Crisi libica o attacco all'Italia?
di Alberto B. Mariantoni - 07/03/2011
In qualsiasi crisi internazionale, il dramma principale con il “nostro” americanizzato Occidente – ogni giorno di più mercantilista, faccendiere, trafficante, concupiscente, manutengolo, prosseneta, truffatore, ciarlatano, doppiogiochista, falso moralista, mutevole e capriccioso dispensatore di indulgenze o di anatemi (a tassametro… e tariffa variabile ed arbitraria!), nonché costantemente fedigrafo, fellone e maramaldo – è che, per “grazia ricevuta” (non si sa bene da chi…) – e pur essendo, ogni volta ed in qualsiasi genere di conflitto, diretto contendente o semplice parte in causa – ha invariabilmente tendenza ad auto-escludersi da qualsivoglia trasgressione o responsabilità e ad ergersi simultaneamente e pregiudizialmente a neutro e salutare tutore dell’ordine, giudice imparziale, indispensabile soccorritore “umanitario” e boia di servizio. In altre parole, l’Occidente – per se stesso, ed agli occhi delle nostre atomizzate ed ottenebrate popolazioni – è sempre e comunque il “buono”, e gli altri, invece, costantemente i “cattivi”! Ultimo exploit di questo genere, le bellicose prese di posizione di alcuni Paesi dell’Occidente, nei confronti del regime del Colonnello Gheddafi, ed in relazione alla situazione di “guerra civile” che, dal 17 Febbraio scorso, sta vivendo la Libia o, se si preferisce, la gheddafiana Al Jamahiriyah (1) al `Arabiyah al Libiyah ash Sha`biyah al Ishtirakiyah (Giamahiriya araba, libica, popolare, socialista). Questa “Nazione” – con i suoi 1.755.550 chilometri quadrati di superficie (quasi 4 volte la Francia, anche se per tre quarti desertico) ed i suoi 5 o 6 milioni di abitanti (in maggioranza di etnia berbera, con importanti presenze arabe ed arabizzate, ed almeno il 22-25% di stranieri) (2) che sono tradizionalmente ripartiti e disseminati in cinque regioni principali (la Tripolitania, la Cirenaica, la Sirte, il Fezzan e l’oasi di Kufra) e culturalmente/politicamente lottizzati all’interno di una contraddittoria e discontinua miriade di tribù (3), solitamente e reciprocamente avversarie o antagoniste – non può essere, in nessun caso, paragonata alla Tunisia o all’Egitto. Cerchiamo di vederci più chiaro La Libia, infatti – con una produzione di all’incirca 1,7 o 2 milioni di barili di petrolio al giorno (secondo produttore dell’Africa, dopo la Nigeria) ed un PIL di all’incirca 87 miliardi di dollari (14.200 usd per abitante) l’anno – è uno dei Paesi chiave dello scacchiere Mediterraneo. Soprattutto, per quanto riguarda l’Italia e le sue molteplici e multiformi implicazioni economiche con quello Stato. In particolare, l’ordinario interscambio commerciale che tende ad oscillare tra i 12 ed i 20 miliardi di dollari l’anno, ed una quota di mercato del 17,4% nelle importazioni Italiane (principalmente, petrolio e gas che sono rispettivamente calcolabili e quantificabili ad all’incirca il 24% ed il 15% del nostro fabbisogno nazionale). Importazioni che pongono la nostra Penisola al primo posto, tra i diversi Paesi del mondo (addirittura il 60-70% di più del volume di import che è vantato dall’ormai potentissima ed influentissima Cina), all’interno dell’antico Mare nostrum. Questo, senza contare gli importanti e, in questo momento, indispensabili e vitali coinvolgimenti finanziari libici, con i maggiori gruppi economici italiani, come ENI, Finmeccanica, Ansaldo, Impregilo, Unicredit, Assicurazioni Generali, Telecom, la