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Centocinquant'anni di menzogne

di Marco Francesco De Marco - 07/03/2011

 




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L’Italia l’ha voluta il cielo. Gli Dei, nella loro infinita grandezza, la cinsero della corona delle Alpi e la circondarono col mare. Nessun altra nazione corrisponde ad un territorio così naturalmente definito. Il resto del mondo appartiene alle categorie fisiche e politiche, come le cartine geografiche. L’Italia è invece espressione della volontà celeste. Numa Pompilio vi pose l’axis mundi, Augusto Imperatore ne delineò i confini fisici, Dante Alighieri la sublimò in prosa, Federico II ne ribadì la centralità cosmica. L’unità di destino e storia, di popolazioni italiane già prima dell’Italia politica, era quindi nella natura delle cose.
Quello che non doveva accadere, ed invece è tragicamente avvenuto, è la nascita di uno Stato unitario disceso da un progetto coloniale e quindi sostanzialmente antinazionale, prevedendo esso fin dall’inizio che alcuni italiani dovessero patire il massacro indiscriminato, la spoliazione economica e culturale, la calunnia storica, affinché sorgesse l’italietta asservita alla massoneria ed alla finanza francese ed inglese. Non doveva accadere che il primo Re d’Italia si chiamasse secondo, tradendo appunto il vizio coloniale d’origine. Non doveva accadere che figure di terz’ordine della storia quali Cavour, Vittorio Emanuele II (o il figlio del macellaio fiorentino), lo stesso Garibaldi senza orecchie, e poi i Bixio, i Cialdini, i Crispi, i fratelli Bandiera, Carlo Pisacane, Luigi Settembrini, Carlo Poerio, buoni per tre righe di cronaca, dovessero rappresentare la nostra memoria fondativa al posto di Romolo, Muzio Scevola, Scipione, Cesare, Augusto, Ettore Fieramosca, i Medici di Firenze, i Borbone di Napoli e Due Sicilie, e cito per ultimi costoro non a caso. Perché quello che prima d’ogni altra cosa non doveva accadere, è la creazione di un immaginario unitario basato sui falsi storici, sui miti di cartapesta, sulle verità da quattro soldi; sulla diffamazione e la calunnia delle genti del Sud e della loro storia gloriosa.
Potevamo unirci anche scrivendo la verità sulla ricchezza del Regno delle Due Sicilie, ricordandone i primati economici, sociali, sanitari, finanziari, culturali, artistici. Il Regno del Sud era uno stato sovrano ed indipendente, con una dinastia regnante autoctona da cinque generazioni. Se c’erano territori nazionali da liberare da stranieri, questi erano la Lombardia ed il Veneto, terre italiane occupate dall’Austria. Il nord sviluppato ed industriale è un mito creato per giustificare le ruberie e le politiche di drenaggio di capitali dal sud, che avvennero in maniera feroce a partire dal 1861. La ricchezza nazionale era detenuta in primis dal Regno delle Due Sicilie, poi dal Granducato di Toscana e dal Regno Pontificio. Il nord era la parte più povera ed a tratti degradata del paese, la meno industrializzata e meno produttiva. L’89 per cento delle morti per pellagra, cioè a causa di denutrizione, nel 1861 avveniva nel nord Italia. Gli addetti all’agricoltura nel  1861 erano maggiori al nord che al sud, ma nello stesso anno il 16  per cento dei meridionali era addetto all’industria contro l’11,8 del nord italia. Nel 1911, dopo cinquant’anni di politica coloniale, i sudisti diventarono terroni ed al nord nacquero i triangoli industriali. Gli addetti all’industria del sud scesero al 9,8 per cento, quelli del nord salirono al 14,7.
Potremmo proseguire con centinaia di statistiche simili, anche se i numeri non esprimono tutto. Perché vanno ricordati anche gli scempi politici e culturali che l’italietta dei Savoia ha regalato al sud, e che la Repubblica nata dall’invasione straniera continua a regalare, a partire dalla mafia che prima di allora non si era mai conosciuta e mai neanche nominata. Oggi, paradossalmente, coloro i quali furono liberati dagli stranieri e che dall’unità d’Italia trassero i maggiori benefici economici e sociali, sono proprio gli inneggianti a fantasiose e grottesche patrie dai nomi deliranti. La Terra dei Padri non si discute. Le piccole patrie corrispondenti ai confini di una regione o addirittura di una provincia sono entità possibili in chiave amministrativa, ma certamente non reggono lo status di Nazione, che comporta aspetti se non più spirituali e religiosi, almeno culturali e storici. Nascere italiani, di Milano o Palermo, Vicenza o l’Aquila, credo che continui ad essere un privilegio, pur volendo considerare le brutture che la società moderna riserva anche alla nostra terra.
L’Italia unita politicamente poteva essere una buona Patria per tutti, ma non lo è stata. Attendiamo fiduciosi che il modello platonico di Italia, scritto nei cieli e non ancora realizzato in terra, si realizzi coerentemente col destino cosmico che ad essa fu riservato. Per realizzare compiutamente questo sogno, bisognerà restituire ad ogni italiano la dignità della sua storia pre-unitaria, e non continuare in eterno con questa mistificazione dei buoni e patriottici ricchi che vennero a liberare i poveri e degradati sudditi di una dinastia retrograda. Solo alla verità possono ispirarsi i sogni. Solo dai sogni nascono le società di uomini liberi.