimatica il “cappotto”, gli infissi e in generale i serramenti, l’esposizione, i materiali edili e quelli adottati per le finiture, i sistemi di raffrescamento naturale in estate (ombreggiamento) e di riscaldamento naturale in inverno (isolamento e coibentazione, massimizzazione dell’illuminazione naturale e degli apporti solari). Quindi in inverno la nostra casa sarà naturalmente calda e in estate sarà naturalmente fresca, limitando l’esposizione delle superfici vetrate e delle pareti attraverso l’inclinazione del tetto e l’uso della vegetazione, ma soprattutto adottando sistemi di ventilazione naturale diurni e notturni.

La certificazione energetica degli edifici

Quali siano nella pratica le “performances” della nostra casa ce lo dice la certificazione energetica, uno strumento ormai ampiamente diffuso a livello europeo. Nate come sistema volontario, su impulso della direttiva 2002/91/CE, le certificazioni in edilizia si stanno trasformando progressivamente in obbligo di legge (prima per le nuove costruzioni, a seguire per le ristrutturazioni, nell’ambito della compravendita e poi delle locazioni), in quanto sono ritenute una delle azioni più efficaci per ridurre i consumi nel settore civile, che assorbe oggi circa il 40% dei consumi di energia. Il documento fotografa – attraverso una serie di calcoli effettuati da tecnici specializzati e accreditati – le caratteristiche del “sistema edificio-impianti”, ovvero quanta energia serve per riscaldarlo e raffrescarlo, produrre acqua calda, illuminarlo.

Al sistema delle certificazioni si associa un meccanismo di etichettatura che riporta la “classe” di prestazione energetica su una scala che va da A (massima) a G (minima), resa evidente da un documento rilasciato dal tecnico certificatore – l’attestato di certificazione energetica – e di solito da una targa sull’edificio. L’attestato riporta anche suggerimenti in merito a possibili interventi migliorativi accompagnati da un’analisi di convenienza costi/benefici. Il vantaggio più immediato del sistema è che la certificazione permette di sapere, prima di acquistare o affittare un immobile, quanto consumerà e quindi quanto costerà la gestione.

Ovviamente le direttive UE devono essere recepite dai singoli Stati membri, cosa che
sta accadendo anche in Italia nonostante vi siano alcuni ritardi e particolarità. Nel nostro Paese l’iter normativo nazionale è in piena evoluzione, anche se le disposizioni di legge si applicano solo alle Regioni che non hanno ancora normato la materia. Infatti l’applicazione dei provvedimenti nazionali è subordinata alla “clausola di cedevolezza”, per la quale le Regioni e le Provincie Autonome possono adottare proprie regole in merito. E di fatto molte si sono mosse autonomamente e in anticipo rispetto all’iter nazionale, adottando diversi schemi di certificazione.

La prima esperienza è quella della Provincia di Bolzano, che dal 2002 con la certificazione CasaClima regolamenta la progettazione dei nuovi edifici, mentre la Lombardia per prima ha reso obbligatoria la certificazione su tutto il proprio territorio. Altre esperienze si aggiungono in Trentino, Alto Adige, Piemonte, Liguria, Emilia Romagna, Toscana e Puglia, mentre Friuli Venezia Giulia, Umbria, Marche e Lazio hanno disciplinato la materia senza per ora adottare provvedimenti attuativi. Basilicata e Valle D’Aosta, infine, hanno disciplinato la materia nel quadro più generale dell’edilizia sostenibile.

Per il primo gruppo di regioni si tratterà dunque di ravvicinare progressivamente le proprie disposizioni alla normativa nazionale, mentre le altre dovranno definire o completare il quadro con provvedimenti attuativi. Nelle Regioni che mancano all’appello il sistema entrerà in funzione sulla base delle linee guida nazionali.

Marchi volontari: “CasaClima” e “Casa Passiva”

Aldilà della certificazione obbligatoria, oggi sono pochissimi i marchi che possono dirsi efficaci, essendosi guadagnati, oltre alla fama di qualità ed efficienza, anche quella di affidabilità e trasparenza. Sviluppatisi principalmente nelle regioni di lingua tedesca, sono gli standard “Passivhaus” (casa passiva) e “KlimaHaus” (CasaClima) che stanno riscontrando un sempre maggiore interesse anche tra il pubblico degli utenti e dei tecnici italiani.
Si tratta, in pratica, di ulteriori procedure di Certificazione Energetica, ma legate alla volontarietà e alla applicazione di standard energetici più elevati di quelli attualmente
richiesti a livello normativo, quindi a uno specifico marchio di qualità.

