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Cosa sa adesso Goldstone?

di Abdul-Hakim Salah - 06/04/2011



Il giudice in pensione Richard Goldstone ha iniziato la sua rubrica pubblicata sul Washington Post venerdì scorso affermando: "Sappiamo di più oggi su quanto accadde nella Guerra di Gaza degli anni 2008/2009 rispetto a quando presiedevo la missione d’inchiesta stabilita dal Consiglio per i Diritti Umani delle Nazioni Unite, che ha portato a ciò che è conosciuto come il Rapporto Goldstone".

Stranamente, nel suo articolo, non si fa riferimento alle nuove informazioni che ha ottenuto.

L’articolo continua: "Se avessi saputo, all’epoca, quello che so adesso, il rapporto Goldstone sarebbe stato un documento differente",  e ancora non fornisce alcuna piccola informazione che porterebbe ad una discussione sulle sue nuove scoperte.

Il giudice sudafricano starebbe insinuando che più di 400 dichiarazioni di operative sbagliate, durante un’offensiva militare di 22 giorni, erano senza fondamento per via delle "risorse significative che Israele ha dedicato per indagare su quelle dichiarazioni".

E' possible che la nuova versione suggerita dal Rapporto Goldstone finisca per incolpare le 29 vittime della famiglia Samuni per aver inviato segnali sbagliati alle truppe israeliane?

La famiglia era stata chiusa dentro una casa, per tre giorni, quando gli scontri infuriavano a nord di Gaza. Il quarto giorno la casa che ospitava l’intera famiglia venne colpita da un attacco aereo israeliano e venne completamente spazzata via.

Parlando della famiglia Samuni, Goldstone vanta nel suo articolo che l’ufficiale israeliano che ordinò l’attacco alla famiglia è stato indagato. "Mentre la durata delle indagini è snervante, sembra che un processo appropriato sia in corso, e sono fiducioso che l’ufficiale venga ritenuto colpevole di negligenza, e Israele ne risponderà di conseguenza".

Perdonate il paragone, ma è come indagare un camionista che abbia investito dei pedoni, e il suo avvocato provasse a convincere la giuria che non li aveva visti attraversare la strada perché era troppo occupato a parlare con la sua ragazza. Le indagini in Israele non imputeranno mai la colpa all’ufficiale per aver bombardato intenzionalmente dei civili. Al massimo, l’ufficiale in questione potrebbe essere accusato di negligenza e di conseguenza Israele dovrà risponderne con delle scuse verbali.

Solamente nel settimo paragrafo Goldstone si preoccupa di incolpare Israele di una piccola cosa—"la mancanza di cooperazione con la missione d’inchiesta" — e sarebbe stato meglio se non l’avesse fatto. La mancanza di cooperazione ha reso la missione d’inchiesta incapace di appurare quanti civili e quanti combattenti vennero uccisi a Gaza. E quante case sono state rase al suolo?

Cercando molti modi per esprimere rammarico e per simpatizzare con Israele dopo il danno presunto venuto fuori dal rapporto, il giudice pensionato tocca il cuore di Israele ricordando al
Consiglio per i Diritti Umani delle Nazioni Unite di condannare il crudele assassino di una famiglia israeliana nell’insediamento di Itamar. 

Personalmente condanno fermamente questo assassino e rigetto ogni tentativo di giustificarlo, e ho sentito molti palestinesi condannarlo. Anche se le indagini sono lontane dal provare che l’assassino fosse un palestinese, i villaggi della West Bank e la gente hanno subito già abbastanza punizioni sia dai coloni ultraortodossi, che illegalmente occupano i territori riconosciuti internazionalmente come proprietà palestinesi, che dal governo israeliano che non perde tempo nell’annunciare la costruzione di nuovi edifici illegali.

Il primo ministro  israeliano Benjamin Netanyahu — il quale ha trovato i recenti discorsi di Goldstone un’ottima possibilità di svicolare l’attenzione dalle accuse di corruzione — si è precipitato a sollecitare le Nazioni Unite a "gettare il Rapporto nel cestino dell’immondizia della storia".

Risparmi le forze, signor primo ministro, perché molte altre più importanti risoluzioni dell’Onu riguardanti la Palestina sono finite nel cestino dell’immondizia. 

"In parole povere", come termina l’articolo di Goldstone, credo che se Israele indagasse sui presunti crimini di guerra, e se Hamas si astenesse, non ci potrebbero mai essere i requisiti internazionali per giudicare se un crimine di guerra sia stato compiuto oppure no.

Come disse una volta un antico saggio dell’umanità, "un’immagine è meglio di mille parole", e ci sono ancora migliaia di immagini che affermano cosa è successo durante la guerra di Gaza. Io aspetto di vedere una nuova versione del Rapporto Goldstone, che secondo il suo autore principale dovrebbe essere ricompilato "con quanto lui conosce adesso".

http://www.maannews.net/eng/ViewDetails.aspx?ID=375159

Abdul-Hakim Salah è un giornalista palestinese che vive a Betlemme ed è a capo della redazione in lingua inglese dell'agenzia Ma'an.