Juventus, etc., per non citare che i più considerevoli. Va da sé, quindi, che la rivolta civile e militare di una parte della popolazione libica, contro l’attuale regime del leader Gheddafi – a differenza delle taroccate e supermediatizzate “rivoluzioni” di Tunisia e d’Egitto (dove nulla, fino ad oggi, per quanto riguarda i rispettivi Regimi al potere, mi sembra che sia sostanzialmente cambiato!) (4) – non può essere assolutamente imputata alla mancanza di pane o di farina, né alla disoccupazione galoppante, né al basso reddito dei cittadini, né all’insufficiente protezione sociale, né alla carenza di infrastrutture, né alla penuria di civili abitazioni. Ma è piuttosto attribuibile – oltre che alla quasi inesistenza di libertà di parola e di stampa, nonché di democrazia (nel senso che vengono intese in Occidente) – ai tortuosi, complicati e costantemente instabili rapporti di forza e di interesse spicciolo che, da sempre – nonostante gli innumerevoli, reiterati e vani tentativi del regime libico di unificare o amalgamare giamahiricamente l’insieme dei suoi abitanti – continuano ad intercorrere tra le differenti e competitrici organizzazioni tribali del Paese. Una situazione che – volendolo… o qualora un qualsiasi interesse politico/economico esterno alla Libia, lo ritenesse opportuno o conveniente – può senz’altro favorire e rendere molto più facili e realizzabili eventuali e più generalizzati tentativi di corruzione e di manipolazione ad hoc di una larga fetta dell’opinione pubblica libica (quella, ad esempio, che – da un certo numero di anni – è praticamente esclusa dalle leve effettive del potere), nei confronti di quei gruppi tribali che, intingendoci il loro “maritozzo”, tendono ovviamente ad identificarsi con le strutture della Giamahiriya di Gheddafi o a sentirsi direttamente o indirettamente alleati o associati di questi ultimi. Detto ciò, con questa mia lunga (ma, credo, indispensabile) introduzione, non voglio assolutamente difendere l’indifendibile Colonnello di Tripoli, né tanto meno pretendere che il suo regime sia il nec plus ultra di una qualsiasi dinamica, emancipata ed evoluta società. Che Gheddafi sia quello che sia o sia sempre stato – cioè, quel balzano, eccentrico e lunatico personaggio utopista/visionario che tutti conosciamo – ed il suo regime, quell’arzigogolata forma di ordinaria e nepotistica autocrazia che ci è dato di constatare, non mi sembra che possa suscitare una qualsiasi discussione. L’autocrate in questione ed il suo regime, infatti, sono quelli che sono sempre stati (anche se con tratti, sfaccettature ed apparenze convenzionali diverse, iridescenti e successive). E questo, invariabilmente, dal 1 Settembre 1969: data del Colpo di Stato realizzato dall’allora Capitano Muammar Al-Gheddafi e dagli altri 11 “Ufficiali nasseriani” (5) , contro il loro contemporaneo e molto accomodante (con i Britannici e gli Statunitensi) primo ed ultimo Re/fantoccio della Libia, Idriss I che, altri non era, che il religiosissimo e modesto “santone” Sayed Muhammad Idris bin Muhammad al-Mahdi as-Senussi (1889-1983). Per quanto riguarda l’Italia, il Colonnello e la sua particolare autocrazia – nonostante l’iniqua e forzata esplulsione di più di 22.000 nostri connazionali, improvvisamente decretata dal suo nuovo regime (tragedia umana che non suscitò, allora, da parte della nostra Farnesina, nemmeno un banale telegramma di proteste formali!) – sono ben conosciuti nel nostro Paese. E questo, sin dall’epoca democristiana