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Il mistero di Jack il Saltatore continua a sfidare, beffardo, ogni ragionevole spiegazione

di Francesco Lamendola - 27/03/2011




In una notte del settembre 1837 una ragazza, di nome Polly Adams, stava attraversando un parco di Londra, allorché le parve di vedere qualcosa muoversi tra i cespugli, nel buio; dopo di che, terrorizzata, si vide piombare addosso una figura spaventosa e ghignante, che descrisse come una specie di uomo-diavolo, che le artigliò il viso, graffiandola a sangue.
La polizia, tuttavia, non volle credere a un racconto del genere e il caso sarebbe stato archiviato se, alcune settimane dopo, non avessero cominciato a giungere segnalazioni di analoghe aggressioni, sia da Londra, sia - più tardi - da altre città inglesi, sempre di notte e sempre in circostanze simili alla prima. Le vittime erano soprattutto donne e fanciulle, ma, talvolta, anche uomini, come una sentinella che fu trovata, all’alba, seminuda in un bosco e in stato confusionale, e che sostenne di essere stata aggredita da quella diabolica creatura.
Le donne, peraltro, non venivano soltanto sfregiate; sembra che il mostro tentasse anche di baciarle sulla bocca, per poi allontanarsi compiendo dei balzi enormi, giganteschi, assolutamente impossibili da parte di un normale essere umano, per quanto agile ed esercitato. Per questo gli fu dato il soprannome di Spring-Heeled Jack, ossia Jack dai tacchi a molla: secondo una delle sue vittime, una volta avrebbe compiuto addirittura un balzo di trenta metri.
Non di rado il misterioso e sinistro personaggio saltava direttamente dalla strada sulla cima dei tetti, sottraendosi in tal modo, ogni volta, all’inseguimento da parte dei passanti e dei testimoni delle sue aggressioni; nemmeno le forze dell’ordine riuscirono mai a prenderlo, benché la città di Londra, a un certo punto, piombasse letteralmente nel panico a causa delle sue imprese, forse amplificate dai racconti delle sue spaventatissime vittime.
Una di queste ultime, in una occasione, vide o credette di vedere una doppia “v” cucita nel risvolto del suo mantello, cosa che fece diffondere la voce, non si sa come, che Jack il Saltatore fosse un tale marchese di Waterford, personaggio sicuramente eccentrico e che, pertanto, si prestava ad ogni sorta di diceria popolare. Costui, operò, morì nel 1859 per una caduta da cavallo, senza che ciò segnasse la fine delle sinistre imprese notturne di Jack dai tacchi a molla.
Si disse che alcune delle sue vittime fossero anche state uccise, ma è difficile verificare questo dato, perché tutta la storia, col passare del tempo, tendeva ad assumere dei risvolti sempre più bizzarri e difficilmente credibili, al punto che, ancora oggi, alcuni studiosi tendono a liquidare l’intera faccenda come una pura e semplice leggenda metropolitana; il che, quasi certamente, è un errore, perché, per quanto strana essa possa apparirci, un fondamento reale deve sicuramente essere esistito.
Non è facile capire nemmeno se le aggressioni a sfondo sessuale siano mai sfociate in vera e propria violenza carnale: si parla di baci e di sfregi, contemporaneamente, come se l’individuo fosse fortemente attratto dalle donne, specialmente se giovani e belle, ma, al tempo stesso, le odiasse e cerasse una vendetta nei loro confronti.
Il suo aspetto fisico, mettendo a confronto le numerosissime testimonianze (le aggressioni pare siamo state a decine), può essere descritto nei seguenti termini: statura media; corporatura robusta; un volto orribile, deforme, ghignante; uno sguardo spaventoso, diabolico; una sorta di elmetto in testa (un casco per proteggersi da eventuali cadute dai tetti?); una muscolatura delle gambe eccezionalmente sviluppata, che, però, non basta certo a spiegare come egli potesse compiere dei balzi così spettacolari.
Alcune delle sue vittime, come la giovanissima Jane Alsop, aggiunsero che i suoi occhi erano simili a dei cerchi di fuoco (come il Caronte dantesco) e che dalla sua bocca uscivano addirittura delle fiamme bluastre: questi sono gli unici particolari che farebbero propendere per una creatura decisamente soprannaturale e, comunque, demoniaca.
