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Energia. La chiave è ridurre i consumi

di Andrea Bertaglio - 10/02/2011


Gli studi esistono e sono dettagliati, anche sul piano pratico. Le tecniche sono collaudate. Il resto deve farlo la volontà, individuale e collettiva: nella consapevolezza che una condotta attenta potrebbe ridurre di tre quarti il fabbisogno


Chi sostiene il punto di vista della decrescita lo afferma da sempre: per iniziare a risolvere il problema dei costi e dell’inquinamento dovuto all’approvvigionamento energetico si deve fare in modo di ridurre la domanda, piuttosto che aumentare l’offerta. Non vivendo di stenti e di rinunce, ma agevolando le politiche di efficienza energetica. Una scelta che ci porterebbe a risparmiare fino al 73 per cento di energia, come conferma ora anche uno studio dell’Università di Cambridge pubblicato recentemente dall'Environmental Science and Technology. Che, dalle sue pagine, mostra come sarebbe sufficiente apportare piccole modifiche a edifici, veicoli e strutture industriali per risparmiare quasi i tre quarti del consumo complessivo. Anche se l’importanza delle proprie abitudini rimane primaria.

«Se davvero si vuole risolvere il problema del fabbisogno energetico e del riscaldamento globale, allora sarà necessario considerare la questione non solo dal lato dell'offerta del servizio, ma anche da quello della domanda», ha spiegato l’autore della ricerca, Julian Allwood. Ridurre la domanda è quindi il primo passo, e per farlo non è necessario cambiare radicalmente il proprio stile di vita. Bastano piccole attenzioni ed accorgimenti. È questa, in sintesi, la tesi dei ricercatori di Cambridge. Che, di conseguenza, consigliano di adottare una serie di buone pratiche atte a vivere sprecando di meno, ed a rendere efficienti gli edifici, le strutture ed anche i veicoli.

La tecnologia può aiutare molto, se usata nel modo giusto, se fruttata per ridurre l’uso di energia e di risorse, o la produzione di rifiuti. E può essere realmente utile, se orientata verso un discorso di qualità, invece che di quantità, come il mercato globale impone in maniera sempre più pressante. Qualche esempio? Per gli studiosi di Cambridge si può iniziare dall’isolamento di edifici ed abitazioni con pareti più spesse, o dall’installazione di finestre con doppi e tripli vetri. Importante anche adottare semplicissime (se non addirittura banali) misure nella propria quotidianità, come usare i coperchi sulle pentole durante la cottura degli alimenti, eliminare i serbatoi di acqua calda o ridurre la temperatura impostata di lavatrici e lavastoviglie. 

Per Nick Eyre del gruppo Lower Carbon Futures dell’Università di Oxford: «Non basta un edificio efficiente se poi chi lo abita apre continuamente le finestre mentre fuori fa freddo». Ovvero: sta soprattutto al singolo, anche in presenza di soluzioni tecnologicamente avanzate, fare attenzione a non sprecare l’energia. Perché nel momento in cui si dispone di apparecchiature, veicoli o sistemi più efficienti, si corre infatti il rischio di incorrere nel cosiddetto rebound effect, o “effetto rimbalzo”: so che un apparecchio (o un’auto, una lampadina, qualunque cosa) consuma meno, quindi la uso di più, magari inconsciamente, ma finendo col consumare anche più di prima. 

L’aspetto interessante delle osservazioni di Eyre, però, è che le conclusioni raggiunte dai colleghi di Cambridge sono particolarmente “potenti” dal punto di vista politico. Perché parlare di riduzione della domanda, invece che di aumento dell’offerta, può avere effetti non di poco conto sulle decisioni prese a livello sia nazionale che internazionale. Per Eyre: «L'enfasi sull'importanza dei “sistemi passivi” suggerisce con forza che la visione convenzionale sul sistema energetico e sulla politica energetica deve essere ampliata per includere l'energia come viene utilizzata, non solo il modo in cui è fornita e convertita». 

Immaginiamo che cosa significherebbe per l’Italia (e gli italiani) se la classe politica e dirigente in generale facessero propria questa tesi: invece che di Piano Casa sentiremmo parlare seriamente di ristrutturazione energetica degli edifici; invece che di rilancio nucleare sentiremmo magnificare l’efficienza energetica; invece che di rigassificatori nelle giunte comunali si parlerebbe di cappotti coibentanti per le case; e così via. 

Ma sembra poco probabile, in un Paese in cui, ancora, ci si danna, o meglio, ci si rende ridicoli parlando di Piano Sud o di Piano Casa, appunto. O nel quale, peggio ancora, si punta alla più becera deregulation, revisionando l’art. 41 della Costituzione. Per cosa, poi? Per fare salire il Pil (ma chi ci crede?) a crescere del 4 o 5 per cento. Come in Germania, direbbero politici ed economisti nostrani. Persone rimaste bloccate nei secoli addietro, ignare del fatto che quello è proprio il Paese in cui i “sistemi passivi” sono stati inventati, e nel quale l’efficienza energetica degli edifici, fra le altre cose, ha raggiunto livelli che nel Bel Paese nemmeno immaginiamo.