e/o del primo centro-sinistra. Momenti storici in cui, i vari Governi di Roma – pur rifiutando ogni contatto pubblico con l’allora definito “beduino della Sirte”, e su costante pressione politica e diplomatica di Washington – non si vergognavano affatto di fornire graziosamente alla Libia, interi reggimenti di carri armati e di trasporti blindati di truppe (ufficialmente in surplus o in disuso…) dell’esercito italiano ed, addirittura, a fare recapitare, via la OTO-Melara di La Spezia, perfino sofisticatissimi missili OTOMAT-1 e OTOMAT-2, nonché costosissimi e performanti aerei d’addestramento (e relativo personale tecnico) della SIAI-Marchetti, per il tirocinio o la pratica corrente dei suoi aspiranti piloti. Il tutto, ovviamente, senza prendere in considerazione la volontaria e quotidiana collaborazione della nostra Intelligence militare che più di una volta – con le sue costanti, bene informate e risolutive “soffiate” (ad esempio, nel 1987 e nel 1993) – ha reiteratamente permesso, all’ineffabile Colonnello di Tripoli, di salvare regolarmente il “trono” e, in diverse occasioni, finanche la pelle, facendogli metodicamente conoscere, con ampio anticipo e dovizia di dettagli e di particolari, non soltanto le date ed i luoghi delle diverse e segrete riunioni dei diversi congiurati ma, perfino i nomi, i cognomi e gli indirizzi di coloro che, tra i suoi “amici” o tradizionali rivali, stavano tramando, nell’ombra, possibili attentati contro la sua persona o veri e propri colpi di Stato contro il suo regime. Diciamo, insomma, per sintetizzare, che, per quanto riguarda l’Italia, la relazione con la Libia è sempre stata dettata da una continua e costante volontà di realpolitik. Una “politica realistica”, in fin dei conti, che è stata invariabilmente seguita e perpetuata nel tempo dall’insieme dei Governi italiani degli ultimi 40 anni: da quello di Spadolini a quello di Craxi, da quello di Amato a quello di D’Alema, da quello di Dini a quello di Prodi e, dulcis in fundo, anche dai due successivi governi Berlusconi. L’incorregibile Occidente Things standing thus (così stando le cose), mi domando e dico: è ammissibile ed accettabile che i medesimi Paesi dell’Occidente che, per 42 anni, hanno ininterrottamente permesso a Gheddafi ed al suo Regime, di rimanere al potere in Libia – ed i cui diversi Primi ministri e differenti Ministri degli esteri, fino a ieri, facevano letteralmente a gomitate, per cercare di farsi ricevere, in “pompa magna, dal Colonnello, sotto la sua fiammante tenda (la tradizionale “guitun” dei beduini del deserto), nella speranza di potergli rifilare qualche stock di armamenti o per potere semplicemente ottenere, da lui, qualche favorevole e “scontato” contratto di greggio – facciano finta, oggi, di non conoscerlo, addirittura come se il Colonnello in questione ed il suo Regime fossero improvvisamente balzati fuori dal cappello di un mago? Per giunta, affrettandosi pubblicamente a “stracciarsi le vesti”, per il suo inammissibile comportamento (…“fa sparare sul suo stesso popolo in rivolta”!); a deferirlo al Tribunale internazionale (6) dell’Aja, per “crimini contro l’umanità”; a congelargli l’insieme dei suoi averi finanziari presso le banche occidentali (quando, invece, ce li versava, andava benissimo!); ad invocare il “diritto di ingerenza”, per scopi “umanitari”, attraverso l’invio di navi da guerra, per poterlo intimidire e convincere a dimissionare e partire in esilio. Io, onestamente, credo che non sia