L’ultima aggressione avvenne in un parco di Londra nel 1904, ai danni di alcune gentildonne; ma, a partire dall’anno seguente, una figura analoga fu segnalata a Liverpool, Manchester e in alcune località delle Midlands, della Scozia e perfino degli Stati Uniti d’America. A proposito di quest’ultimo Paese, qualche vaga analogia si potrebbe forse istituire con la figura di Mothman, l’Uomo falena del quale ci siamo già occupati in un precedente articolo (cfr. «Mothman o l’Uomo Falena è il ritorno del demone Pazuzu?», apparso su Edicolaweb e sul sito di Arianna Editrice, quest’ultimo in data 04/01/2011).
Fra la prima e l’ultima aggressione londinese, comunque, intercorre un arco di tempo di ben sessantasei anni: un po’ troppi per ipotizzare che si trattasse sempre del medesimo soggetto. Anche ammettendo che fosse molto giovane allorché diede inizio alle sue inquietanti aggressioni, al momento in cui esse cessarono avrebbe dovuto avere sicuramente più di ottanta anni: e come immaginare che un vecchio di quella età potesse ancora compiere dei salti che sarebbero stati impossibili anche per un giovane atleta molto dotato?
L’intera vicenda, pertanto, è rimasta profondamente avvolta nel mistero, ragion per cui, come si è detto, alcuni studiosi moderni propendono a non prestarvi fede, relegandola nel limbo del folklore, insieme a tanti altri fatti che non trovano una adeguata spiegazione razionale e che risalgono ad esperienze popolari che non hanno trovato accoglienza da parte della cultura accademica, in particolar modo quella scientifica.
Così rievoca la stranissima e inquietante vicenda il volume miscellaneo «Strange stories, amazing facts» (Londra, Ther Reader’s Digest Association, 1975; traduzione italiana a cura di Selezione dal Reader’s Digest, «Nel mondo dell’incredibile», Milano, 1980, p. 358):

«Pare che sbucasse improvvisamente dalle tenebre, balzasse sulle sue prede  e volasse via, il misterioso individuo che per oltre 60 anni tenne Londra in una mora di terrore.
Sulle prime si trattò di vaghe dicerie. Pochi fecero attenzione ai racconti di quelle persone che, attraversando un appezzamento di terreno pubblico a sud-ovest di Londra, avevano visto un’allarmante figura sfrecciare per aria a grandi balzi. Ma le voci continuarono, fino a ricevere una terrificante conferma l’ano seguente, nel febbraio 1838.
Jane Alsop era giovane e carina. Abitava col padre e due sorelle in una viuzza di Londra. Aveva sentito chiamare di questo incubo chiamato popolarmente “Spring Heeled Jack”, Jack dai tacchi a molla. Ma aveva troppo buon senso per dar retta a simili racconti. Una sera si udì bussare all’uscio con violenza. Andò ad aprire. Un uomo che si teneva in ombra le disse: “Sono un ufficiale di polizia. Per amor del cielo, portatemi un lume, poiché abbiamo colto Jack dai tacchi a molla qui nel vicolo”.
“Allora si tratta di una storia vera”, pensò Jane tutta eccitata, mentre correva a prendere una candela. “Voglio vederlo arrestare”. E si affrettò a tornar fuori con la candela. Ma quando la porse all’uomo, questi l’afferrò per il collo e le bloccò la testa sotto il braccio. Poi cominciò a strapparle le vesti e a graffiarla., Jane si mise a urlare e riuscì a divincolarsi, ma l’uomo le corse dietro, l’afferrò per i capelli, le artigliò la faccia e il collo.
Una delle sorelle di Jane, udendo le grida, corse giù in strada e cominciò a invocare aiuto. Ma prima che qualcuno riuscisse a fermarlo, Jack schizzò via con un balzo.
Jane descrisse il suo selvaggio aggressore ai funzionari di polizia: “Portava una specie di elmetto e un vestito bianco molto attillato, come di gomma. La faccia era orribile, gli occhi come globi di fuoco. Le mani avevano grandi artigli;  vomitava fiamme bianche e bluastre!”.
