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Arrivano i cannoni dell «operazione umanitaria»

di Manlio Dinucci - 07/03/2011




Cresce nel Mediterraneo lo schieramento aeronavale statunitense e alleato per la grande «operazione umanitaria» in Libia. Giovedì, mentre il presidente Obama decideva l'uso di aerei militari, ufficialmente per rimpatriare dalla Libia gli emigrati egiziani, il segretario alla difesa Robert Gates ha «ordinato al Comando Africa di assumere la direzione della pianificazione della difesa riguardante la situazione in Libia». Vuol dire che le operazioni aeronavali vengono dirette dal quartier generale delle Forze navali del Comando Africa statunitense, a Napoli, dove si trovano anche i comandi delle Forze navali Usa in Europa e della Forza congiunta alleata, tutti e tre nelle mani dello stesso ammiraglio statunitense Sam J. Locklear III.

Nel quadro di questa operazione, è salpato ieri da Catania il pattugliatore Libra della marina italiana, dotato di cannone OtoMelara e mitragliere pesanti, ufficialmente per portare a Bengasi cibo e medicine per gli insorti. Mentre rientra in porto il cacciatorpediniere lanciamissili Mimbelli, di ritorno da una «missione di soccorso umanitario» in Libia, armato di tre cannoni a tiro rapido, 16 missili Aspide, più razzi e siluri. Pronte a partire sono le navi anfibie San Marco e San Giorgio.

Moderne unità, imparagonabili alla nave Usa d'assalto anfibio Kearsarge che, affiancata dalla nave appoggio Ponce e dal cacciatorpediniere lanciamissili Barry, si sta posizionando di fronte alla Libia, «umanitariamente». La Kearsarge è la più grande delle navi anfibie: lunga oltre 250 m, ha da un lato la funzione di portaerei per velivoli a decollo verticale ed elicotteri da attacco, dall'altro è dotata di potenti mezzi da sbarco, in grado di trasportare fino a 400 marines alla volta, carrarmati e altri veicoli da combattimento. Mezzi aircraft che, sostenuti da un cuscino d'aria, si spostano rapidamente su acqua e su terreno pianeggiante. La Kearsarge può dunque lanciare un massiccio attacco con aerei ed elicotteri e allo stesso tempo sbarcare rapidamente quasi 2mila marines. La sta raggiungendo, dallo stretto di Gibilterra, la fregata britannica Westminster, dotata di missili, cannoni a tiro rapido e altri tra i più moderni armamenti, gestiti da sistemi elettronici di ultima generazione. Dalla Francia arriva, per «evacuare i rifugiati», la portaelicotteri Mistral, scortata dalla fregata Georges-Leygues, che opera come nave comando e unità da assalto anfibio, ha a bordo 16 grossi elicotteri da attacco (Tigre, Puma e Pantera), 13 carrarmati pesanti e 450 commandos. Dal Canada sta arrivando di fronte alle coste libiche la fregata Charlottetown e, dalla Corea del sud, la nave da guerra Choi Young, spostata dall'«operazione antipirateria» nell'Oceano Indiano all'«operazione umanitaria» nel Mediterraneo.

Ci si chiede: se fosse una operazione veramente umanitaria, non sarebbe meglio inviare navi civili, molto più adatte al trasporto di persone e viveri, scortate da qualche unità militare? Perché inviare le più grosse navi da assalto anfibio? La risposta è semplice: per dare l'assalto a ciò che più interessa, l'oro nero libico. La storia si ripete. «Dalle sale di Montezuma alle spiagge di Tripoli»: così inizia l'inno dei marines che, nel 1805, sbarcarono in Libia sostenuti dai cannoni della U.S. Navy.