affatto ammissibile, né accettabile! Non perché, secondo la Carta delle Nazioni Unite, tutti gli Stati membri dell’ONU (meno, ovviamente, Stati Uniti, Gran Bretagna, Francia, Russia e Cina, in quanto – essendo membri permanenti del Consiglio di sicurezza e possedendo il “diritto di veto” che gli altri Stati non hanno – sono “più uguali” degli altri!) sono parimenti indipendenti e sovrani, e come tali – Libia (7) compresa – dovrebbero, come minimo, essere analogamente rispettati, per quanto riguardano i loro affari interni. Ma semplicemente, per proverbiale e banale buonsenso! C’è diritto e “diritto”… Per cercare di capire, però, ciò che sto cercando di trasmettere all’ignaro, spesso smemorato e costantemente manipolato e forviato lettore del nostro tempo, proviamo ad immaginare questa semplice ipotesi. Immaginiamo, per assurdo, che una qualunque barca a remi della flotta militare libica – in concomitanza con le infuriate e distruttive rivolte delle diseredate popolazioni afro-americane delle città di Atlanta, Denver, Las Vegas, Los Angeles, San Francisco, New York, etc., negli anni ‘60 (8) , ’70, ’80 o ‘90, in ogni occasione, largamente represse nel sangue dalla Polizia, dalla Guardia Nazionale e dall’Esercito degli Stati Uniti – avesse deciso, magari soltanto per curiosare o proporsi di distribuire qualche pacco dono ai necessitanti, di tentare di avvicinarsi alle coste del Massachusetts, della Pensilvania, della Florida o della Luisiana, come avrebbe reagito il Governo di Washington? E come avrebbero reagito, dal canto loro, i Governi di Londra e di Parigi, se la medesima barca a remi di cui sopra – in simultaneità e tempismo con le violente e pericolose sommosse, negli anni ’80, delle popolazioni di colore di alcune “outskirts” (periferie) delle città britanniche o con quelle molto più rabbiose e radicali delle “banlieues” francesi degli anni ‘90 e 2000 – avesse deciso di avvicinarsi alle coste dei suddetti Paesi? Tutti scandalizzati ed oltraggiati, invece, in Occidente, dalle aggressive dichiarazioni del Leader libico (…“se mi attaccate, ci sarà un bagno di sangue”!), quando – a seguito dei disordini e degli scontri fratricidi che si stanno svolgendo in Libia dal 17 Febbraio scorso – la portaerei statunitense Uss Enterprise, la portaelicotteri Uss Kearsarge (con a bordo all’incirca 800 marines), la Uss Ponce (strapiena di munizioni e di mezzi da sbarco) e la Uss Andrid (con nella stiva numerosi blindati), la portaelicotteri francese Mistral e le fregate britanniche HMS Westminster (imbarcante alcuni elicotteri MK 8 Lynx e diversi lancia-missili) e HMS York (idem come sopra), decidono arbitrariamente di posizionarsi di fronte alle coste libiche, eventualmente… per imporre manu militari un’eventuale “no fly-zone” (divieto di decollo e/o di sorvolo) su territorio di quello Stato e/o per portare soccorso “umanitario” o, al limite, manforte militare agli insorti anti-Gheddafi. Qualcuno potrebbe ribattermi: cosa ci sarebbe di anormale, nel comportamento dei suddetti Paesi occidentali? E soprattutto degli Stati Uniti d’America che, come tutti sanno – da provetti, ultra-sperimentati e permanenti “liberatori” del mondo – non potrebbero fare altro, per ragioni “umanitarie” (sic!), che intromettersi negli affari interni della Libia che, come sappiamo, non solo non rispetta né ha mai rispettato i “Diritti dell’Uomo” ma, si permette addirittura il lusso di far sparare addosso ai suoi propri cittadini in rivolta! Questo genere