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Prevenire e curare attraverso il digiuno

di Leopold Felbermayer - 21/03/2011



Poter compiere una rinuncia volontariamente, è una delle capacità
proprie solo dell'uomo, che lo distingue da tutti gli altri esseri terreni. Il
digiuno, come decisione di rinuncia ad ingerire cibo, oggi spesso viene a
torto sottovalutato nel suo significato terapeutico e per le possibilità che
dà di potenziare le facoltà umane; oppure viene ridotto ad un problema
di peso dettato dalla bilancia. Il medico Dr. Leopold Felbermayer,
partendo da un ricco tesoro di esperienze, analizza gli aspetti storicoculturali
e medici di un tipo di esercizio caduto in dimenticanza.
Quando si parla di digiuno, capita di sentire i pareri più disparati
riguardo al tema. Spaziano da consensi entusiasti, a domande dubbiose,
dalla paura di possibili danni, fino al più netto rifiuto, o ad ampollosi e
inqualificati elaborati scientifici, che vogliono bollare il digiuno come un
metodo pericoloso per dimagrire, o come una follia dettata dalla moda.
Voci isolate poi si pronunciano contro il digiuno, in quanto metodo
anacronistico per portare la propria coscienza a livelli più alti.
Che cosa sta però a fondamento del digiuno? Si può esprimere un
giudizio su un metodo che viene periodicamente praticato da milioni di
uomini, già da millenni, con le più varie motivazioni, senza aver prima
fatto un'esperienza personale? Bisogna essere “specialisti” o basta,
durante la prova dei fatti, il sano discernimento umano, privo di
pregiudizi, per poter giudicare?
Che cosa spinge al digiuno
Per poter rispondere a questa domanda, è utile rivolgere uno sguardo al
passato, ma anche portare l'attenzione su quei fenomeni che paiono
essere situazioni limite dell'esistenza, ma che proprio per questo ci
mostrano la complessità del digiuno. In particolare si è dimostrato che
originariamente il digiuno aveva motivazioni prevalentemente religiose e
che queste erano sempre legate al pensiero della purificazione e della
trasformazione. La vera motivazione era sempre l'aspirazione verso una
purificazione del corpo e dell'anima e una liberazione dalle costrizioni
interiori; sia che si trattasse della prescrizione di un digiuno come
preparazione ad una consacrazione sacerdotale in Egitto o nei luoghi dei
misteri in Grecia, sia che il comando al digiuno della tradizione cristiana,
ebraica, islamica, induista o buddista, avesse esortato alla rinuncia al
cibo i credenti dì ogni strato sociale.
Durata del digiuno
Che la dimensione di questa aspirazione comprenda una scala molto
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larga di possibilità, lo dimostrano i lassi di tempo estremamente variabili
del digiuno: dai pochi giorni, fino a più settimane, si, fino a digiuni di
decenni, per esempio quello di Niklaus von Flue che negli ultimi 20 anni
della sua vita, fino alla morte avvenuta nel 1478, in un eremitaggio nelle
alpi svizzere, non prese alcun cibo solido; o come quello di Therese
Neuman di Konnersreuth/Oberbayern, che allo stesso modo digiunò dal
1926 fino alla morte avvenuta nel 1962 facendo la contadina nella
fattoria paterna; soltanto nei giorni e nelle settimane della sua
stigmatizzazione, era ridotta al letto, con le cicatrici del Crocifisso.
Anche Niklaus von Flue, fino alla sua morte, attese ogni giorno al
compimento delle sue mansioni. Egli rimase inoltre, sebbene dimagrito,
sano e pienamente lucido, tanto che la Confederazione Elvetica, durante
una delle sue profonde crisi, fu salvata dal crollo incombente grazie al
consiglio, che dei responsabili svizzeri erano andati a chiedere al loro
fratello Klaus. A parte il digiuno con motivazione religiosa, negli scritti di
Ippocrate, Galeno di Pergamo, più tardi di Paracelso o di Christoph
Wilhelm Hufeland nel XVIII secolo e fino ai giorni nostri, il digiuno è
confermato come metodo efficace di guarigione in gravi malattie. I tempi
medi di un digiuno con effetto terapeutico, vanno da due a quattro
settimane, raramente fino a sei, a seconda delle indicazioni, o delle
intenzioni di chi lo pratica. Il digiuno ha dunque una lunga tradizione, ma
acquista interesse soprattutto ora, cioè in un epoca in cui nei paesi
industrializzati sono sorte malattie che non sono più controllabili con il
semplice impiego della medicina ufficiale; e questo non soltanto a causa
dell'inquinamento, dovuto alla chimica, di tutti i nostri principi vitali, ma
anche a causa di una forma di dieta insana e dell'ipernutrizione. Si rende
perciò necessaria una riforma del nostro modo di vita. Metodi curativi che
tengano conto di questa situazione, richiameranno in futuro sempre
maggiore attenzione, poiché nel controllo di concrezioni patologiche nei
vasi, nelle articolazioni e nei tessuti connettivi e nello stimolo delle
proprie forze curative nel trattamento di malattie croniche, sono più
indicate rispetto alle operazioni, agli irraggiamenti e ai medicamenti
chimico- farmaceutici stabiliti dalla medicina moderna.
