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Il Bahrein “diversamente invaso”

di Alessia Lai - 19/03/2011

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La tensione, in Bahrein, è alle stelle. Lunedì è iniziato quello che l’opposizione del piccolo Paese arabo ha definito una vera a propria “occupazione”: il dispiegamento di truppe straniere sul territorio bahreinita. Ufficialmente i mille soldati già inviati da Riad sono arrivati nell’isolotto che ospita la V Flotta statunitense nel quadro della forza comune del Consiglio di cooperazione del Golfo (Ccg). Pare, inoltre, che vi si aggiungeranno almeno 500 soldati provenienti dagli Emirati Arabi Uniti - altro Stato membro del Ccg insieme a Qatar, Oman e Quwait. La mossa dei Paesi del golfo, secondo quanto dichiarato ieri dal Pentagono, è arrivata “a sorpresa” anche per gli Stati Uniti, che non ne sarebbero stati informati. Il portavoce della Difesa Usa, il colonnello David Lapan, ha dichiarato che né il segretario della Difesa, Robert Gates, né il capo degli Stati Maggiori congiunti, l’ammiraglio Mike Mullen, erano stati preventivamente informati su un’azione militare da parte dell’Arabia Saudita “o del Consiglio di cooperazione del Golfo”. Ciò nonostante nessuno a Washington si strappa le vesti per quella che sembra una aperta violazione della sovranità territoriale bahreinita, richiesta e avallata dal sovrano Hamad Ben Issa Al-Khalifa. Lunedì sera, un altro portavoce statunitense, quello della Casa Bianca Jay Carney, ha infatti minimizzato: “Abbiamo visto i rapporti e possiamo dire che non si tratta dell’invasione di un Paese. Tuttavia esortiamo alla moderazione sia il governo del Bahrein, sia gli altri Paesi del Golfo”. Il governo dell’isola del Golfo Persico, che si affaccia sulle coste iraniane, dopo settimane di proteste nelle quali la maggioranza della popolazione chiedeva riforme politiche da parte della casta regnante, ha iniziato a sventolare lo spauracchio delle influenze esterne sulla protesta. Il dito è stato puntato ovviamente contro Teheran, visto che in Bahrein la maggior parte degli abitanti è sciita nonostante la dinastia regnante sia di confessione sunnita. Ieri le autorità bahreinite hanno definito una “palese interferenza” nei propri affari interni le dichiarazioni con cui il portavoce del ministero degli Esteri iraniano, Ramin Mehmanparast, ha definito inaccettabile “la presenza di forze straniere e le interferenze negli affari interni del Bahrein”, aggiungendo che questo “complicherà ulteriormente la situazione” nel Paese. Considerazioni mal tollerate dal regime del Bahrein, che ha richiamato il suo ambasciatore in Iran in segno di protesta contro la Repubblica islamica. Lunedì, Reem Khalifa, giornalista del quotidiano Alwasat, ha affermato che “Non esiste alcun problema di sicurezza come dicono non c’è alcuna minaccia esterna. La gente protesta per chiedere democrazia e una monarchia costituzionale. Non ci sono fanatici, non vogliamo far cadere la monarchia, non vogliamo una repubblica islamica come in Iran, ma un governo eletto dai cittadini”. Ma per far digerire quella che è una vera e propria invasione dell’isola ad uso e consumo delle smanie autoritarie del sovrano bahreinita è necessario individuare un nemico esterno, guarda caso lo stesso dell’Arabia Saudita e, in primis, degli Usa, che hanno fatto dell’isolotto la loro base “con vista” sull’Iran. Il sovrano Al-Khalifa, dopo essersi rivolto “fuori casa” per mettere a tacere le proteste ha poi visto bene di proclamare lo stato di emergenza per tre mesi “a causa delle particolari circostanze del Paese”, incaricando i comandanti delle forze armate, della polizia e della guardia nazionale di ristabilire l’ordine anche ricorrendo ad “altre forze” (chiaro riferimento alle unità straniere arrivate lunedì nel Paese). In risposta al giro di vite e a quella che dalla popolazione viene definita una vera e propria invasione, ieri migliaia di manifestanti sono scesi ancora una volta in piazza a Manama e hanno iniziato a marciare in direzione dell’ambasciata saudita. E si sono registrati i primi morti: il ministero dell’Interno bahreinita ha parlato di un soldato (non si sa bene di quale esercito) investito volontariamente da un automobilista che faceva parte dei “facinorosi”, mentre le notizie arrivate dalla rete parlavano invece di un giovane ucciso nel villaggio sciita di Sitra. L’insofferenza del popolo del Bahrein rischia di diventare una rivolta settaria alimentata dallo stesso governo di Manama, a sovranità limitatissima, che per primo parla di manovre anti-sunnite e iraniane. Un modo per garantirsi una possibilità di repressione immune da critiche “democratiche”. Non a caso Hillary Clinton, pur esprimendo la sua “profonda preoccupazione”, non ha trovato nulla da ridire sull’ingresso delle truppe saudite nel Paese. La V Flotta val bene un massacro.