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Gheddafi come Saddam: «Attaccato per il petrolio»

di Francesca Marretta - 02/03/2011




Decine di migliaia di persone sono ammassate al confine tra Libia e Tunisia. Aspettano di varcare una soglia già oltreopassata da almeno altre 70mila persone. Altrettante si sono riversate verso l'Egitto, in un'esodo che, ha spigato ieri la portavoce dell'Alto commissariato Onu per i rifugiati (Unhcr), Melissa Fleming, è ormai ai livelli di crisi umanitaria.

Sul fronte interno libico, ad a-Zawia, 50 chilometri da Tripoli, la notte tra ieri e lunedì è stata teatro di guerra. Per sei ore le forze fedeli a Gheddafi hanno combattuto l'opposizione, nel tentativo di riprendere il controllo della cittadina. Sono stati costretti a ripiegare. Il fronte anti-regime controlla l'est della Libia, ma anche gran parte dell'ovest. Il Colonnello resta in piedi a Tripoli, base da cui si sono levati gli aerei che nelle scorse ore hanno bombardato depositi di munizioni a Bengazi. In grado di entrare nuovamente in azione. La no-fly zone sulla Libia, a cui la comunità internazionale lavora, serve a bloccarli e ad impedire rifornimenti di armi e rinforzi mercenari per Gheddafi. Due giorni fa, a margine del vertice Onu di Ginevra, a domanda, Hillary Clinton ha risposto negando l'ipotesi dell'intervento militare Usa per costringere Gheddafi alla resa. Stessa cosa ha fatto la numero uno, della diplomazia europea Ashton, che ha brillato per la sua assenza nella convulsa fase attraversata dal medio oriente. E quando ha detto qualcosa, non se n'è accorto nessuno. Tuttavia, come se non fosse del tutto evidente dalla presenza di navi di paesi Nato in avvicinamento al teatro libico, il britannico The Times, ha parlato ieri dell'ipotesi di intervento armato per far cadere Gheddafi. Secondo fonti militari citate dal quotidiano di Londra, la Gran Bretagna, impiegherebbe gli Eurocaccia Typhoon per pattugliare la no-fly zone, su cui insiste da giorni il Premied David Cameron. I Typhoon dovrebbero partire da una base aerea britannica a Cipro o da una base Nato in Europa, probabilmente in Italia. Gli aerei dell'aviazione britannica avrebbero mandato per intercettare e abbattere quelli del Colonnello libico. Il Capo di stato maggiore, Generale Sir David Richards, è già all'opera. Fonti del Pentagono Usa, hanno sollevato il problema della contraerea di Gheddafi, che andrebbe prima neutralizzata. Di soldati che tornano in patria avvolti nel vessillo nazionale, bastano quelli dall'Afghanistan. L'invio di truppe di terra, sarebbe per Cameron, dice ancora The Times, l'opzione finale. Ma non la esclude. Ecco perchè, nei discorsi del Colonnello libico, che delira sull'amore che gli tributerebbe quel popolo su cui egli stesso e la sua discendenza, non si fanno problemi a sparare, Cameron è oggi il nemico numero uno.

Che Cameron si stia, più esplicitamente degli alleati, sporgendosi verso la dichiarazione di un nuovo "intervento umanitario" in Libia, si è capito anche da quello che ha detto ieri a Londra, durante la conferenza stampa tenuta insieme al Presidente afghano Karzai, suo ospite. Sulla crisi libica, il leder britannico, ha detto: «Dobbiamo prepararci a ogni eventualità. Non possiamo permettere che Gheddafi uccida e bombardi il suo popolo, e se questo succede, dobbiamo essere pronti».

Intanto Hugo Chavez, insinuando che siano in ballo in Libia scenari che evocano l'Iraq, ha detto che «sarebbe una vigliaccata» condannare ora Gheddafi e che Usa e alleati sono «impazziti» per il petrolio libico. Se è da ingenui non pensare che il petrolio del deserto libico non faccia gola a programma d'intervenire, non si capisce di quali bugie parli Chavez di fronte ai libici disarmati trucidati da Gheddafi in piazza. Costume del colonnello, anche in precedenza con chi si opponeva al suo regime. Il che non ha impedito a capi di Stato che oggi gli girano le spalle, di esserne i migliori amici.