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Macchè nichilista, Céline era un filantropo

di Andrea Lombardi - Giovanni Tarantino - 04/04/2011

Fonte: lf-celine

http://www.kore.it/caffe/rosselli/Celine_Meudon-o.jpg

 

Come da auto definizione riportata sul prezioso blog http://if-celine.blogspot.com/, Andrea Lombardi è «un cocktail IBA di ma­re, Celine, Villon, Jarry, Rimbaud, Bardeche, von Salomon, Orwell, Huxley, Vonnegut, de Boccard, Buzzati, Piero Ciampi, Pomponio Flato, una scorza di HPL, uno spruzzo di Port d'Amsterdam e tonnellate di gatti. Non c'è suono più struggente di quello della fanteria che marcia, spossata. L'uomo è un animale da fanteria. C'è un Pere Ubu in ciascuno di noi. Tutto il resto è vanità». Ridimen­sionandone certamente alcune qualità lo presentiamo in questa se­de come l'autore di un eccellente blog, realizzato in collaborazione con Gilberto Tura, in cui è raccolta praticamente tutta l'opera di Cé­line. Con Andrea Lombardi abbiamo valutato lo stato di salute -sembra un ossimoro - relativo al filone letterario dei "maledetti" e alla percezione di una certa letteratura. Non sono mancati i raf­fronti tra Céline, oggetto di studio del blogger, e Cioran, cui ricor­rono i cento anni dalla nascita.

—• II filone dei "maledetti" della letteratura ha un futuro? I cosiddetti "maledetti" sono stati parecchi, la cui attività si è svilup­pata nel corso di diversi decenni. Su tutt'altra base rispetto ai nomi classici che si evocano quando si parla di "maledetti", potremmo de­finire sotto questa categoria scrittori a noi contemporanei come Bret Easton Ellis e il suo American Psyco. Al filone del nichilismo si può ascrivere anche Michel Houellbecq: basti pensare a romanzi come Piattaforma o Le particelle elementari in cui lo scrittore non riesce a esprimere ciò in cui crede perché non crede in nulla. È il nulla ni­chilistico di Cioran. Ma per Celine il discorso è diverso.

—• Sarebbe a dire che Céline, a differenza di Cioran, non è un ni­chilista? Non aveva nulla di simile alle tendenze precedentemente menzionate. Céline non era un nichilista. Certo, chi ne ha dato una lettura somma­ria e approssimativa magari può essersi fatto questa idea. Se si è letto soltanto Bagatelle per un massacro è possibile si possa pensare che Cé­line sia un nichilista. Non c'è nulla di peggio che leggere un libro par­tendo già da una convinzione preconcetta. Uno scrittore come Céline lo si è definito in ogni modo, ma forse bisognerebbe dire innanzitutto che è un grande romanziere.

—• Quali erano allora le sue vere prospettive? Al contrario dei nichilisti aveva una grande predisposizione verso l'al­tro, verso l'uomo. Basta leggere bene Viaggio al termine della notte, Morte a credito, Il ponte di Londra, per capirlo. Lì c'è l'incontro e poi l'addio con la prostituta Molly, con il vecchio coloniale; c'è l'aspetto del­le cure mediche che elargiva gratuitamente. C'è umanità, c'è il rapporto con gli altri, non solo quello con sé stesso. E non è nemmeno vero il fal­so mito dei pochi amici che aveva Céline: a giudicare dalle sue lettere ne aveva tantissimi. Forse, ciascuno di noi, nella nostra società ha me­no amici di quanti ne aveva lo scrittore francese.

—• Sembra che certe pregiudiziali, anche nel campo della narra­tiva, siano difficili da superare... Basterebbe, nel caso di Céline, tenere conto che si sia trattato di un ro­manziere di successo degli anni Venti/Trenta. Per esempio non emer­ge mai il rapporto di amicizia con gli artisti: era in contatto con tantis­sime personalità del tempo. Poi c'è un altro aspetto della vicenda, quel­lo che riguarda la sua adesione politica.

—• È l'aspetto a cui si è dato maggiore risalto? E suo rapporto con la stampa collaborazionista ha interessato molti. Io e le persone che insieme a me animano il sito a lui dedicato, abbiamo avuto modo di leggere buona parte delle lettere inedite [in italiano] di Céline, le ab­biamo tradotte e presto saranno pubblicate per Settimo Sigillo. Sono lettere in cui parla di fascismo e capitalismo, ci sono anche dei duri at­tacchi a Peguy e Proust. Credeva che il mondo dovesse finire, che c'era un pericolo materialistico. E più della preoccupazione riguardante gli ebrei, temeva il «pericolo giallo». Più che una premonizione, un certo senso delle cose tipico dei letterati: vedeva la Cina come una nazione ca­pace di organizzarsi.

—• Questa visione del mondo ha lasciato eredi nella nostra so­cietà? E nella letteratura? Céline non credeva al kali yuga. Sosteneva che l'essere umano po­teva campare altre migliaia di anni, ma sempre peggio. Gli uomini visti come stomachi che camminano. Non credeva in Dio, una volta affermò: «Io e Dio non ci interessiamo delle stesse cose». Non so di­re se ci siano eredità tangibili rispetto a pensieri di questo genere. In letteratura certamente no. Non vedo nessuno capace di raccogliere questa eredità.