di argomenti – anche se il lettore, molto probabilmente, lo avrà senz’altro dimenticato o, verosimilmente, non lo avrà nemmeno mai saputo – est simplement du déjà vu… Io personalmente, ad esempio (per ricordare solamente le ingerenze militari USA più flagranti e conosciute, negli ultimi 30 anni), li ho già visti utilizzare dai “buoni” di Washington, in innumerevoli e differenziate occasioni. In modo particolare: a Grenada, il 25 Ottobre 1983, contro l’allora Governo legittimo di quell’Isola caraibica; in Nicaragua, tra il 1984 ed il 1990 – via la CIA ed i Contras o Milicias Populares Anti-Sandinistas (MIPLAS) o Fuerza Democrática Nicaragüense (FDN) – contro l’allora regolarmente eletto Governo sandinista del Paese; a Panama, il 23 Dicembre 1989, contro il loro ex-agente segreto Manuel Noriega, il suo governo ed il suo esercito; in Iraq, tra il 2 Agosto 1990 (l’invasione irachena del Kuwait) e l’Operazione Tempesta nel deserto (9) (17 Gennaio – 28 Febbraio 1991) contro l’allora regime di Saddam Hussein; in Somalia, nel 1992, con la Missione USA/NATO, “restore hope”; in Serbia, nel 1999 – via l’aviazione US-Air-Force e NATO (quella italiana compresa) ed i separatisti albanesi dell'UÇK (Ushtria Çlirimtare e Kosovës) e dell’ "Esercito di liberazione del Kosovo" (KLA) – contro l’allora Governo del Presidente Milosevic/Milošević; in Afghanistan – a partire dall’11 Settembre 2001 (il “provvidenziale”?... e, fino ad oggi, mai chiarito attacco aereo al Pentagono ed alle Torri Gemelle del World Trade Center di New York) (10) – contro il Governo dei Talebani, alleato di al-Qaeda; situazione che, a sua volta, provocò, il 7 Ottobre 2001, l’invasione USA e NATO di quel Paese, che ancora perdura…; in Iraq, di nuovo (11) , a partire dal 20 Marzo 2003, con l’invasione e l’occupazione militare USA/Britannica & C. di quel Paese, che è tuttora sempre in corso. Insomma, come in un ripetitivo, monotono e soporifero copione teatrale – ed anche se nessuno sembra stranamente accorgersene o notarlo – i Paesi occidentali, come al solito, sono sempre i “buoni”, ed i “cattivi”, sempre e comunque gli “altri”! Il più pulito ha la rogna Ma allora, mi si potrebbe rimbeccare: il diritto, i principi e la morale internazionale che sono, ogni volta, invocati dagli Stati o dai Governi occidentali, per giustificare i loro ciclici e sistematici interventi militari, a cosa corrisponderebbero? E’ presto detto… A mio giudizio, alla classica e proverbiale “foglia di fico” dietro la quale, ogni volta, i suddetti Stati e Governi – contando sull’invariabile “memoria corta” dell’uomo della strada – cercano constantemente di nascondere gli innumerevoli e puzzolenti “scheletri” che continuano copiosamente ad abbondare all’interno dei loro guarniti ed orripilanti “gardaroba”! I “buoni” di Washington Prendiamo, per cominciare, i “moralisti” statunitensi… Vale a dire, quegli “splendidi” e super-mediatizzati personaggi, ufficialmente al di sopra di ogni sospetto, che dalla Casa Bianca si auto-concedono, ogni giorno, la costante e sfacciata libertà di assegnare “punti” a destra ed a manca. Ed, in soprappiù, si permettono altresì di impartire ordini e coercitive direttive, a questo o a quel Paese, a proposito di ciò che si dovrebbe fare, oppure non fare, a casa degli altri. Ebbene, nel loro caso, sarebbe ugualmente interessante sapere, come mai, la stampa embedded del mondo – che tende costantemente a fornire loro, un quotidiano e prezioso alibi di pubblica “dirittura” e “morigeratezza” – preferisca contemporaneamente dissimulare, agli occhi dell’opinione pubblica mondiale, tutta quella serie di infamanti e nauseabondi retaggi che sono ordinariamente custoditi, all’interno dei tradizionali “guardaroba” dei suddetti “gentlemen”. Come quelli, ad esempio:
Vediamo gli Inglesi Non parliamo dei loro degni e confrontabili “compari” di sempre: i Britannici… “Buon sangue” (anglosassone) non mente! Ebbene, per toglierci la curiosità, cerchiamo ugualmente di indagare a proposito dell’ordinario retaggio storico che questi “aristocratissimi”, “moralissimi” e “flemmaticissimi” Dandys… tendono abitualmente a dissimulare o mascherare, nei loro reconditi e pestilenziali “armadi”, Chissà, dunque, se qualcuno, nell’Occidente di oggi, ancora si ricorda o è mai venuto a conoscenza dell’iter, ad esempio:
Diamo uno sguardo ai nostri “cugini” d’Oltralpe E che dire, visto che ci siamo, dei “democraticissimi”, “civilissimi” e “tollerantissimi” Francesi? Ovverosia, gli attuali discendenti e connazionali:
Il Muammar Gheddafi, i suoi figli e cugini, nonché le poche tribù ed i miliziani giamahirici che ancora gli restano fedeli, per i loro sanguinari tentativi di riconquista della Libia, possono pure essere considerati dei delinquenti e degli assassini (e non è escluso che, nel loro piccolo, lo siano davvero), ma possiamo oggettivamente compararli con gli autori dei generalizzati ed incomparabili crimini di cui l’Occidente dovrebbe semplicemente vergognarsi? Un attacco all’Italia? Ed allora, incomincia davvero a sorgermi un serissimo e fondato dubbio. Quello, per l’appunto, che sia proprio questo bastardo e delinquenziale Occidente – Stati Uniti e Gran Bretagna in testa! – a manovrare furfantescamente, da dietro le quinte, sia la cosiddetta “rivolta” araba che l’attuale “insurrezione” anti-Gheddafi in Libia. Come chiunque può benissimo verificarlo, infatti, dopo le brevi, circoscritte (e fino a prova del contrario) addomesticate “rivoluzioni” in Tunisia ed in Egitto, e le loro velocissime ed omertose “normalizzazioni” (21) – immediatamente suffragate e canonizzate dalle visite-lampo di una serie di personaggi notoriamente legati al cosmopolitismo finanziario internazionale, come i ministri francesi, Christine La Garde (Economia e Finanze) e Laurent Wauquiez (Affari europei), a Tunisi (22 Febbraio 2011); il Primo ministro britannico David Cameron, in Egitto (21 Febbraio 2011); e la responsabile della diplomazia europea, l’anglosassone Catherine Ashton, a Cairo (22 Febbraio 2011) ed a Tel-Aviv (23 Febbraio 2011) – si incomincia ad intravedere l’effettivo significato e senso dell’improvvisa e “spontanea” ondata di disordini che, dal mese di Dicembre scorso, continua ad investire alcuni Paesi del Mondo arabo. E, guarda caso, ad escluderne ed a risparmiarne sorprendentemente altri… – come l’Arabia saudita ed il Kuwait – che, nonostante si continui insistentemente a pretendere definirli “Paesi arabi moderati” (sic!) – chissà… forse a causa delle consistenti e lucrose royalties che questi ultimi hanno l’abitudine (o l’obbligo?) di riversare sottobanco alle Compagnie petrolifere americane – sono sicuramente molto più medievali, retrivi e tirannici di quelli che ci vengono quotidianamente additati dai Media mainstream dell’Occidente. Conclusione? Ho molto esitato, negli ultimi giorni, ad ipotizzare uno scenario di tipo complottista. Ma – dopo l’eliminazione ad hoc dei “fusibili” Ben Ali (in Tunisia) e Mubaraq, in Egitto (due