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E il Muftì attende sul greto del Golfo...

di Ugo Gaudenzi - 02/03/2011

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C’è un muftì che si aggira sui cieli d’Egitto e turba i sonni della giunta militare che – defenestrato Mubarak – ha artigliato il potere al Cairo nel nome di una risibile “democrazia” e, al contrario, in concreto, per evitare spiacevoli eventi anti-occidentali. Il suo nome è Yussef al-Qardaui.
E’ il Grande Vecchio d’Egitto, il padre spirituale dell’Islam nella più grande nazione araba, amico e collega di Hassan al-Bana, il fondatore della Fratellanza Musulmana. Con questi aveva studiato nella più prestigiosa università del mondo arabo, el Hazard. E lì ancora è il suo centro di diffusione di idee e scritti.
Imprigionato tre volte da Abdel Gamal Nasser, dal 1961 vive in esilio nel Qatar. Ha scritto oltre 120 libri, è il massimo interprete egiziano delle sure coraniche e l’elargitore supremo delle “fatwe”, lanciate nell’etere dal suo sito internet islamonline.net. Le parole del muftì ottantaduenne, sono quotidianamente seguite da un pubblico di 60 milioni di musulmani, raggiunti dalla sua rubrica televisiva “la Sharia e la Vita” trasmessa al Jazeera.
A lui, a Yussef al-Qardaui, guardano, naturalmente, i Fratelli Musulmani, come loro guida religiosa, ruolo che preferisce rispetto ad un impegno esplicitamente politico, rifiutato nel 2002 quando la Fratellanza gli offrì la presidenza del Movimento.
Ma sarà comunque il muftì a gestire – per la Fratellanza - la campagna elettorale che forzatamente i golpisti pro-occidentali hanno promesso di far svolgere “liberamente” il prossimo settembre.
E cosa significhi questo, per l’Occidente, è abbastanza scontato: una vittoria della Fratellanza e dei suoi programmi di unità del mondo arabo fondata sui principii del califfato. Una vittoria che verrebbe ottenuta grazie alla presentazione di un presidente laico “moderato” per schermare i propri interessi. Una vittoria, si badi bene, che è destinata non soltanto al “risveglio” della fede islamica, ma che scardinerà di fatto gli equilibri geopolitica di tutto il Vicino Oriente.
Qualche esempio delle idee portate avanti dal Muftì e dalla Fratellanza? La più dura contestazione dell’entità sionista israeliana, il diritto dei palestinesi al martirio per liberare la loro patria, la deplorazione dei costumi corrotti dell’Occidente, la critica radicale ai regimi-colonie insediati dagli angloamericani nei quattro angoli dell’ Arabia, la riconquista della gestione delle materie prime e dell’economia araba.
I Fratelli Musulmani sono attualmente la maggiore forza politica organizzata egiziana. Guidati dal gennaio 2010 da Mohamed al-Badi, un medico veterinario, già nel 2005, nonostante i rigidi controlli e i brogli elettorali del partito di governo retto da Hosni Mubarak, i Fratelli Musulmani riuscirono ad eleggere 88 loro rappresentanti “indipendenti” su 454 totali. L’inattesa vittoria sotterranea della Fratellanza portò il regime a invalidare il voto e ad arrestare gli esponenti islamici più noti tra quelli eletti e i suoi attivisti più conosciuti. La sollevazione di piazza che ha portato alla defenestrazione di Mubarak ha permesso a gran parte di tali detenuti politici di riacquistare la libertà. Secondo gli analisti, i Fratelli Musulmani, organizzati in cellule in ogni moschea d’Egitto, possono contare su una forza pari a circa centomila quadri e a consensi militanti per dieci volte tanto.
Chi legge Rinascita sa bene che è questo il vero fantasma che turba i sonni di Washington, di Londra e delle altre colonie Usa in Occidente, Italia inclusa. L’interessata focalizzazione dei media sulla Libia, in particolare, è un tentativo di distogliere l’attenzione generale su eventi marginali, anche a costo di mettere in atto “guerre umanitarie”. L’Occidente ha bisogno di un pretesto per bloccare preventivamente gli effetti dell’annunciata vittoria della Fratellanza in Egitto. Anche costruendo negli immediati confini cirenaici una testa di ponte pro-occidentale, militare ed economica. O inviando nel Golfo della Sirte un potente dispositivo bellico aeronavale (due portaerei, la Carl Vincent e la Abraham Lincoln e una nave rifornimenti, da aggiungere alla portaerei nucleare Uss Enterprise, accompagnata dal lanciamissili Light Gulf e dalla nave rifornimento Arctic).
In questo quadro il sacrificio di un ex infido alleato – Gheddafi: peraltro anch’egli inviso ai Fratelli Musulmani – fa parte del gioco.
Un gioco sporco, naturalmente. Come si conviene per ogni crociata atlantica.