Il digiuno, una terapia totale
Come definisce il digiuno il "Circolo Medico di Lavoro Digiuno Terapeutico
e.V."? Nel loro statuto leggiamo: "Il digiuno, la volontaria astensione dal
cibo, di durata limitata, viene esercitato, per ragioni diverse, da PERSONE
SANE, da tempo immemorabile. La capacità di vivere con le riserve del
proprio corpo, corrisponde alla fisiologia umana. Questa capacità può
essere usata come igiene di vita o come prevenzione.
In ogni ambito culturale, il digiuno ha una dimensione animico-spirituale.
Nel trattamento di MALATI, si è affermato con successo da moltissimo
tempo. La sua funzione terapeutica è stata confermata e consolidata
attraverso esperienze di decenni dai medici specializzati nel digiuno e da
prove scientifiche. Il rifiuto spontaneo del cibo durante malattie con
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febbre alta, è anch'esso, come la febbre stessa, già terapia, e
corrisponde alla tendenza fisiologica dell'organismo all'autoguarigione. Il
termine di "DIGIUNO TERAPEUTICO" è stato coniato da Buchinger.
Rispetto alle malattie croniche e a quelle dipendenti dal cibo, il digiuno
terapeutico è un metodo quasi insuperabile negli effetti e per la varietà
delle indicazioni. Equivale a un intervento terapeutico nutrizionale nel
metabolismo del malato e dovrebbe essere perciò praticato da personale
specializzato, solo nelle cliniche specializzate, dopo la diagnosi di un
esperto e con indicazioni complete. Il digiuno è una terapia non a base di
medicine, all'interno della medicina generale e ha perciò carattere interdisciplinare.
Il digiuno terapeutico è contemporaneamente una terapia
psicosomatica. Presuppone il completo accordo e la completa partecipazione
del paziente. La presa di distanza dalla vita di ogni giorno e dalle
obbligazioni casalinghe e di lavoro, dai problemi e dalle tentazioni, ha
gran peso sul corso e sulla riuscita della terapia. Il digiuno come terapia
comprende esperienze esistenziali limite e allenamento alla rinuncia… Il
digiuno è un inizio didattico conveniente per una riorganizzazione del
modo di nutrirsi, che il malato cronico spesso deve mantenere per tutta
la vita.
Per l'attuazione del digiuno viene esposto quanto segue: Irrinunciabili nel
digiuno sono: abbondanti apporti di liquidi, sollecitazione di tutti i processi
di eliminazione, equilibrio tra moto e quiete. Nei digiuni condotti in
modo corretto, non si riscontrano sensazioni di fame e si hanno prestazioni
di buon livello.
Dal digiuno ad acqua o te, si sono sviluppate diverse forme di digiuno,
con l'aggiunta di bevande a limitato contenuto calorico: digiuno con succhi,
siero di latte, brodi.
Secondo il Dr. Otto Buchinger, ha dato i migliori risultati il digiuno a
tisane, molta acqua e bevande ricche di vitamine e sostanze minerali,
lasciate il più possibile allo stato naturale. Bisogna inoltre assumere 200
kcal per giorno, in forma di succhi di frutta e verdura e di brodi di
verdura".
Questa descrizione rende più chiaro il fatto che il digiuno rappresenta un
principio di terapia totale, che riguarda l'ambito corporeo, quello animico
e quello spirituale dell'uomo e che agisce in modo purificante, riordinante,
rieducante e liberatorio.