stretti ed affiatati partner (22) dell’ultimo Gheddafi… diventato ormai sinceramente filo-occidentale) (23) e la distribuzione a iosa (chissà da chi?), ai rivoltosi libici, delle complicate e difficilmente realizzabili (in casa o con artigianali mezzi di fortuna…) bandiere monarchiche, nuove di zecca – incomincio seriamente a sospettare che – da parte degli Stati Uniti (e di qualche loro immancabile ed indefettibile alleato, come la Gran Bretagna e, forse, anche della Francia) – ci sia la precisa e viziosa volontà di destabilizzare l’insieme degli Stati del bacino mediterraneo, per tre motivi principali:
Se l’Italia fosse governata da Uomini politici degni di questo nome, il problema non si porrebbe affatto. Il nostro Paese, ad esempio, dovrebbe, per cercare di tutelarsi pregiudiziamente, decretare la sua auto-sospensione (anche se momentanea) dall’Unione Europa e dall’ONU; stringere un patto politico, economico e militare con la Russia; rompere le relazioni diplomatiche con Washington e dare l’immediato ed irrevocabile benservito (48 ore di tempo, per fare i “bagagli” e sloggiare!) alle sue più di 100 basi ed installazioni logistiche e militari che sono acquartierate nel nostro Paese, da ben 66 anni; proporre un partenariato politico, economico e militare ai diversi Stati dell’area mediterranea, Paesi arabi limitrofi compresi. Ed, in fine, incitare caldamente l’insieme delle popolazioni rivierasche del comune Mare Mediterraneo a rifiutare categoricamente la presenza, l’ancoraggio ed il libero scorrazzamento delle flotte militari degli Stati che non sono geograficamente confinanti con questo bacino marittimo. L’Italia, purtroppo, però, come sappiamo, dalla fine della Seconda guerra mondiale, è “governata”, per conto terzi, da una serie di castrate ed inibite combriccole di eunuchi in livrea e guanti gialli che – all’interno della maggioranza, come tra i ranghi dell’opposizione – preferiscono esclusivamente continuare ad annoverarsi tra i membri del tradizionale “partito amerikano” (bipartisan) e – nonostante le già citate evidenze – a prostrarsi remissivamente ai piedi dei loro stomachevoli Padroni statunitensi, per meglio cercare di accattivarsi la loro simpatia o cordialità, e ricevere, più docilmente e servilmente possibile, le loro rituali “pacchette” sulle spalle, in pagamento (e mancia…) della loro sempre solerte e diligente esecuzione (a comando, s’intende!), dei loro più insopportabili, obbrobriosi ed imperativi/coercitivi diktat. Pertanto, salvo improvvisi o inopinati “miracoli” o “prodigi” – e pur sperando sinceramente di starmi sicuramente a sbagliare… – inutile attendere tempi migliori, per l’Italia, nei prossimi mesi ed anni. E questo, qualunque sia o possa essere l’esito delle attuali “rivolte” arabe o dei prossimi sconvolgimenti e putiferi che continueranno senz’altro ad interessare e travagliare i diversi Paesi delle sponde opposte dell’area mediterranea. NOTE
* Le foto provengono dall’Archivio privato di Mariantoni e lo ritraggono in alcuni momenti della sua passata attività professionale di giornalista dei maggiori quotidiani europei, che lo hanno portato a percorrere in lungo e in largo gli scenari dei paesi oggi percorsi dal vento delle rivolta, intervistando numerosi personaggi politici, fra cui anche Geddafi o suoi ministri, come appare in alcune delle foto. Le altre foto, di formato piccolo ed a sinistra, sono di scelta redazionale ed eventuali errori non coinvolgono l’Autore. (N.d.R,) (1) Un