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Il gremlin dell’Elisèo

di Alain de Benoist - 28/03/2011

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Mal preparate, male impiegate, condotte in una totale approssimazione per loro obiettivi strategici a lungo termine, le operazioni militari in Libia hanno suscitato fin dall’inizio implicite reticenze o aperte critiche del tutto giustificate. La Germania non è favorevole, la Cina e la Russia sono contrarie, e la grande maggioranza dei Paesi arabi pure. E tuttavia le operazioni militari proseguono. Continuano perché l’ha voluto Nicolas Sarkozy: questa è diventata la sua piccola crociata personale. Ma perché?
Correntemente vengono avanzate due ipotesi.
La prima è che Sarkozy, in questo modo, speri di fare risalire la sua popolarità, oggi ridotta al minimo: all’inizio di marzo, il capo di Stato francese aveva a suo favore solo il 22% dell’opinione pubblica, i trequarti dei Francesi gli erano contro. Un conflitto armato, che gli facesse acquistare una posizione di autorità, avrebbe naturalmente degli effetti elettorali positivi.  La seconda ipotesi è che, lanciandosi in un’avventura militare per appoggiare l’insurrezione armata contro Gheddafi, il capo dello Stato francese speri di fare dimenticare il suo atteggiamento perlomeno equivoco in occasione della sollevazione popolare in Tunisia e in Egitto. Egli cercherebbe di compensare la tiepidezza della diplomazia francese nel momento in cui le folle di Egiziani e di Tunisini manifestavano per sbarazzarsi rispettivamente di Moubarak e di Ben Ali, due dittatori che la Francia ha sempre appoggiato.
Sia in un caso che nell’altro, però, questa speranza rischia fortemente di essere delusa.
Innanzi tutto è poco probabile che i Francesi, già per la stragrande maggioranza contrari alla presenza dei loro soldati in Afghanistan, considerino un nuovo impegno militare da parte di Nicolas Sarkozy come un punto a suo favore, soprattutto se si trascina per le lunghe: più dura il conflitto, più rischia di degenerare, e l’opinione pubblica si rivolterà presto contro. Ci sono inoltre tutti i motivi per pensare che, agli occhi dei Francesi, il capo dello Stato, invece di «proteggere le popolazioni civili» della Libia o di volare al soccorso delle rivoluzioni arabe per mezzo di costose operazioni militari, farebbe meglio a proteggere i suoi concittadini dai mali che li opprimono: le patologie sociali scaturite dall’immigrazione, l’aumento della disoccupazione, il calo del potere d’acquisto.
I Francesi, d’altronde, probabilmente non hanno dimenticato che nel dicembre del 2007 Nicolas Sarkozy aveva ricevuto a Parigi, con tutti gli onori, quello stesso colonnello Gheddafi che oggi dipinge come un «personaggio orribile» e un tiranno. Se Gheddafi era davvero infrequentabile, perché averlo comunque frequentato? E perché avere cercato di vendergli del materiale militare, per poi darsi da fare per distruggerlo oggi?
Si sa come cominciano le guerre, ma non si sa mai come finiscono, né quali sbocchi rischiano di avere. Ora, molte sono le incertezze. Che cosa si vuole fare, esattamente, in Libia? Appoggiare un “Consiglio nazionale libico di transizione”, di cui nessuno conosce la composizione e soprattutto gli orientamenti? Aiutare i ribelli a impadronirsi del potere? Obbligare il colonnello Gheddafi ad andarsene? Spaccare in due il suo Paese, instaurando una divisione tra la Cirenaica e la Tripolitania? Ricostruire lo Stato libico, adattandolo ai canoni della mondializzazione liberale? E come essere sicuri che l’intervento aereo non pretenderà, a un certo momento, di estendersi anche a terra? Non è mai caduta alcuna dittatura a causa di una campagna di incursioni aeree! E infine, cosa può succedere, se il nuovo governo libico si rivela troppo islamista, perfino jihadista, e si rifiutasse di limitare i flussi migratori?
Sarkozy si è impegnato alla leggera in un campo serio, quello della guerra. Ha assunto deliberatamente il rischio di aggredire un Paese arabo e mussulmano alla testa di una coalizione occidentale, impresa già da molti percepita come “neocoloniale”.
C’è ancora una terza ipotesi: che il presidente francese – il gremlin dell’Elisèo – sia impazzito del tutto.