La malattia, nella maggior parte dei casi, è un'interazione difettosa e disturbata
degli arti costitutivi animici e spirituali dell'uomo, con le sue
forze vitali e con il suo corpo. Ci sono situazioni dì irrigidimento, di
congestione di rilasciamento, che si manifestano con infiammazioni,
sclerotizzazioni, o in molti altri tipi di disturbi, che causano basso
rendimento, difficoltà di concentrazione, sensazioni di dolore mutevoli per
durata e localizzazione, angoscia, depressione, insonnia. Questa scala
comprende malattie organiche e anche quell'ampia sfera di malattie con
disturbi mutevoli, in condizioni cliniche però ancora normali.
Nel caso delle malattie organiche, vengono impiegati nella medicina
ufficiale terapie a base di preparati chimico-farmaceutici, o operazioni,
con improbabili e imperfette guarigioni, oppure il paziente passa da una
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analisi all'altra, senza risultati consistenti, prende poi medicine che agiscono
in base al sintomo, con il pericolo della dipendenza e degli effetti
collaterali.
Il digiuno come cura per il corpo
Nel digiuno che si compie in perfetta libertà, con la volontà della rinuncia,
avvengono nell'uomo, ad ogni livello, processi che agiscono in maniera
chiaramente purificatrice nella sfera fisica. Tali processi sono riconoscibili
dal forte impulso alla eliminazione nei reni, nei polmoni, nell'intestino e
nel trasudamento del corpo, tanto che uno dei pionieri del digiuno, il Dr.
Franz Xaver Mayr, ha parlato nel suo libro: "Bellezza e digestione" dì una
"cosmetica dall'interno". Il digiuno come cura per il corpo in senso più
ampio e profondo, è un aspetto di questo metodo terapeutico.
Il digiuno, una via di esercizio
La rinuncia volontaria e cosciente a ogni alimento solido e alle sostanze
come il caffè, l'alcool, la nicotina e la sopportazione volontaria delle "crisi
da digiuno" - che comunque sono da intendersi come crisi di guarigione
che possono essere notevolmente ridotte con l'aiuto di programmati
"metodi di sostegno", come l'applicazione del metodo Kneipp, i massaggi,
la ginnastica, gli esercizi dì respirazione e rilassamento - sono un addestramento
che ha per fine il controllo di sé, la disciplina, la armonia della
vita animica e degli istinti. L'anima, come mediatrice tra le verità spirituali
e gli aneliti, e i bisogni del corpo, diventa più sensibile e recettiva agli
impulsi di quel mondo spirituale che è la nostra vera patria e ci rende
possibile allentare i legami con il corpo per dedicarci ad una dimensione
spirituale. Il consolidamento crescente della nostra corporeità, la limitazione
delle strutture del pensiero a un sistema di valori materialistici,
inducono a una rivalutazione del digiuno come metodo che dà la
possibilità di essere attivi equilibratamente e armonicamente, in una
cooperazione con le altre componenti essenziali dell'uomo.
Potenziamento della capacità di pensiero
Colui che digiuna si libera dai legami e dalla unilateralità corporea e in
questo modo apre la via alla guarigione, poiché i processi di eliminazione
preservano l'organismo dalla stagnazione. Si produce una purificazione
del sangue e ciò che blocca o ostruisce, viene rimosso. Il flusso dei liquidi
permette nuovamente l'azione indisturbata delle forze formatrici volta a
rigenerare i sistemi degli organi. Nello stesso tempo si nota una chiarezza
di pensiero che indica un potenziamento della vita animica, che ora può
svolgere la sua attività tipicamente umana, nel ritmico alternarsi di forze
costruttrici e forze distruttrici. Ogni persona che pratichi il digiuno, dopo
la fase critica dell'eliminazione, può sperimentare questo potenziamento
delle forze di pensiero e della capacita di associazione, potenziamento
che si presenta come una sorta di permeabilità agli impulsi spirituali.
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Pericoli di una unilateralità nel digiuno
A spingere al digiuno, dovrebbero essere non solo gli effetti dimostrati di
terapia e prevenzione, ma anche aspetto animico-spirituale, poiché
dall'unilateralità si può sviluppare un egoismo che ci fa tener conto solo
della salute fisica e che mette così in pericolo la possibilità di una trasformazione
totale e armonica, perché, esattamente come ogni altro tipo di
egoismo, questo egoismo ha componenti dannose.