neologismo arabo che è composto dalla parola ‘Jamâhir’ (masse che manifestano o scendono in piazza) e dal suffisso ‘iya’ (che ne indica l’appartenenza o la relazione). Questo neologismo si può interpretativamente tradurre, con: “La cosa” (Res) o “il sistema” o “il potere delle masse” (in movimento). - Torna al testo. (2) Per lo più, Egiziani, Tunisini, Algerini, Marocchini, Mauritani, Sudanesi, Ciadiani, Maliani, Nigerini, Camerunesi, Turchi, Pachistani, Sud-Coreani, Filippini, Nepalesi, Russi, Serbi, Ungheresi, Cinesi, Maltesi, con delle nutrite presenze di Tedeschi, Italiani, Francesi, Britannici, Statunitensi, Canadesi, Brasiliani, etc. Stranieri che in questi giorni abbiamo fisicamente visto ammassarsi ai posti frontiera di Ras Jedir (Tunisia) e di As Sollum (Egitto). - Torna al testo. (3) Tripolitania: la tribù degli Orfella o Warfalla (la più numerosa) e quelle degli Awlad Busayf, degli Al-Zintan, degli Al-Rijban o Rojaban e degli Al-Riaina (del distretto di Bani Walid, a circa 125 chilometri al Sud di Tripoli); Cirenaica: le tribù degli Al-Awagir, degli Al-Abaydat, degli Al-Barassa, dei Drasa, degli Al-Fawakhir, degli Al-Zuwayya e degli Al-Majabra (quasi tutte legate alla Confraternita musulmana degli Al-Senussi); Sirte: le tribù degli Al-Qaddadefa (la modesta tribù del Colonnello Gheddafi), degli Al-Magarha (l’importante tribù a cui appartiene l’ex numero due del regime libico, il Comandante Abdelsalam Giallud, da tempo uscito dalla scena politica), degli Al-Magharba, degli Al-Riyyah, degli Al-Haraba, degli Al-Zuwaid, degli Al-Guwaid e degli Al-Farjan; Fezzan: le tribù degli Al-Hutman, degli Al-Hassauna, con forti presenze di minoranze di nomadi Tubù o Toubou e Tuareg; Kufra: propagini importanti della tribù cirenaica degli Al-Zuwayya, frammiste a presenze di nomadi Tubù o Toubou. - Torna al testo. (4) Si rinvia a: - http://www.abmariantoni.altervista.org/vicinooriente/Il_fusibile_Ben_Ali.pdf - http://www.abmariantoni.altervista.org/vicinooriente/Ma_quale_rivoluzione_di_Egitto.pdf - http://www.abmariantoni.altervista.org/vicinooriente/Tutti_contenti_e_coglionati.pdf Torna al testo.
(5) In particolare: i Capitani, Abdelsalam Giallud, Mukhtar Abdallah al-Qirwi, Mohammed Najim o Nagim, Awad Hamza, Abdel Moneim al-Huni, Mustafa al-Kharrubi, al-Khueldi al-Hamidi, Bachir Hawadi, Abu Baqr Yunes Jaber o Giaber, ed i Tenenti Omar al-Mehaichi e Mohammed al-Maqrif. - Torna al testo.
(6) Tribunale abilitato a giudicare, condannare e punire qualsiasi responsabile di qualunque Paese del mondo, meno, ovviamente, quelli di Israele e degli Stati Uniti! - Torna al testo. (7) Paese membro delle Nazioni Unite dal 14 Dicembre 1955. - Torna al testo. (8) Si rinvia a: - http://rebellyon.info/Emeutes-noires-aux-USA-a-partir-de.html - http://mejliss.com/1558294/memoire-emeutes-noires-aux-usa-partir-de-juillet-1964 (9) Per maggiori informazioni, vedere: A. B. Mariantoni, F. Oberson, Gli occhi bendati sul Golfo, Ed. Jaca Book, Milano, 1991. Consultabile on line: http://www.abmariantoni.altervista.org/vicinooriente/Occhi_bendati.pdf - Torna al testo. (10) http://www.youtube.com/watch?v=8SD3gytoOf8 - Torna al testo. (11) Il Regime di Saddam Hussein – in questo caso – essendo stato falsamente accusato di possedere ‘armi di distruzione di massa’ e di intrattenere ‘legami con Al-Qaeda’ ed ‘il terrorismo internazionale’. - Torna al testo. (12) http://www.youtube.com/watch?v=0f0x8cxj- http://www.youtube.com/watch?v=IuxK59QPgkY&feature=related |