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Friedrich Nietzsche: l’unica parola d’ordine: andare oltre

di Nuccio Ordine - 23/02/2011


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«Che cos’è dunque la verità? Un mobile esercito di metafore, metonimie, antropomorfismi, in breve una somma di relazioni umane che sono state trasposte e adornate poeticamente e retoricamente e che, dopo un lungo uso, appaiono a un popolo salde, canoniche e vincolanti» : Friedrich Nietzsche ha meno di trent’anni quando inizia la sua straordinaria opera di demolizione sistematica di ogni forma di conoscenza. «A colpi di martello» , il giovane filosofo aggredisce norme e concetti di un sapere fino ad allora ritenuto consolidato: critica la nozione di verità, l’idea di civiltà moderna, le false visioni del rapporto tra vita e cultura; attacca frontalmente il cristianesimo e i sostenitori della democrazia e dei valori umanitari; rifiuta, senza esclusione alcuna, i secolari dualismi teorizzati dalla filosofia occidentale (forma-materia, anima-corpo, umano trascendente...). Nei tre saggi raccolti nel volume in edicola con il «Corriere» — La visione dionisiaca del mondo, La filosofia nell’epoca tragica dei greci e Su verità e menzogna in senso extra morale, tradotti da Sossio Giametta, che al filosofo ha dedicato importanti riflessioni — è possibile ritrovare alcune questioni centrali della filosofia di Nietzsche. Concepiti e scritti negli anni tra il 1870 e il 1873— quando non ancora laureato l’autore insegna filologia classica nell’Università di Basilea e quando scopre le opere di Richard Wagner e di Arthur Schopenhauer— questi testi si offrono al lettore come un’ouverture: le opposizioni apollineo dionisiaco ed essere-divenire, l’antistoricismo, il percorso solitario dei grandi uomini che fuggono la massa dei mediocri, il ruolo del dolore e del tragico nella vita, le menzogne della metafisica e le finzioni delle verità illusorie si configurano infatti come grandi temi che ritorneranno a più riprese, con diverse variazioni, nei successivi movimenti della filosofia nicciana. Ne La visione dionisiaca del mondo già appaiono le celebri categorie di «apollineo» e «dionisiaco» , che saranno poi risistemate nella Nascita della tragedia (1872). Non è vero che l’arte greca sia espressione di equilibrio e armonia. Dietro la maschera della serenità è in continuo fermento l’elemento vitale del mondo dionisiaco, fatto di istinti e di violenza. L’arte, per Nietzsche, trasforma questo magma incandescente nelle forme pacate e ordinate dell’apollineo. Nelle orge di Dioniso (che non hanno nulla a che vedere, è bene ricordarlo, con i miseri «festini» del nostro presente) le danze dei seguaci ricreano, nel fondersi di individuo e natura, lo stato primordiale che si concretizza nell’eterno ciclo di dissoluzione e rinascita. Solo l’arte greca compie il miracolo, traducendo il dionisiaco nell’apollineo, trasformando il fondo tragico e instabile dell’esistenza nelle forme stabili e rassicuranti della creazione artistica. Si tratta di un inganno che rende la vita più sopportabile. E sugli inganni si fonda soprattutto la creazione di norme e verità che vengono imposte all’umanità come assolute e oggettive. L’uomo, per Nietzsche, «si inventa una definizione delle cose uniformemente valida e vincolante e la legislazione del linguaggio dà anche le prime leggi della verità, giacché qui sorge per la prima volta il contrasto tra verità e menzogna» . Così l’essere umano, facendo passare «l’irreale per reale» , si presenta nelle vesti «di un grande genio costruttore che riesce a elevare su fondamenta mobili e per così dire sull’acqua corrente» . Nietzsche, insomma, critica tutte le promesse di stabilità e di eternità, ipocrite e false, che negano l’incertezza, la finitezza, la limitatezza dell’esistente. La vita non va vissuta in attesa di un futuro migliore o in contemplazione di un passato glorioso. La vita va vissuta nel presente, in un andare sempre oltre, senza avere paura del dolore e del mettere a rischio finanche la vita stessa. Parole di un filosofo o di un poeta? Di un reazionario o di un eversivo? Di un liberatore o di un oppressore? Il pensiero asistematico e paradossale di Nietzsche fa discutere la critica animatamente ancora oggi, con interpretazioni diametralmente opposte. Non a caso, lo stesso filosofo diceva di sé: «Io non sono un uomo, sono dinamite» .