Se invece il fine è prevalentemente spirituale, c'è il pericolo che si manifesti
un ingiustificato odio per il corpo, come espressione della lotta contro
i "peccati carnali", oppure c'è la possibilità che si sviluppi un orgoglio
spirituale, che prolifera sul terreno dell'arroganza, quando colui che digiuna
produce qualcosa o quando egli, passati i giorni di vera depressione,
prova una sensazione di grandezza.
Romano Guardini descrive questa sensazione di sublimità in modo
estremamente penetrante in uno studio sulla persona e sulla vita di Gesù
Cristo, il quale, dopo il battesimo nel Giordano, prima di fare il suo
ingresso tra gli uomini, ha digiunato per 40 giorni: "Durante il digiuno
avvengono delle trasformazioni interiori. Nello stesso tempo il corpo si
rilassa. Lo spirito diventa più libero. Tutto si scioglie, diventa più leggero,
si risente meno dell'intralcio e del fardello della pesantezza. I limiti del
reale prendono movimento; il campo del possibile si dilata. Lo spirito
diventa più sensibile, la coscienza più lucida, sottile e forte. Cresce la
sensibilità per le decisioni spirituali… cresce la coscienza della potenza
spirituale e diventa un pericolo pressante quello di non riuscire più a
riconoscere chiaramente la misura del proprio destino, i limiti del proprio
essere finito, la propria dignità e le proprie capacità: il pericolo
dell'insuperbimento, della magia, della vertigine del divenire nello spirito".
Un orgoglio spirituale di questo tipo, non è meno ripugnante del già descritto
egoismo, che dà spazio soltanto alla salute del corpo. Entrambe
queste degenerazioni sono evitabili se ci si mantiene umili, modesti e
grati. Per questo, nel digiuno, accanto ai già menzionati metodi ausiliari
della riflessione e del rilassamento, bisognerebbe dare sufficiente spazio
alla meditazione. In quale misura debbano essere usati metodi ausiliari,
comprese anche le medicine come l'omeopatia e il riconoscimento di una
medicina aperta alla scienza dello spirito, è una questione individuale e
richiede, oltre che la valutazione della costituzione del paziente e la
conoscenza dei sintomi della crisi, anche, in certa misura, l'esperienza
personale del medico curante.
II segreto del digiuno
La descrizione di Romano Guardini sugli effetti prodotti sullo spirito dal
digiuno, fornisce la chiave per una comprensione intuitiva del "segreto
del digiuno" di Therese von Konnersreuth e di Niklaus von Fitte. I confini
del reale si muovono. Entrambe le personalità non hanno abbandonato la
strada dell'umiltà, della modestia e sono riconoscenti verso una verità
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superiore. Hanno quindi sperimentato quel cambiamento naturale, che
ogni uomo può sperimentare, di un nutrimento che viene dall'interiorità,
ma l'hanno sperimentata a un livello superiore, sanno che esiste qualcosa
che è come un "alimento cosmico". In entrambi i casi si tratta di
situazioni limite estreme, che ovviamente non possono venire ripetute
volontariamente. Tutti e due hanno caratteri esemplari e raggiungono
perciò la comprensione di fenomeni che hanno validità di base per ogni
uomo, ma che, nelle loro conseguenze ultime, sono sperimentabili solo
da pochi eletti.
Già nel Medioevo il digiuno viene definito a ragione un "mezzo curativo
nobile". Il digiuno, se ripetuto regolarmente, è anche il metodo di maggiore
efficacia per il mantenimento della salute e ci dà la possibilità di
diventare sensibili e aperti agli impulsi spirituali. Non ci esonera però
dalla necessità dello sforzo personale e del lavoro di apprendimento della
scienza dello spirito, se vogliamo imboccare una più elevata via di
conoscenza. In paradiso non possiamo né cibarci, né digiunare. Il digiuno
periodico però ci permette una sanità del corpo, una armonizzazione
della nostra vita sensitiva e volitiva e ci può aiutare a sciogliere i legami
del corpo che ci rendono ciechi e sordi alle verità soprasensibili; questo,
naturalmente, se vogliamo percorrere la strada dello sviluppo della
coscienza.
[Fonte: Notiziario Weleda n. 54/1990. Si ringrazia Weleda per la gentile
concessione]