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L’altro Risorgimento nei film scomodi

di Raffaele Morani - 28/02/2011


.In questi centocinquanta anni di Unità d’Italia il cinema italiano ha più volte dedicato la sua attenzione agli eventi del nostro Risorgimento, cominciando con la breccia di Porta Pia raccontata nel 1905 da Filoteo Alberini nel film La presa di Roma, uscito giusto il 20 settembre per commemorare uno degli episodi simbolo dell’Unità d’Italia, e che fra l’altro fu il primo film proiettato pubblicamente in Italia, fino al recentissimo Noi credevamo di Mario Martone, vero e proprio affresco risorgimentale.

Fin dai suoi inizi, ed indipendentemente dal tipo di governi e regimi, dalla monarchia alla repubblica passando per il fascismo, la settima arte ha generalmente dato un’immagine eroica, edificante del Risorgimento e dei suoi protagonisti, attraverso numerosi film da Rossellini a Visconti, passando per De Sica, Blasetti, Brignone, Gallone, Rosi, Magni, per citare solo alcuni dei tanti autori che si sono cimentati con l’argomento.

I protagonisti positivi di tali pellicole sono sempre i patrioti, i cattivi per antonomasia sono sempre gli austriaci ed i loro “complici”, dipinti come veri e propri collaborazionisti degli invasori. Un aspetto, questo, che aumenta dopo la Seconda guerra mondiale, quando le similitudini tra patrioti e partigiani da una parte e tra austriaci e nazifascisti dall’altra sono numerose.

La televisione non si è sottratta a tale compito di “acculturazione” delle masse, e nei suoi mitici sceneggiati dei decenni passati ha percorso più o meno la stessa strada. Si tratti di cinema o di televisione, in generale pochissimo spazio è stato concesso alle ragioni di chi, per un motivo o per l’altro, era contrario all’Unità d’Italia o anche a come veniva realizzata. Lungi da rimpiangere in qualsiasi modo la disunità d’Italia, il Papato o i Borboni, ma pensando che sia necessario ricordare tutte le pagine della nostra storia, anche quelle “scomode”, andiamo ad elencare le eccezioni più significative alla vulgata generale sul Risorgimento, opere “revisioniste”, se vogliamo usare un termine molto di moda ed il più delle volte esaltato da una parte e demonizzato dall’altra.

Si comincia con Bronte, cronaca di un massacro che i libri di storia non hanno raccontato, realizzato nel 1972 da Florestano Vancini su sceneggiatura fra gli altri di Leonardo Sciascia. Una rievocazione dei fatti di Bronte del 1860, quando i contadini all’arrivo dei liberatori in camicia rossa si erano ribellati ai signorotti locali, massacrandone alcuni e chiedendo la redistribuzione delle terre a chi le coltivava. L’arrivo dei garibaldini di Nino Bixio per ristabilire l’ordine, perché la spedizione di Garibaldi non può essere fermata da disordini sociali, e la fucilazione in nome della ragion di stato di alcuni contadini e del vecchio capo liberale antiborbonico estranei ai massacri verificatisi, ricorda molto le rappresaglie di innocenti compiute da tedeschi o fascisti durante la guerra civile e che fra l’altro anche Vancini aveva raccontato un decennio prima in La Lunga Notte del ’43. Ragion di stato e Unità d’Italia calata dall’alto, estranea alle ragioni degli abitanti di Bronte che rappresenta un po’ tutto il meridione, è un notevole cambio di prospettiva rispetto al senso comune insegnato fino ad allora, ma anche dopo, nelle scuole di ogni ordine e grado.

Qualche anno dopo viene trasmesso dalla televisione L’eredità della priora, sceneggiato televisivo di Anton Giulio Majano, uno dei maggiori autori degli sceneggiati Rai per più di trent’anni,  andato in onda su Rai Uno nel 1980, basato sull’omonimo romanzo di Carlo Alianello, e ambientato durante il periodo delle insorgenze e ribellioni, a seguito della conquista del regno delle Due Sicilie da parte dell’esercito piemontese dei Savoia. Lo sceneggiato racconta le storie di alcuni ufficiali borbonici, che per vari motivi si uniscono alla rivolta e alle bande dei briganti che sotto la guida di  Carmine Crocco, si oppongono all’esercito piemontese. Abbiamo qui una condanna chiara ed inequivocabile del modo in cui è stato realizzato il processo di unificazione della Penisola, dipinto come una vera guerra civile, mascherata da repressione alla resistenza popolare antisavoia, con atrocità e barbarie perpetrate da entrambe le parti in lotta, tra cui l’esposizione di cadaveri dei ribelli per rappresentazioni fotografiche, o delle teste mozzate di presunti rivoltosi, ed altre azioni riprovevoli dell’esercito dei piemontesi, tutti fatti storicamente provati ma parafrasando Vancini  quasi mai raccontati al cinema o sui libri di storia.

Concludiamo la nostra breve carrellata con Li chiamarono… briganti! un film diretto nel 1999 da Pasquale Squitieri, incentrato sulle vicende del brigante lucano Carmine Crocco e della sua banda, con toni forse un po’ agiografici, tali da far diventare il film quasi un manifesto per i sostenitori delle tesi antirisorgimentali. La pellicola una volta uscita venne quasi subito ritirata dalle sale, non ne esistono copie ufficiali su vhs o dvd e  non è mai stata trasmessa in tv, a differenza di Bronte o dell’Eredità della Priora, che passano ogni tanto sui canali Rai ad orari impossibili o sul satellite.

Chi volesse comunque vedere integralmente questo film, può armarsi di sana pazienza, andare su Youtube, digitare Li chiamarono… briganti! e ritrovare così tutti gli episodi opportunamente numerati in cui è stato diviso il film per essere inserito sul famoso sito per la condivisione di video. Una censura non formale ma di fatto, superata in durezza forse solo da quella operata contro Il Leone del deserto di Moustapha Akkad. Un film realizzato nel 1981 finanziato dal colonnello Gheddafi, e che narra la resistenza dei libici di Omar Al Moukhtar agli invasori italiani, di cui vengono descritte con dovizia di particolari le atrocità (fucilazioni di prigionieri, stragi di civili, uso di gas asfissianti, campi di concentramento). Fatti storicamente accertati, ma che non impedirono il divieto assoluto di proiezione del film in Italia per oltre un trentennio in quanto, come dichiarò nel 1982 il ministro Giulio Andreotti tale pellicola «Danneggia l’onore dell’esercito». Il film è stato trasmesso in Italia per la prima volta, esclusa una fugace apparizione in un festival cinematografico a metà anni ’80, solo nel 2009, ma da Sky cinema non dalla televisione pubblica.