Questa descrizione sarebbe stata più volte ripetuta negli anni che seguirono. La fuga a grandi balzi, le fiamme e gli occhi diabolici ricorrevano puntualmente nei racconti delle vittime. In quelli di Lucy Scales, 18 anni, sorella d’un macellaio, per esempio, che era stata aggredita dal pazzo in una via solitaria.
Durante gli anni ’50 e gli anni ’60 del secolo scorso, Jack dai tacchi a molla fu avvistato in tuta l’Inghilterra, e spesso nelle contee centrali. Negli anni ’70, le autorità militari disposero degli appostamenti, dopo che alcune sentinelle atterrite riferirono d’essere state aggredite da un uomo balzato fuori dalle tenebre a schiaffeggiarle in viso con una mano gelida, o che si era appollaiato con un salto sul etto delle loro garitte. Alcuni contadini infuriati gli diedero la caccia sparando per le strade, una notte del 1877. Ma sempre Jack sghignazzava e riusciva a dileguarsi nell’oscurità.
Nessuno, nemmeno oggi, ha idea di chi potesse essere Jack dai tacchi a molla. Per qualche tempo, i sospetti si appuntarono sull’eccentrico marchese di Waterford. Ma sebbene il “marchese matto”, come lo chiamavano, fosse uno dei più scatenati membri di una società vittoriana, non era mai stato crudele.
Gli occhi diabolici di Jack furono visti per l’ultima volta nel 1904 a Liverpool, 66 anni dopo il primo avvistamento. Scatenò il panico generale  percorrendo le vie con balzi enormi: dal selciato alla sommità dei tetti e viceversa. Quando alcuni coraggiosi cercarono di bloccarlo, l’uomo svanì nelle tenebre da cui era uscito. E quella volta, definitivamente.»

Come si è visto, sessantasei anni sono tanti, troppi per supporre che un unico individuo sia stato il protagonista delle gesta di Jack il Saltatore.
D’altra parte, se è vero che nessun essere umano potrebbe mai compiere balzi di trenta metri o, in ogni modo, tali da raggiungere il tetto di un casa, bisognerebbe anche riconoscere che il problema dell’età è un problema secondario, dal punto di vista fisico: perché imprese del genere non si possono fare a ottanta anni, ma neppure a venti. Semplicemente, esse eccedono le possibilità del corpo umano, per quanto, eventualmente, con l’ausilio di stratagemmi, quali i famosi tacchi a molla che subito la vice popolare dei Londinesi gli attribuì, evidentemente nel vano tentativo di trovare una specie di spiegazione per ciò che è inspiegabile.
D’altra parte, se si esclude che Jack il Saltatore fosse una creatura umana, nel senso comune della parola, chi o che cosa avrebbe potuto essere?
Non uno spettro, certamente, visto che lasciava graffi spaventosi sul volto delle sue vittime; e neppure un animale, dato che tutti concordavano nell’attribuirgli un aspetto umano, e un normale abbigliamento, a parte gli occhi diabolici o infuocati, la fisionomia orribile del viso e gli artigli che armavano le sue mani, ma che avrebbero anche potuto essere - per quel che ne sappiano - di natura artificiale, ad esempio come lo erano gli unghioni metallici indossati dai membri della sanguinaria setta degli Uomini Leopardo, che terrorizzarono alcune regioni africane in un passato nemmeno tanto remoto.
D’alta parte, se la sua malignità sembra essere stata fine a se stessa, ossia paga del terrore che riusciva a provocare nelle vittime, nonché del dolore fisico che causava loro, graffiandole, bisogna escludere moventi criminali di natura più specifica, quali si rinvengono nelle orribili imprese di Jack the Ripper, ossia Jack lo Squartatore.
Eppure una componente sessuale sicuramente era presente in lui, dato che assaliva di preferenza donne giovani e carine e che spesso le baciava, nel momento stesso in cui godeva di spaventarle a morte. Quest’ultimo elemento farebbe pensare a un sadico il quale avesse l’assoluta necessità di leggere lo sgomento nell’espressione delle sue vittime, per potersi eccitare sessualmente. E questo, a prima vista, appare un fattore sin troppo umano e niente affatto soprannaturale.
