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Afghanistan: combatti, muori e al ritorno… Un funerale di Stato

di Michele Mendolicchio - 02/03/2011

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Ogni volta che arrivano brutte notizie dall’Afghanistan o da altri fronti in cui siamo impegnati militarmente è il solito profluvio di dichiarazioni di cordoglio e di circostanza.
“Siamo lì per stabilizzare l’Afghanistan…”, “siamo lì per tenere lontano il terrorismo da noi…”, “siamo lì per portare la democrazia…”, queste sono le frasi che ci propinano i nostri politici e gli strateghi delle missioni di pace ogni qualvolta arriva la notizia di un attentato. Ma ci rendiamo conto che sono già passati 10 anni d’occupazione dell’Afghanistan? E nulla è cambiato.
Si continua a perseverare in questa tragicommedia dell’esportazione della democrazia, dettata dagli anglo-americani.
E così siamo arrivati alla 37sima bara avvolta nel tricolore, con il solito corollario di dolore e di cordoglio bipartisan. Rispetto per i nostri morti come per tutti gli altri, compresi i civili afghani vittime delle bombe democratiche però smettiamola con questa pantomima dei missionari di pace. Siamo lì perché ce l’hanno imposto gli anglo-americani, con il pretesto della guerra al terrorismo.
Ogni sei mesi c’è un voto bipartisan per il rifinanziamento delle missioni militari all’estero, di cui quella afgana è la principale e la più pericolosa. E tutte le forze politiche, chiunque ci fosse a Palazzo Chigi, hanno sempre appoggiato queste missioni di morte. Lo ripetiamo grande rispetto per i nostri morti ma dobbiamo anche riflettere sulle tante vittime, in primis civili, causate dalla crociata occidentale. L’occupazione dell’Afghanistan va avanti da ben 10 anni e quasi nulla è cambiato in quel paese. Parliamo tanto di rispetto delle diverse identità ma poi vogliamo a tutti i costi imporre il nostro modello, attraverso… una gioiosa macchina da guerra. Da quando abbiamo accettato “l’invito” degli anglo-americani non si fa altro che parlare, ogni volta che siamo vittime di attentati, di exit strategy.
“E’ un calvario, ci chiediamo se gli sforzi che stiamo facendo per la democrazia in quel lontano paese stiano andando in porto”, questo il postulato del presidente del Consiglio a fronte dell’ennesimo attacco ad un convoglio del contingente italiano. Un ufficiale degli alpini deceduto e quattro suoi commilitoni feriti questo l’ultimo bollettino dal fronte afghano.
E spesso si tratta di ragazzi che hanno fatto questa scelta per soldi, visto la tabula rasa delle altre professioni. Nulla da scandalizzarsi perché la stessa cosa succede nel paese stelle e strisce, dove per farsi la villetta con il prato all’inglese si è costretti a partire per il fronte.
Senza contare che la cittadinanza agli immigrati viene spesso subordinata a questa scelta. Parti, combatti, muori e al tuo ritorno… un bel funerale di Stato. Se invece ti va bene potrai toglierti un po’ di soddisfazioni che altre professioni non ti concedono, aspettando la prossima chiamata.
Adesso spetterà al ministro della Difesa fare, in Parlamento, il solito sermoncino sul come e perché è avvenuto l’attentato, con la promessa di un rafforzamento dei mezzi blindati messi a disposizione del nostro contingente. “Mi inchino alla memoria di questo ragazzo, che dolorosamente va ad aggiungersi ad una lista troppo lunga, una lista che non possiamo né vogliamo dimenticare”. Questo il pensiero del ministro della guerra La Russa che non lascia spazio a possibili ritirate. “La nostra linea non cambia”. Quindi il contributo di sangue continuerà con la falsa logica di tenere il terrorismo lontano dalle nostre città.