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Vivere come se la Natura fosse importante

di Eduardo Zarelli - 12/04/2011

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Le preoccupazioni legate all’ambiente hanno assunto un’importanza preminente anche nel comun sentire dell’opinione pubblica mondiale. Ci troviamo di fronte a una serie inesausta di problemi globali che riguardano la biosfera e hanno conseguenze preoccupanti sulla vita del genere umano, procurando danni che appaiono sempre più irreversibili.
Quanto più ci confrontiamo con i problemi più seri del nostro tempo, tanto più ci rendiamo conto che non è possibile comprenderli isolatamente. Sono problemi sistemici, complessi, il che significa che sono interconnessi e interdipendenti e, quindi, dobbiamo considerarli come sfaccettature diverse di un’unica crisi, che è in gran parte una crisi di percezione. Essa trae origine dal fatto che molti di noi e, soprattutto, le nostre istituzioni sociali, sono rimasti legati ad una visione del mondo inadeguata per affrontare le profonde contraddizioni insite nel modello di sviluppo industriale.
Le soluzioni per i maggiori problemi del nostro tempo ci sono e, in alcuni casi, sono molto più semplici di quanto si possa immaginare. Ma richiedono un mutamento radicale delle nostre percezioni, del nostro modo di pensare, dei nostri valori. E non c’è dubbio che oggi siamo consciamente o consciamente inseriti in un processo di cambiamento basilare della visione del mondo dominante, un cambiamento di paradigmi radicale quanto la rivoluzione copernicana.
Il paradigma che oggi sta perdendo valore e credibilità ha dominato la nostra cultura per molte centinaia di anni, durante i quali ha plasmato la civiltà occidentale moderna e ha esercitato un’influenza significativa sul resto del mondo. Questo paradigma consiste in una quantità di idee e valori radicati nella mentalità comune, fra cui la visione dell’universo come sistema meccanico composto da mattoni elementari, la visione del corpo umano come macchina, la visione della vita sociale come competizione individuale per l’esistenza, la fiducia in un progresso materiale illimitato da raggiungere attraverso la crescita economica e tecnologica.
Fatalmente, tutti questi assunti sono messi in discussione dalla perdita delle certezze del progresso e, di fatto, è oramai matura la necessità di una loro revisione radicale.
Potremmo definire il nuovo paradigma una visione olistica del mondo, considerando il pianeta come un insieme integrato piuttosto che come una serie di parti separate. Possiamo anche chiamarlo una visione ecologica, se conferiamo all’aggettivo “ecologico” un significato più ampio e profondo di quello usuale. Una consapevolezza ecologica profonda riconosce la fondamentale interdipendenza di tutti i fenomeni e il fatto che, come esseri umani e sociali dipendiamo e, contemporaneamente, incidiamo sui processi ciclici della Natura.
In tal senso hanno riflettuto e operato due tra i più rilevanti pensatori ecologisti contemporanei, recentemente scomparsi: Arne Naess e Bill Devall.
Quest’ultimo, professore emerito della Humboldt State University della California ed attivista ecologista, si è spento serenamente il 26 giugno 2009 nella sua casa di Trinidad, in California. Era nato nel 1938. Conosciuto per i suoi scritti di ecologia profonda, Devall ha dedicato tutta la vita alla protezione della Natura. Ispirato soprattutto dalle opere di Arne Naess e Gary Snyder, è noto in Italia per il libro Deep Ecology. Living as if Nature Mattered scritto con George Sessions e stampato nel 1985. Il libro è stato tradotto e pubblicato in italiano nel 1989 con il titolo Ecologia Profonda. Vivere come se la Natura fosse importante. Con George Sessions, Devall contribuì molto nella fase iniziale a diffondere nel Nord America le idee di Arne Naess.
Secondo Devall, la crisi ecologica è una crisi culturale: è necessario un passaggio da una visione antropocentrica a una visione ecocentrica, che del resto ha radici antiche, è qualcosa che potremmo chiamare la “saggezza della Terra”, una danza unitaria di piante, animali, umani e della Terra stessa. Fra i libri di Devall, ricordiamo Living Richly in an Age of Limits, scritto come un Manifesto per la classe media americana. Il suo ultimo libro, pubblicato nel 2008, ha per titolo The Ecology of Wisdom. Con l’ecologia profonda molti sono pervenuti a una visione del mondo fondamentalmente ecocentrica. Ma c’è una differenza fra gli attivisti che accettano l’industrialismo e coloro che vi si oppongono. Nel suo saggio Deep Ecology and Political Activism, Devall parla del movimento ambientalista come una “leale opposizione” e afferma che “la rivoluzione politica non è parte del vocabolario del movimento ecologico profondo a lungo termine”. Riesce però piuttosto difficile per un sostenitore dell’ecologia profonda non respingere il paradigma dominante e quelle istituzioni che vogliono perpetuarne i valori. Infatti - in realtà - coloro che mettono al primo posto la Terra sono rivoluzionari, nel senso etimologico del termine: vogliono “ritornare al principio”, unendo il mutamento alla conservazione. Il tuorlo e l’albume di un uovo sono vitali per l’embrione, che non lascerà il suo uovo troppo presto, ma consumerà prima le sue sostanze nutritive. Il giovane essere senziente uscirà dal suo guscio per raggiungere il resto della Vita sul piano planetario. Per questo i suoi sensi non sono più limitati all’illusione che “tutto esiste per me”: la più grande comunità chiede invece di “mangiare ed essere mangiato”. Noi – Homo sapiens – non abbiamo ancora lasciato il nostro guscio, ci rinchiudiamo in esso e usiamo solo per nostro uso personale tutte le sostanze del pianeta, pieno dei nostri rifiuti, incapaci di comprendere la Natura. Solo un cambiamento veramente rivoluzionario ci spingerà ad una forma di maturità come specie. Sarà difficile che questo possa avvenire senza pressioni dall’esterno, ma invece di aspettare qualche imperativo, sarebbe meglio scoprire come relazionarci con Gaia.
