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La Banca Mondiale e Fukushima

di Gabriele Battaglia - 17/03/2011







Il 14 marzo, nel bel mezzo della crisi nucleare giapponese, su Japan Times è comparso un articolo firmato da Vinod Thomas, direttore generale e vicepresidente dell'Independent Evaluation Group (Ieg) at the World Bank Group.
Sembrerebbe scritto prima del terremoto dell'11 marzo.
È per certi versi sorprendente, perché l'autore è un "pezzo grosso" della Banca Mondiale che sembra ridiscuterne la filosofia in materia di sviluppo. Secondo Thomas, non esiste crescita senza tutela dell'ambiente che, quindi, non può essere più considerata un costo e un limite.
In coda all'articolo, si precisa che le opinioni espresse sono personali e lo stesso Ieg si definisce agenzia interna alla Banca Mondiale ma "indipendente": ha il compito di verificare sul campo, empiricamente, se le ricette della "casa madre" sono efficaci.
Tuttavia, è lecito pensare che all'interno dell'istituzione che, con il Fondo Monetario Internazionale, dispensa ricette neoliberiste al mondo, ci sia in corso una ridiscussione dei propri assunti base.

"[...] I Paesi in via di sviluppo che vogliono sostenere una crescita elevata, così come quelli industrializzati che vogliono comunque mantenerne una accettabile, temono che gli investimenti ambientali rallentino l'economia.
Lo stesso Giappone, che è stato all'avanguardia nelle questioni riguardanti l'ambiente e il cambiamento climatico, si chiede quanto sforzo possa ancora sostenere.

[...] La realtà è che non si può sostenere la crescita senza proteggere l'ambiente. La ragione è che abbiamo di fronte una doppia crisi - economica e ambientale - e che le due sono collegate.
Il picco dei prezzi alimentari, il secondo in tre anni, rivela soprattutto pressioni sulla produzione aggravate dagli effetti deleteri della devastazione ambientale e del cambiamento climatico.

[...] Va osservato che il Giappone ha fatto molto per contribuire all'agenda del clima, dalla ratifica del protocollo di Kyoto alla promozione della biodiversità a Nagoya. La nazione sta finanziando molti progetti internazionali. Il settore privato ha fatto molto per ridurre le emissioni, migliorando l'efficienza energetica in risposta agli shock petroliferi degli anni Settanta e Ottanta.

[...] Il Giappone può fornire consigli vitali in campi che spaziano dai disastri naturali all'efficienza energetica.
La separazione tra ciò che è bene per la società e ciò che guida l'interesse privato si accentua, perché molti continuano a non considerare l'ambiente come parte integrante della crescita.

[...] Se la crescita sostenuta deve continuare in Brasile, India, Giappone o Stati Uniti, dobbiamo radicalmente rivedere i calcoli secondo cui la protezione ambientale intralcerebbe lo sviluppo economico. È quindi necessario capovolgere gli indirizzi fondamentali delle politiche economiche che vanno per la maggiore, indicando che il percorso verso redditi più alti deve per forza comprendere - e non escludere - la protezione ambientale nell'idea di crescita."

La catastrofe giapponese getta nuova luce sulle parole di Thomas, che plaude agli sforzi di Tokyo per ridurre le emissioni di Co2. A volte l'articolo suona beffardo, come quando porta il Giappone ad esempio "in campi che spaziano dai disastri naturali all'efficienza energetica". Suggerisce una domanda su tutte: oggi, dopo Fukushima, l'energia atomica è uno strumento per aumentare tale efficienza o la più grande minaccia ambientale incombente?