Casa Passiva (metodo PHPP)

Risalgono alla Svezia degli anni ’80 i primi prototipi di edifici “a zero consumo”.
Sperimentazioni isolate e improponibili sul mercato a causa di costi altissimi, sono stati però il punto di partenza di un percorso che ha portato, negli anni ’90, alla prima “Passivhaus” a Darmstadt in Germania, caratterizzata da un involucro termico talmente efficiente da poter mantenere il comfort interno anche senza un vero e proprio sistema di climatizzazione.
La standardizzazione del “concept” energetico passivo ne ha esteso la diffusione alle altre zone climatiche, incluso il bacino del Mediterraneo. Il termine “passivo” è riferito allo sfruttamento degli apporti termici solari attraverso le finestre e al guadagno interno che proviene da persone e apparecchiature.
Si tratta di applicare una precisa metodologia costruttiva e progettuale, che assicura un’elevata qualità abitativa e una sensibilissima riduzione del fabbisogno alle fonti rinnovabili. La “Passivhaus” ha potuto collocarsi nel mercato perché è riuscita a bilanciare il maggior costo iniziale di investimento con i vantaggi economici di gestione. Di regola, un edificio passivo non può consumare più di 15 kWh/m2 anno per il riscaldamento, che equivale a circa 1,5 litri di gasolio (o circa 1,5 m3 di gas metano) al mq/anno. Quanto due pieni di un’auto!
Gli edifici passivi sono quindi caratterizzati da una coibentazione particolarmente efficiente e da una tenuta all’aria molto elevata. Per ottimizzare gli apporti solari è fondamentale l’orientamento dell’edificio, la forma e dimensione delle finestre in relazione anche a sistemi di schermatura per l’estate, tra cui alberi caducifoglie e balconi/terrazzi sovrastanti.

Completa il quadro l’installazione di un sistema di ventilazione controllata con recupero di calore altamente efficiente che garantisce contemporaneamente un’alta qualità dell’aria interna, la riduzione delle dispersioni dovute all’apertura manuale delle finestre per il normale ricambio dell’aria e l’immissione di aria fresca a una temperatura ideale (riscaldata in inverno, eventualmente raffrescata in estate) sfruttando il calore prelevato dall’aria viziata e/o dal sottosuolo. Attualmente nel mondo esistono più di 10.000 edifici certificati passivi (si stima circa il doppio includendo le realizzazioni non certificate) dalle più variegate destinazioni d’uso, tra abitazioni mono e plurifamiliari, uffici, scuole, negozi, edifici pubblici e centri commerciali. Gran parte sono in Germania e Austria, ma anche in Italia si assiste ad un incremento della domanda e dell’offerta in tutti i campi.

La casa a basso consumo/ passiva Casa Clima

L’Agenzia CasaClima (www.agenziacasaclima.it) si occupa dal 2006 di certificazione energetica con marchio di qualità.
Nata come strumento volontario all’interno della Provincia Autonoma di Bolzano intorno al 2000, la certificazione Casa-Clima è divenuta obbligatoria nel 2004 per tutte le nuove abitazioni ed è stata estesa alle riqualificazioni con il requisito minimo della classe B (meno di 50 kWh/m2 anno).
Lo schema di certificazione contempla tre classi di qualità: CasaClima B, A e Oro. Il certificato energetico evidenzia immediatamente l’entità del fabbisogno di calore per riscaldamento dell’edificio, che corrisponde ai limiti di 50, 30 e 10 kWh/m2 anno. A seguire viene espresso il rendimento energetico complessivo dell’edificio, anche in termini di emissioni di gas di serra e, se richiesta, la valutazione della sostenibilità ambientale dell’edificio in base all’impiego di materiali ecologici e fonti rinnovabili.

Il sistema CasaClima, ormai conosciuto in tutto il Paese, deve il proprio successo alla trasparenza della metodologia, alla credibilità tecnica ma anche alla capacità di interpretare le esigenze di diversi climi e culture locali. Ad oggi sono stati certificati più di 2300 edifici, di cui 349 fuori dalla Provincia di Bolzano. Solo fuori Provincia, l’attuale numero di richieste di certificazione riguarda all’incirca 1200 edifici.
Sia l’Agenzia CasaClima che il Passivhaus Institut sono portavoce degli stessi principi, infatti alla CasaClima “Oro” corrisponde la “Casa Passiva” tedesca.

Bioedilizia e tecniche costruttive

Una volta fatta chiarezza sui termini, si apre il capitolo delle tecnologie e dei materiali costruttivi, ovvero di come vengono raggiunte determinate prestazioni in termini di consumi energetici e benessere per gli occupanti. Ragionare in chiave di bioedilizia significa raggiungere standard importanti dal punto di vista delle prestazioni e di comfort abitativo impiegando materiali naturali, che a fronte di un prezzo mediamente più alto dei materiali di sintesi, offrono maggiori garanzie di salubrità e hanno un ciclo di vita più “leggero” sia in fase produttiva che in fase di smaltimento.

Se è vero – come ci dicono gli altoatesini – che anche Casa Clima, la prima “rivoluzione edilizia” italiana ha suscitato prima l’attenzione dei committenti che dei tecnici, non possiamo fare a meno di ricordare che anche in materia di edilizia come in tutti gli altri ambiti del consumo, sono le scelte dei singoli ad esercitare un ruolo di traino nei cambiamenti. Dalla casa passiva, ai materiali naturali, alle case di paglia, le proposte sono molteplici ed adattabili ai contesti geografici e climatici più variegati. Che si tratti di edifici pubblici o privati, villette o castelli, scuole o palestre, gli esempi in Italia non mancano, come non manca la curiosità di un numero sempre crescente di committenti.
Per l’immagine si ringrazia: http://www.ecohouseplan.com