Abbiamo detto “a prima vista” e non a caso, poiché esistono casi documentati, anche se decisamente rari, di persecuzione sessuale e di vera e propria aggressione fisica, da parte di entità disincarnate, in un contesto generale del tipo “poltergeist”. In genere, le vittime di tali persecuzioni sono giovanissime ragazze che vengono percosse, sottoposte a vessazioni, graffiate, specialmente quando tentano di sottrarsi cambiando casa o fidanzandosi, in modo da cercare sicurezza nel matrimonio: come se l’entità che si accanisce contro di loro fosse pazza di gelosia.
Uno dei casi più celebri di questa particolare categoria è quello, risalente ai primi anni Venti del XX secolo, di Eleonore Zugun, una giovane contadina romena di tredici anni, il cui viso era periodicamente sfregiato dai graffi di una entità invisibile che sembrava incomprensibilmente perseguitarla. Esso fu studiato da insigni ricercatori che, fra l’altro, fotografarono il volto della ragazza, malridotto da quelle aggressioni.
A sua volta, questa fenomenologia sembra richiamare antichissimi racconti del Medio Oriente, come quello contenuto nel deuterocanonico Libro di Tobia, in cui su parla del demone Asmodeo che uccideva, la prima notte di nozze, tutti i mariti di Sara, poiché ne era geloso. Tali racconti trovano un riscontro, nel mondo moderno e specialmente nelle culture di tipo tradizionale, in alcuni rituali di magia nera, come la fattura, nel corso dei quali viene lanciata una sorta di maledizione contro la vittima designata, provocandole danni anche assai gravi sul piano fisico, apparentemente inspiegabili, che possono culminare anche nella morte.
Bisogna poi tener presente che le entità soprannaturali possono aggredire gli esseri umani non solo in un contesto sessuale, ma anche al puro e semplice scopo di procurare loro dolore fisico e morale, fino a condurli alla morte: tale il caso del cosiddetto demone del Tennesse, che si accanì con straordinaria malvagità, fra il 1817 e il 1820, contro un certo John Bell, proprietario di una fattoria isolata a Robertson County.
In questi casi, comunque - quello di John Bell come quello di Eleonore Zugun - le aggressioni vengono da entità disincarnate e ricordano, pertanto, la fenomenologia propria della possessione diabolica; mentre Jack il Saltatore era una creatura in carne ed ossa, che possedeva, anzi, una fisicità decisamente prorompente, sottolineata dal suo vistoso abbigliamento e da quel nero mantello svolazzante, che la rendeva ancor più sinistra.
Per lo stesso motivo sembra che esistano poche analogie con le apparizioni di segugi infernali, tipiche delle campagne inglesi, e con quelle di altre creature demoniache segnalate nel Galles e in altre località dell’Arcipelago britannico. Semmai, una certa analogia si potrebbe sostenere con la Bestia del Gévaudan, salvo che quest’ultima era sicuramente una creatura animale, forse un incrocio fra una iena e una pantera; e, inoltre, che essa non si limitava a terrorizzare le sue vittime, ma le uccideva e poi le mutilava orrendamente (e qui, eventualmente, una certa analogia richiama i delitti di Jack the Ripper e, comunque, una intelligenza di tipo umano e non l’istinto di preda di un semplice animale, come un lupo, per quanto feroce).
Insomma, a distanza di un buon secolo e mezzo da quei fatti, dobbiamo riconoscere che  i tentativi di spiegazione del fenomeno rappresentato d Jack il Saltatore non hanno fatto registrare il benché minimo progresso e che la beffarda sghignazzata di quella indefinibile creatura continua a perseguitarci, sfidando ogni ragionevole ipotesi.
A meno che si debba pensare che, così come alle anime pure vengono concessi dei poteri soprannaturali per fare del bene, come guarigioni, premonizioni capaci di salvare delle vite, eccetera, allo stesso modo alle anime malvagie, magari dopo aver stretto un patto satanico con le forze del Male, vengano concesse forze e capacità che eccedono la misura dell’umano: come si osserva, in effetti, in taluni casi di possessione demoniaca, nei quali la persona posseduta, magari di costituzione fisica gracile e ulteriormente indebolita dai patimenti, si rivela una possanza fisica che quattro uomini robusti, nel corso del rito di esorcismo, faticano alquanto a contenere.