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Maretta alla Moretta

di Stefano Serafini - 20/02/2011

Fonte: ilcovile





Lo scorso 2 febbraio il sindaco di Roma Gianni Alemanno ha reso pubblica la sua ultima pensata: risistemare quell’ampia zona nuda del centro della Capitale – circa 7000 mq – che fu prodotta tra il Lungotevere e la splendida Via Giulia da un inconcluso progetto di epoca fascista con l’abbattimento dei palazzi preesistenti.

Di urgenze Roma ne avrebbe ben altre, ma il ricompattamento urbano e la rivitalizzazione del centro sono comunque temi importanti, quindi l’inizio ci piace. Eppure anche questa volta, come in altre occasioni, il comportamento dell’Amministrazione capitolina si è rivelato torbido e contraddittorio.

Dopo aver richiesto una consulenza sull’area al prof. Paolo Marconi, massima autorità scientifica, il Comune ha infatti deciso di voltare le spalle alla sua accurata analisi filologica, nonché all’ipotesi del primo concorso di architettura voluto e giudicato dai cittadini, e di prospettare invece per il largo della Moretta una discontinuità stilistica al cui confronto la Teca di Meier è quasi un sampietrino. Si può forse rischiare di esser da meno di Veltroni, signor Sindaco? Con incarico diretto benché non retribuito Alemanno ha invitato sette architetti à la page (Aldo Aymonino, David Chipperfield, Stefano Cordeschi, Roger Diener, Paolo Portoghesi, Franco Purini e Giuseppe Rebecchini) a proporre le loro idee creative; tuttavia, per passare da democratico come per la vicendaccia della Formula 1 all’Eur, chiede alla popolazione di votare quale di quelle proposte dovrà ricevere l’appalto. In pratica, o cittadini, scegliete fra sette merendine industriali, e se mai aveste desiderato uva o mele peggio per voi.

Siccome però né gli abitanti di Via Giulia, né i romani, né il resto degli italiani e di tutti coloro che al mondo amano Roma gradiscono essere presi in giro, è scoppiata la rivolta.

Non è soltanto una questione architettonica (il vecchio odio al cosiddetto “falso storico” che ancora ci ammorba dai tempi del Futurismo), di difesa della città (ancora un’amministrazione che vuol lasciare il proprio originale graffito sulla carne urbana), di etica professionale (diversi giovani progettisti hanno esposto pubblicamente i propri dubbi deontologici agli anziani colleghi selezionati dall’alto),[1] ma di vera e propria insofferenza ai metodi da furbetti con i quali si sta andando avanti nella gestione degli interessi pubblici, e dei quali questo maneggiare con lo spazio della città è una vistosa e provocatoria espressione, che non passa più inosservata.

Con questo numero del Covile [il 630, tra pochi giorni online a www.ilcovile.it], battagliero e civico, presentiamo allora il primo progetto di risanamento di piazza della Moretta sviluppato nel 2009 dagli studenti dell’Università di Notre Dame all’interno del corso di progettazione del prof. Ettore M. Mazzola, al momento l’unico, insieme a quello successivo stilato dallo stesso Marconi, a diversificarsi dall’insulso postmodernismo antifilologico che il Sindaco, accodandosi ai suoi predecessori, vorrebbe conficcare nel centro storico più bello del mondo e ritenuto un tempo intoccabile. Un’opera antifilologica è cattiva, perché in nome di una moda priva di radici, soggettiva, spettacolare, e di nessun respiro politico, cancella e deforma il tesoro comune della realtà. A stretto giro, è già avvenuto per l’antico Porto di Ripetta sommerso pochi anni fa dalle tonnellate di cemento della Teca di Meier. Ora tocca a via Giulia. Presto chissà ancora a cosa. Nel non troppo lontano 1988 Guy Debord ci aveva ammoniti: «Lo spettacolo si è mischiato a ogni realtà, irradiandola. Eccetto un patrimonio ancora cospicuo, ma destinato a ridursi sempre di più, di libri e di edifici antichi (…) non esiste più nulla, nella cultura e nella natura, che non sia stato trasformato, e inquinato, secondo le capacità e gli interessi dell’industria moderna».[2] Un giorno i nostri figli ci chiederanno conto di ogni pagina cancellata e di ogni mattone perduto in questa prostituzione culturale, politica ed edilizia.

                                                                  
[1] Una lettera aperta, assai dura, del sito Amate l’Architettura è stata pubblicata qui: http://www.amatelarchitettura.com/wp-content/uploads/2011/02/lettera-aperta-su-via-giulia.pdf Solo pochi, tuttavia, hanno prestato attenzione al fatto che sotto la superficie dell’intervento “artistico” rispunta l’idea di un parcheggio sul Lungotevere, già bocciato da urbanisti, cittadini e associazioni (prima fra tutte Italia Nostra) per ragioni evidenti almeno quanto lo sarebbero gli interessi dei costruttori in gioco.

[2] Guy Debord, Commentaires sur la Société du Spectacle, Paris, Éd. Gérard Lebovici, 1988, IV.