L’opera di Devall per salvare la Natura non è certamente limitata alla pubblicazione di libri, egli si è impegnato in prima persona nell’azione ambientalista a livello locale e nazionale. È stato un membro fondatore del North Coast Environmental Center con sede in Arcata (California) e, in campo nazionale, si dedicò molto alla protezione delle antiche foreste del Pacifico del nord-ovest. Il suo libro The Tragedy of Industrial Forestry, pubblicato nel 1995, è stato molto importante per i tentativi di salvare le restanti foreste degli Stati Uniti e del Canada.
Devall è stato anche un ottimo docente: ha studiato e insegnato nelle Università del Kansas, delle Hawai, di Alberta, dell’Oregon e di Edmonton. La sua carriera di insegnante è continuata all’Università Humboldt, dove ha tenuto corsi sulle foreste, sui rifiuti radioattivi e sulla wilderness. La casa di Trinidad era un luogo dove studenti, professori ed ecologisti potevano radunarsi comunitariamente per dialogare con Devall, che negli ultimi anni aveva trovato nello studio e nella pratica del Buddhismo un viatico religioso per la sua consapevolezza ecologica. La sua idea dell’ecologia profonda come mutamento graduale, per una rivoluzione delle coscienze, lo rende un riferimento teorico sostanziale per affrontare consapevolmente le contraddizioni ambientali sulla soglia del terzo millennio. L’ecologia superficiale è antropocentrica, cioè incentrata sull’uomo. Essa considera gli esseri umani al di sopra o al di fuori della Natura, come fonte di tutti i valori e assegna alla Natura soltanto una funzione strumentale, o di “utilizzo”. L’ecologia profonda – di contro - non separa gli esseri umani – né ogni altra cosa – dall’ambiente naturale. Essa non vede il mondo come una serie di oggetti separati, ma come una rete di fenomeni che sono sostanzialmente interconnessi e interdipendenti e considera gli esseri umani semplicemente come un filo particolare e partecipe nella trama della vita. In definitiva, l'ecologica profonda è una consapevolezza spirituale e sacrale dell’esistente. Quando il concetto dello spirito umano è inteso come la forma di coscienza in cui l’individuo prova un senso di appartenenza, di rapporto di connessione con l’intero cosmo, diventa chiaro che la consapevolezza ecologica è spirituale nella sua essenza più profonda. Perciò non sorprende che la consapevolezza ecologica del profondo sia coerente con la cosiddetta “filosofia perenne” delle tradizioni sapienziali e spirituali che hanno caratterizzato la dimensione sacrale delle culture e delle civiltà preindustriali.
Arne Naess - altro pensatore di riferimento, scomparso all’inizio di quest’anno - nato a Oslo e docente presso l’università norvegese, restò molto colpito dalla pubblicazione negli Stati Uniti, all’inizio degli anni ’60 del secolo scorso, di La primavera silenziosa, il libro con cui Rachel Carson, denunciando l’impatto ecologico della chimica in agricoltura, diede consapevolezza di massa ai temi ambientali. La sua ecosofia è stata espressa in diversi libri, come Freedom, Emotion and self-subsistence (1975), Ecology, community and lifestyle (1989), Life’s philosophy: reason and feeling in a deeper world (2002).
Gli esseri viventi, pensava Arne Naess, hanno un valore in sé, in quanto viventi. Bisogna cercare una nuova armonia ecologica tra cultura e natura, e chiamò ecosofia T questa filosofia ecologica: (T sta per Tvergastein, il nome di una montagna del sud della Norvegia che il filosofo amava frequentare). Naess ha definito l’ecologia del profondo anche come uno strumento per porsi delle domande più “radicali”. Questa è anche l’essenza del mutamento di paradigma auspicato da questi pensatori. Bisogna essere preparati a mettere in discussione ogni singolo aspetto del vecchio paradigma. Alla fine non ci sarà bisogno di gettare via tutto, ma prima di saperlo si deve essere disposti a mettere in discussione ogni cosa.
Così, l’ecologia profonda pone domande radicali sui veri fondamenti della concezione del mondo e sul nostro stile di vita, che sono moderni, scientifici, industriali, orientati allo sviluppo produttivo, materialistici. Essa mette in discussione l’intero paradigma da una prospettiva ecologica: dalla prospettiva dei nostri rapporti reciproci, con le generazioni future e con la trama della vita di cui siamo parte.