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L'Italia è in guerra contro se stessa

di Gabriele Adinolfi - 21/03/2011







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L’Italia è in guerra: in poco più di 48 ore dalle pompose celebrazioni del centocinquantesimo dell’Unità  ci ritroviamo in un conflitto dal quale abbiamo tutto da perdere.
In ossequio ai voleri anglo-francesi che reclamano la divisione della Libia e la secessione della  Cirenaica per poterne sfruttare le risorse petrolifere e del gas, l’Italia, ostaggio dei Paesi succitati e dei loro protettori, rinuncia ai suoi interessi nell’area del Mediterraneo, ma ne subirà tutte le conseguenze in termini di immigrazione, di perdita dei contratti commerciali e petroliferi e di instabilità dell’area.
Non basta  l’ipocrita e immancabile scusa di proteggere i  “civili”, cioè gli insorti tribali inquadrati dai monarchici  e sostenuti dagli egiziani, che in futuro assicureranno ai Paesi imperialisti i contratti petroliferi in Libia, al posto di quelli stipulati dall’ENI.
In questa fase anche Berlusconi  è ostaggio dell’imperialismo anglofrancese promosso dagli americani e ha dovuto incassare la sconfitta di quasi tutti i suoi alleati geo-energetici per mano statunitense, nonché l'iniziale placet russo, in seguito ritirato, alla spedizione contro Gheddafi.
Il governo, chiaramente impotente, ha inizialmente provato a fischiettare, il che già di per sé non è bello, ma poi ha fatto di peggio, ha oscillato vergognosamente. Emblematiche in tal senso le esternazioni alternate di segno opposto del ministro Frattini.
Di posizioni ferme e chiare neppure l'ombra.
Sicché il premier, accerchiato in casa e fuori, viene oggi incalzato dai lacché professionisti di City e Wall Street che, nelle figure di Casini, Di Pietro e Fini, si stanno scalmanando nelle lodi al terrorismo aereo, ovviamente democratico e buonista, che si è scatenato sui cieli libici.
Berlusconi, onde non farsi scalzare, ha quindi pensato opportuno concedere la propria disponibilità ai registi angloamericani sperando con ciò di restare almeno personalmente a galla. Il che poi è tutto da dimostrare.
Il risultato di tutto ciò è avvilente. La  totale insignificanza politica e militare italiana – che non diverge molto da quella dell'Europa – viene furbescamente mascherata con una complicità supina nei confronti di chi, con sfrontata prepotenza, pur combatte contro i nostri interessi.
Abbiamo così compiuto un voltafaccia mortificante, imbarazzante e che non promette niente per la nostra credibilità futura.
Non si può cambiare cavallo con tanta disinvoltura e accodarsi così rapidamente a chi sta bombardando un Paese che gode dello statuto di nostro partner, sperando, in futuro, di poter stipulare nuove alleanze con chicchessia.
Né si può affidare l'ufficialità del nostro disappunto per  azioni militari assolutamente ingiustificate e per giunta per noi deleterie, al solo governatore della regione Lombardia.
Nemmeno possiamo aggrapparci esclusivamente alle posizioni neutraliste della Lega, le sole sensate e decorose oggi, posizioni che ricalcano quelle della Germania, unica potenza economica e politica  europea ad aver fatto una scelta non servile.
Né infine ci possiamo consolare per il fatto che peggio ancora dei rappresentanti del governo e dell'opposizione, da noi si stanno comportando gli immancabili pacifisti, che stavolta, invece, mancano eccome.
Perché, probabilmente, non ricevono fondi per blaterare contro quest'intervento militare.
E, si sa, quella è gente che s'indigna a comando, e in solido.
Morale della favola: eccoci ad applaudire e a sostenere lo sforzo militare e bombardiero compiuto proprio da due delle tre potenze che più di tutte in passato - con la strategia della tensione e lo stragismo - insanguinarono la Penisola nell'intento di cacciarci dal Mediterraneo e che oggi stanno coronando la loro azione bellica contro di noi.
Cornuti e mazziati; cornuti, mazziati e contenti. Il nostro centocinquantunesimo anno unitario non poteva iniziare peggio.